Sulla sicurezza
A Monaco risuona la voce di chi chiede unità per sconfiggere Putin
L’appello di Yulia Navalnaya contro il terrore russo e l'arrivo di Zelensky. L’Europa sente l’urgenza di un impegno duraturo
Quando ho ricevuto la notizia terribile, ha detto Yulia Navalnaya alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, poche ore dopo l’annuncio della morte di suo marito, Alexei Navalny, il più importante dissidente russo rinchiuso in un penitenziario della Siberia putiniana, non sapevo che cosa fare, se correre dalla mia famiglia o parlare con fermezza qui, “poi ho pensato che cosa avrebbe voluto Alexei e sono sicura che mi avrebbe voluto qui”. Se la notizia è vera, ha detto Navalnaya, e non possiamo saperlo perché il regime di Vladimir Putin mente sempre, “se è vero, voglio che Putin e i suoi amici sappiano che saranno puniti per quel che hanno fatto al mio paese, alla mia famiglia e a mio marito”. Ha fatto un appello: “Chiedo alla comunità internazionale di unirsi e sconfiggere questo male, questo regime orrifico che c’è in Russia”.
Navalnaya avrebbe dovuto partecipare a un incontro con Hillary Clinton, è salita sul palco all’inaugurazione della Conferenza, è stata accolta da una standing ovation, ha detto quel che è ovvio e che molti negano: “Sono anni che non possiamo fidarci di Putin”.
La notizia della morte di Navalny è piombata sulla “Davos della Difesa”, come è soprannominata la Conferenza di Monaco giunta alla sua sessantesima edizione, aggiungendo la tragedia al peso dell’urgenza, che è da mesi assente nel dibattito occidentale sull’aggressione russa all’Ucraina. Da mesi ci si perde in elucubrazioni sulla rinnovata forza di Putin, il campo di battaglia ucraino fermo e mortifero ha convinto i cinici che la guerra contro la Russia non si può vincere, bisogna negoziare, accettare compromessi di sangue e di terra. Navalnaya ha ricordato – e purtroppo ce n’era bisogno – che il regime di Putin non si accontenterà di nulla, che il suo obiettivo è sterminare tutto ciò che si pone tra lui, il controllo assoluto e l’espansionismo. La storia di Navalny – al quale sono state tolte la salute con l’avvelenamento, la libertà con la prigionia e la voce con l’isolamento ai confini siberiani – è qui a dimostrare la progettualità terroristica di Mosca, così come lo è l’accanimento mortale su tutta l’Ucraina. Volodymyr Zelensky, anche lui a Monaco, lo ripete ogni volta che parla con gli alleati: non è solo un attacco all’Ucraina, è un attacco a tutto l’occidente e alla nostra voglia di vita e di libertà, e Putin non si fermerà se non lo fermeremo noi.
L’Europa si è presentata a Monaco ben più vivace dell’America, che pure è guidata da un impegnato e determinato presidente, Joe Biden, ma è bloccata dal perverso impulso trumpiano a tradire i valori occidentali di solidarietà e difesa e abbandonare l’Ucraina. Zelensky ha firmato un patto bilaterale di collaborazione con la Francia di Emmanuel Macron e con la Germania di Olaf Scholz. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea che nel giro di poco annuncerà la sua ricandidatura, ha detto in un’intervista al Financial Times che l’Ue deve “spendere di più e spendere meglio” per la difesa collettiva. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha ribadito che il contributo europeo all’Alleanza, checché ne dica Donald Trump, è in crescita e raggiungerà un valore record quest’anno. Il Regno Unito ha preso l’iniziativa per “l’alleanza dei droni” da produrre e consegnare all’Ucraina, e a Monaco ci sono imprenditori di molte aziende tecnologiche che trasformeranno il modo con cui si fa la guerra. Perché la minaccia di Putin è seria, è duratura, è globale e si annulla soltanto con la vittoria.