Netanyahu annuncia l'operazione a Rafah, è l'ultimo tentativo per far cedere Hamas
Oltre c’è l’Egitto, gli americani non sostengono la missione e l’esercito deve occuparsi dell’evacuazione dei civili. La speranza è che basti l’annuncio per far pressione sul gruppo e ottenere un accordo sugli ostaggi
L’esercito israeliano è pronto a dirigersi verso Rafah, l’ultimo avamposto in cui crede possano trovarsi le brigate resistenti di Hamas, l’ultimo punto su cui fare pressione per portare il gruppo ad accettare un accordo che porti alla liberazione degli ostaggi senza dichiarare un cessate il fuoco permanente e senza la scarcerazione dei leader palestinesi condannati all’ergastolo per terrorismo. Dopo Rafah, però, c’è il muro, inizia l’Egitto, è l’ultima zona ritenuta sicura, dove si sono affollati profughi su profughi, civili su civili. Portare la guerra lì sarebbe un massacro, non c’è un altro posto dove andare. Prima di iniziare l’operazione a Rafah, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto all’esercito di mettere in sicurezza i civili.
Gli alleati americani sono stati chiari, non vogliono che Tsahal vada a sud e il presidente Joe Biden ha parlato di reazione esagerata. A lungo si è dibattuto a chi si riferisse, se a Hamas o all’esercito israeliano, qualche giorno fa aveva definito “esagerata” la proposta di accordo dei terroristi, ma secondo una fonte vicina al presidente che ha parlato con Axios, questa volta parla delle intenzioni di Netanyahu e del suo esercito. E’ la prima volta che il presidente americano parla e giudica con nettezza l’operato israeliano. A Rafah, secondo le parole del premier israeliano, ci sono quattro battaglioni di Hamas ancora intatti, la speranza degli annunci israeliani è che il gruppo ceda prima che l’operazione a ridosso del confine egiziano si faccia grande. Secondo al Arabiya, il Qatar sta lavorando con gli Stati Uniti per aiutare a espellere i leader di Hamas che sono a Doha: l’esilio e la via d’uscita per quelli rimasti nella Striscia sono l’offerta di Israele al gruppo per finire la guerra.
Dalle piazze ai palazzi