La (poca) memoria di Biden e i suoi successi
Il report di Robert Hur sui documenti riservati trovati a casa del presidente americano sancisce che non serve un processo ma dà un colpo politico forte alla leadership e alla campagna elettorale di Biden. La vecchiaia, la confusione e una Casa Bianca che funziona
Nell’estate del 2022 l’FBI entrò a Mar-a-Lago, la reggia tropicale di Donald J Trump, trovando scatoloni di documenti top secret. Dopo il suo mandato si era portato in Florida decine di migliaia di carte, sistemandole anche nei bagni per gli ospiti, invece che consegnarle agli Archivi Nazionali come da regolamento. Trump e i suoi alleati si erano subito scagliati contro FBI e dipartimento della giustizia, cercando scuse e chiamando in causa la solita “caccia alle streghe”, e in altre occasioni dicendo che l’ex presidente aveva tutto il diritto di tenersi le carte. Trump ora sta provando a posticipare il processo, uno dei tanti in cui è coinvolto.
Cinque mesi dopo il raid in Florida, anche a casa di Joe Biden in Delaware erano stati trovati documenti appartenenti al periodo in cui era vice di Barack Obama. Anche questi da consegnare agli archivi dopo il mandato, cosa che Biden non aveva fatto. Subito i fedeli trumpiani e i volti di Fox News avevano detto: “avete visto, anche Biden non è un santerellino. Chi siete voi per giudicare Trump?”. Avevano provato a equiparare i due casi, a renderli identici, e sminuendo così un eventuale crimine di Trump. A seguire l’investigazione sui documenti di Biden era stato scelto, per evitare accuse di faziosità, il repubblicano Robert K. Hur, già nominato da Trump come procuratore generale del Maryland. Hur, cinquantenne, di origini asiatiche giovedì ha concluso la sua investigazione, presentando un report di 345 pagine. Il verdetto: Biden non va processato.
Nel report viene esplicitata una grande differenza tra i due casi. A differenza di Trump, Biden ha subito cooperato con l’investigazione, anzi, sono stati i suoi avvocati ad avvertire che era in possesso del materiale. Secondo il report Biden non pensava di infrangere la legge, avendo tenuto soprattutto trascrizioni di materiale riservato nei suoi quaderni. Hur scrive anche che a differenza di Biden, quando Trump si è trovato in una situazione simile si è rifiutato di consegnare subito i documenti e che avrebbe “ostruito la giustizia reclutando altre persone per distruggere le prove e poi mentendo al riguardo”.
La conclusione di questo caso, e la decisione di Hur, sarebbe dovuto essere un successo per Biden, impegnato in una lunga campagna per le presidenziali del 2024. E invece si è rivelato un brutto colpo che ha ritirato fuori la grande arma elettorale anti-bideniana: la sua età. Questo ha fatto più notizia della decisione legale. Infatti Hur ha citato la scarsa memoria del presidente, dati i suoi 81 anni, e il fatto che davanti a una giuria sarebbe stato scagionato, anche per la sua età. “Mr Biden”, scrive Hur, “probabilmente si presenterebbe davanti ai giurati, come ha fatto con me negli interrogatori, come un simpatico anziano benintenzionato, e con una pessima memoria”. Biden, non proprio contento di questi commenti, ha risposto: “Sono ben intenzionato. E sono anziano. E so benissimo cosa diavolo sto facendo. Ho rimesso in piedi questo paese. Non mi servono i suoi consigli”. Biden si è anche arrabbiato che nel report venga citata un suo buco di memoria sulla data di morte del suo prediletto figlio Beau. “Come diavolo osate?”, ha detto poi, mostrando un rosario che apparteneva al figlio. Alcuni suoi uomini hanno riferito che “in quei giorni era impegnato a gestire l’attacco di Hamas”, come dire: scusate si stava occupando delle cose importanti.
Il fatto che il lato peggiore di Biden sia l’età, vuol dire che dal punto di vista politico non sta facendo grandi errori. È vero quello che dice il presidente: da quando è alla Casa Bianca non solo ha risistemato vari danni fatti dal suo predecessore – ad esempio è tornato nell’Accordo di Parigi, ha ricucito i rapporti diplomatici con leader non autocratici – ma ha anche ripreso un ruolo centrale nella geopolitica. Sta gestendo con molto equilibrio e carattere i vari conflitti, anche perché si sa quasi sempre circondare dalle persone giuste. La sua immediata condanna a Putin e all’invasione in Ucraina è servita da timone per tutta l’Europa. L’abbraccio con Zelensky vale tutti gli anni di foreign policy di Trump. E poi, nonostante abbia contro i filibustieri trumpiani a Capitol Hill – ci stanno provando ora a incrinare la sua immagine con il caos immigrazione – Biden ha fatto passare varie proposte bipartisan, fatto partire un grosso piano sulle infrastrutture, e ha riunito il suo partito evitando colpi di mano della sinistra sandersiana. Sarà anche un po’ smemorato – e non che Trump non lo sia, che confonde Nikki Haley con Nancy Pelosi – ma quel che dovrebbe contare in chiave elettorale è soprattutto una cosa: grazie alle politiche di Biden l’economia sta andando benissimo.