l'altro fronte
Il grande gelo tra Russia e Nato per l'Artico
Manovre, esercitazioni e avvertimenti
Mosca sospende i fondi al Consiglio artico, che è sempre di più uno scontro fra i paesi dell'Alleanza atlantica - quasi sette su otto - e il Cremlino
New Delhi, dalla nostra inviata. Due giorni prima della morte di Alexei Navalny nella prigione siberiana “Polar Wolf”, il ministero degli Esteri russo aveva annunciato la sospensione di tutti i contributi di Mosca al Consiglio artico. La piattaforma è di fatto ferma da due anni, da quando il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, presidente di turno dell’istituzione, a pochi giorni dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina aveva riunito il Consiglio a Salechard, che si trova a neanche un’ora di macchina a sud dalla prigione che ha ucciso Navalny. Nessuno dei paesi membri del Consiglio artico si era presentato.
Per il momento la Russia ha deciso di sospendere il pagamento dei contributi annuali al bilancio del Consiglio artico, come avvertimento. Ma periodicamente minaccia anche la sua uscita, e l’ha fatto anche qualche giorno fa la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zacharova, che ha parlato di una “linea rossa”, che si delineerebbe se il Consiglio diventasse “un’istituzione ostile”, senza argomentare oltre. Il fatto è che a breve potrebbe davvero diventare ostile, nella logica del Cremlino. Istituito nel 1996 con la Dichiarazione di Ottawa sottoscritta da Russia (a cui appartiene quasi la metà del territorio artico), America, Canada, Danimarca (che rappresenta la Groenlandia e le isole Faroe), Svezia, Finlandia, Islanda e Norvegia, il Consiglio artico è stato sempre considerato un pezzo importante della cooperazione internazionale post Guerra fredda, quasi quanto la Stazione spaziale internazionale in orbita: un’area dove i governi di otto paesi e le popolazioni indigene lavorano insieme allo sviluppo e alla ricerca scientifica.
Da poco meno di un anno, la presidenza di turno è passata alla Norvegia, che vorrebbe ricominciare a far funzionare alcune piattaforme di cooperazione. Ma nel frattempo sette degli otto paesi del Consiglio potrebbero diventare membri della Nato, con il probabile ingresso ufficiale della Svezia dopo quello della Finlandia. Il messaggio di Mosca sulla sospensione dei fondi è arrivato negli stessi giorni in cui in Norvegia sono arrivate le forze speciali dei Marines per l’esercitazione Nato “Nordic Response 24” e il comandante, David A. Ottignon, ha detto ai giornalisti: “L’Artico è un luogo strategico fluido. E’ importante che i nostri alleati sappiano che siamo qui oggi e saremo qui quando sarà necessario per rispondere rapidamente a qualsiasi minaccia”.
“Arrivare alla decisione di abbandonare duecento anni di pacifico non allineamento non è stato facile”, ha detto ieri il ministro degli Esteri svedese Tobias Billström, al Raisina Dialogue di Delhi. “Ma l’abbiamo fatto per una ragione, ed è la Russia”. Anche guardare all’Artico significa pensare a una regione senza rischi militari, ha detto Billström, ma cambia tutto quando si iniziano ad aprire nuove rotte di navigazione, a estrarre risorse, “e la disfunzionalità del Consiglio è evidente quando bisogna gestire attori che non seguono le nostre stesse regole”. Il tema è molto sensibile, tanto che gli organizzatori del summit su Difesa e Sicurezza di Delhi, ieri, hanno previsto una sessione di dibattito sull’Artico a porte chiuse, separata dal resto dei rappresentanti del Consiglio, con soli ospiti russi. All’India interessa molto la questione perché è l’ultimo paese a essere salito a bordo dell’esplorazione artica, possiede due laboratori di ricerca ed è membro osservatore del Consiglio insieme ad altri 12 paesi, tra cui Italia, Francia e Germania. E soprattutto la Cina, che nel 2018 ha pubblicato il suo policy paper sull’Artico e si è definita un “near-Arctic state”, una definizione che non era mai esistita prima. Pechino vuole contare sempre di più nella regione, ha finanziato progetti di estrazione mineraria, è interessata a stabilire nuove rotte marittime – con l’Artico in fase di scioglimento più veloce del resto del globo.
Ma c’entra anche l’aspetto più militare, e la partnership con Mosca: un anno fa i due paesi hanno firmato un accordo per costruire infrastrutture lungo la Northern Sea Route, una delle due principali rotte di navigazione attraverso l’Artico, e ad agosto scorso 11 navi da guerra russo-cinesi hanno fatto esercitazioni militari nel mare di Bering, tra la Kamchatka russa e l’Alaska americana. Lars Løkke Rasmussen, ministro degli Esteri danese, ha detto che per contrastare le mire cinesi anche sulla Groenlandia, la Danimarca sta promuovendo i colloqui del governo locale con i vertici dell’Ue, anche visto l’accordo sulle terre rare firmato nel novembre 2023.