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Biden ha bisogno di TikTok (e quindi pure della Cina)

Giulia Pompili

Lo sbarco del presidente americano sul social network di proprietà della cinese Bytedance risponde a un’esigenza precisa di chi lavora nella campagna elettorale democratica: coinvolgere i giovani

Lo sbarco del presidente americano Joe Biden su TikTok, il social network di proprietà della cinese Bytedance, risponde a un’esigenza precisa di chi lavora nella campagna elettorale democratica: coinvolgere i giovani. Per questo la rinnovata attenzione alla comunicazione ironica tramite  meme – e non a caso nel primo breve video su TikTok fa la sua apparizione il noto “Dark Brandon”, la figurina di Biden con gli occhi infuocati come quelli di Superman, che è in realtà la risposta allo slogan insultante dei complottisti trumpiani “Let’s Go Brandon”. Chi lavora alla campagna di Biden risponde alle accuse di senilità del presidente con una comunicazione giovane, ma non giovanile (in senso dispregiativo), insomma, per usare un altro termine internettiano: una comunicazione efficace ma non cringe. Necessaria però, nell’èra in cui il 62 per cento degli americani di età compresa tra i 18 e i 29 anni usa regolarmente TikTok, ed è lì che si informa.

 

Eppure proprio il social cinese è stato più volte accusato di essere un pericolo per la sicurezza nazionale, soprattutto in America: diversi stati hanno limitato il suo utilizzo agli impiegati pubblici per via del non trasparente uso dei dati da parte dell’azienda e la manipolazione dell’algoritmo, che promuoverebbe solo i contenuti graditi al Partito comunista cinese. Washington ha più volte minacciato un divieto totale di TikTok, ma lo sbarco sul social della campagna elettorale americana, secondo Bill Bishop, uno degli analisti più attenti alle questioni cinesi, potrebbe essere collegata anche alla cautela con cui l’Amministrazione Biden ha trattato finora le questioni di sicurezza legate a TikTok. I dem in America hanno bisogno del voto dei più giovani, e quindi anche di Taylor Swift e del social cinese.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.