Dal Washington Post
Cambiare la Russia è possibile. Le lezioni di Alexei Navalny e Kara-Murza
Due dissidenti, due vittime del regime di Putin. La loro determinazione, nonostante le persecuzioni, ispira una reazione collettiva contro la repressione politica: il sostegno internazionale diventa cruciale per il futuro della democrazia russa
Nella lunga serie di persone che sono state vittime dei dittatori sovietici e russi, Alexei Navalny è stato straordinario. Si è dedicato a smascherare la natura cinica e corrotta della dittatura di Vladimir Putin. E ci è riuscito, rivelando la verità al mondo. Era così dedito a smascherare la natura del regime di Putin che ha scelto di tornare in Russia per costringere i suoi aspiranti assassini a rendere pubblica la loro malvagità. Tornando, ha dimostrato al popolo russo e al mondo che non aveva paura e che nemmeno loro avrebbero dovuto avere paura di agire. In una lettera che ha scritto a Sharanksy dal carcere, Navalny ha affermato che il “virus” della libertà non verrà mai ucciso e che centinaia di migliaia di persone continueranno a lottare per la libertà e contro la guerra in Ucraina.
Questo è stato anche il messaggio che Vladimir Kara-Murza ha inviato all’inizio di questa settimana dalla sua cella di isolamento in una colonia carceraria a “regime speciale” a Omsk, in Russia. Kara-Murza soffre di polineuropatia, una malattia che colpisce i nervi periferici e che è causata da due tentativi quasi mortali di avvelenamento da parte del regime russo, nel 2015 e di nuovo nel 2017. Anche lui sta combattendo con un coraggio sorprendente.
Così facendo, Navalny e Kara-Murza, così come centinaia di altri dissidenti, attivisti e manifestanti, hanno seguito le orme di Andrei Sakharov e di altri dissidenti sovietici che hanno dimostrato che, con coraggio e chiarezza morale, è possibile cambiare il mondo. Dopo la sua condanna, Kara-Murza ha dichiarato che, sebbene inizialmente si aspettasse che la sua detenzione e il suo processo sarebbero stati simili a quelli subiti dai dissidenti sovietici negli anni ‘60 e ‘70, ora vede dei parallelismi con il periodo di Stalin. Non c’è dubbio che la campagna di repressione politica del Cremlino si stia intensificando. Secondo Memorial, un’organizzazione per i diritti umani che continua a monitorare gli arresti dei dissidenti nonostante sia stata messa a tacere dai tribunali, la Russia detiene attualmente 676 prigionieri politici, quasi il quadruplo rispetto al 2018 e superiore a quello degli ultimi anni dell’Unione sovietica. Quasi tutti gli esponenti politici indipendenti dell’opposizione russa che non sono fuggiti dal paese sono dietro le sbarre o agli arresti domiciliari, compreso l’amico e alleato politico di Kara-Murza, Ilya Yashin, che sta scontando una condanna a 8 anni e mezzo di carcere per aver “diffuso false informazioni” sui massacri russi di civili nella città di Bucha, vicino a Kyiv.
La portata della repressione politica si estende ben oltre l’opposizione democratica. Secondo Ovd-Info, un’organizzazione non governativa russa che tiene traccia delle detenzioni, più di 8.500 procedimenti amministrativi sono stati avviati ai sensi dell’articolo 20.3.3 sullo “screditamento delle forze armate”. Tra questi c’è Alexei Moskalyov, un padre single che è stato condannato a due anni di carcere per aver screditato l’esercito russo dopo che la figlia, allora tredicenne, aveva fatto un disegno contro la guerra a scuola.
Non sono le uniche vittime. Le loro famiglie, molte delle quali con bambini piccoli, sono state lasciate a sopravvivere da sole, spesso senza alcuna fonte di reddito o altro sostegno. Per aiutarle, Kara-Murza ha annunciato dal carcere, prima di essere mandato a Omsk, che donerà i fondi ricevuti da tre premi per i diritti umani – circa 110.000 euro – per fornire un sostegno finanziario diretto alle famiglie dei prigionieri politici russi. A tal fine, insieme alla moglie Evgenia, ha fondato la Fondazione 30 ottobre, che prende il nome dalla Giornata dei prigionieri politici istituita dai dissidenti sovietici nel 1974. La fondazione prosegue la tradizione del fondo di Yelena Bonner per aiutare i figli dei prigionieri politici e del Fondo sociale russo di Alexander Solzhenitsyn per aiutare i prigionieri politici e le loro famiglie, entrambi istituiti negli anni Settanta.
I prigionieri politici in Russia, insieme alle migliaia di manifestanti contro la guerra in tutto il paese che hanno rischiato l’arresto, sono la punta di diamante di un più ampio movimento di opposizione politica. Le persone stanno dando una risposta collettiva al crescente numero di prigionieri politici. Le reti all’interno e all’esterno della Russia continuano a organizzare campagne di scrittura di lettere a questi prigionieri, fornendo loro notizie e informazioni indipendenti per contrastare la propaganda prevalente nelle carceri russe. Inoltre, le campagne di crowdfunding hanno raccolto donazioni significative. Un telethon organizzato da diversi media indipendenti lo scorso giugno ha raccolto 34,5 milioni di rubli (415.000 dollari) per difendere le persone che rischiano di essere perseguite penalmente per aver manifestato contro la guerra.
Sarebbe profondamente sbagliato presumere che non vi sia alcuna possibilità di un’apertura democratica in Russia, soprattutto considerando le devastanti conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Navalny e Kara-Murza hanno ripetuto più volte che la resa dei conti arriverà, che ci sarà un’altra finestra di opportunità, non diversa da quella degli anni ‘90 dopo il crollo del regime comunista. Ma questa volta i russi non devono ripetere il terribile errore di non riuscire a rompere con i mali del passato: la brutale dittatura e la repressione, le aggressioni straniere, il sistema orwelliano di menzogne che sovvertono non solo la verità ma anche i normali valori umani.
Se si vogliono sconfiggere questi mali, è necessario comprenderli appieno e condannarli. Ci deve essere un risveglio morale. Questo non può avvenire senza la guida dei prigionieri di coscienza, che – come Navalny e Kara-Murza e gli innumerevoli altri imprigionati insieme a loro – hanno il coraggio morale, la visione democratica e l’impavidità politica di tracciare un nuovo percorso per la Russia. Essi meritano la nostra piena solidarietà, poiché il destino della libertà ben oltre i confini della Russia dipende in larga misura dal successo della loro lotta.
Natan Sharansky, dissidente e refusenik sovietico, e Carl Gershman, presidente fondatore (ora in pensione) del National Endowment for Democracy, sono entrambi membri del consiglio della Fondazione 30 ottobre.
Copyright Washington Post