Dalla nostra inviata

Kyiv non ha pianto Navalny, ma ha una consapevolezza in più

Micol Flammini

La morte del dissidente ha tracciato un obiettivo comune tra gli ucraini e l’opposizione russa: per deporre Putin bisogna sconfiggerlo in Ucraina. Parla l’ex ministro Mylovanov

Odessa. Non un picchetto, non un altare, non una candela. Neppure una foto. Alexei Navalny non viene ricordato in Ucraina, c’è chi ha alzato le spalle alla notizia della sua morte, chi ha ammesso di non esserne sorpreso, chi ha ricordato, con dispetto, le parole di Navalny sulla corruzione dell’Ucraina. L’oppositore è morto venerdì ed è tenuto prigioniero anche da morto, il corpo ha addosso i segni della vera storia dei suoi ultimi giorni in carcere e le autorità non hanno alcuna intenzione di renderla pubblica. L’Ucraina non amava Navalny, non si fidava, ma soprattutto questo è un paese in guerra, in cui si piangono morti ogni giorno, “la morte è diventata una realtà quotidiana,  ed è troppo presto perché gli ucraini si concentrino sul destino dei russi che combattono contro Vladimir Putin”. 


“Migliaia di ucraini, se non di più, sono stati uccisi ad Avdiivka, sarebbe semplicemente fuori luogo commemorare una morte mentre ce ne sono migliaia che iniziano a sembrare banali”, dice Tymofiy Mylovanov, economista, preside della Kyiv School of Economics, ex ministro dello Sviluppo dell’Ucraina. Si potrebbe obiettare che non ci siano differenze tra le morti ucraine e quella di Alexei Navalny, sono tutti vittime del regime russo, ma fino a questo momento Kyiv e Mosca hanno guardato in direzioni opposte, il rapporto tra l’Ucraina e l’opposizione russa è stato freddo, a distanza. È stato complicato e contorto, anche perché la stessa opposizione a Putin ha faticato in questi anni a trovare l’unità, fino a sembrare un’entità tanto variegata quanto inconsistente.

Più passa il tempo dall’inizio della guerra totale contro l’Ucraina, più appare però chiaro che la sconfitta di Putin passi da qui, da questo conflitto, e la domanda che spesso si pongono gli ucraini è se davvero l’opposizione russa sia pronta a fare il tifo per la sconfitta del suo esercito. Non è scontato, eppure c’è soltanto una certezza: la linea tra il prima e il dopo Putin la segna la vittoria di Kyiv. Mylovanov non dà consigli all’opposizione russa, ma è certo che tutti coloro che si oppongono al Cremlino, che si trovino in Russia o altrove, devono credere nella pace in Ucraina: “È difficile trovare una soluzione efficace per gli attivisti e gli oppositori, hanno bisogno di un leader efficace, nuovo. Si spera che Yulia Navalnaya lo diventi, ma c’è bisogno di tempo. Tutti gli ucraini e i russi hanno però un obiettivo comune, deporre Putin, ma come trarre vantaggio da questo interesse comune non è una questione facile da risolvere. Gli ucraini sono concentrati sulla sopravvivenza e questo significa, prima di qualsiasi altra cosa, fermare l’esercito russo qui e ora. Deporre Putin è invece un interesse strategico. Ciò che la morte di Navalny mostra – e questo è un campanello d’allarme – è che all’opposizione russa potrebbe essere rimasto poco tempo per fermare il capo del Cremlino”, e anche gli ucraini di tempo ne hanno poco, soprattutto dopo Avdiivka.

La battaglia per la città nella regione di Donetsk ha causato un numero molto alto di vittime russe – Andrei Morozov (Murz), blogger militare russo molto conosciuto, aveva scritto che da ottobre erano morti sedicimila soldati, ieri è stato trovato morto – gli ucraini si sono ritirati perché non avevano munizioni sufficienti con cui combattere e difendersi, Mosca lo sa e sta intensificando gli attacchi contro altre città del fronte, spingendo verso Kramatorsk, agendo prima che gli alleati di Kyiv si ricordino e si riorganizzino per mandare all’esercito ucraino quello di cui ha bisogno. Putin sta andando verso il suo quinto mandato con una vittoria sul campo di battaglia – e non gli importa se l’ha ottenuta a caro prezzo – un oppositore ucciso, un disertore assassinato all’estero, una rete di spie ben diffusa: tutto questo per noi è una minaccia, per lui è pubblicità interna ed esterna. Il tempo per fermarlo quindi, come dice Mylovanov, non è molto, anche se spesso gli errori più grandi nei regimi vengono compiuti proprio quando ci si sente invincibili. La morte di Navalny ha mostrato finalmente la strada che lega la battaglia di Kyiv e quella dell’opposizione russa, che però ha bisogno di volti e l’economista ne elenca due, oltre a Yulia Navalnaya, accompagnandoli a dubbi concreti: “Penso che Garry Kasparov sia bravo, ma non sono sicuro del sostegno che abbia in Russia. Poi c’è Vladimir Kara-Murza, lui è un leader promettente, ma proprio per questo non so se andrà avanti a lungo”. Kara-Murza era tornato in Russia dopo il 24 febbraio 2022, pensando che fosse sua responsabilità mostrare ai russi l’errore e l’orrore di una guerra contro Kyiv: adesso è in carcere, spesso in cella di isolamento, spostato da una prigione all’altra e speriamo che le similitudini con il trattamento riservato a Navalny finiscano qui. “I leader però – conclude Mylovanov – non bastano: dovrebbero esserci infrastrutture per una protesta efficace, che mobiliti davvero, che porti un cambiamento. Spetta al popolo russo decidere che paese deve diventare la Russia in questo secolo”. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)