Così tutto è cambiato in Ucraina
“Siamo grati” per Meloni a Kyiv per il G7, ci dice la viceministra degli Esteri ucraina Iryna Borovets, ma servono munizioni
New Delhi, dalla nostra inviata. “Siamo molto grati per la posizione forte dell’Italia sulla guerra della Russia contro l’Ucraina, e ci aspettiamo un messaggio potente dal G7, ma che si trasformi in azioni concrete”. Iryna Borovets, viceministra degli Esteri di Kyiv, in una conversazione con il Foglio loda il coraggio della presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, che oggi nella capitale ucraina farà la prima riunione da presidente di turno del G7 con il presidente Volodymyr Zelensky.
Meloni “è molto abile nel convincere le persone ad aiutare il nostro paese, e penso che ogni ucraino ricordi il suo ruolo nella decisione dell’Ue di avviare lo strumento per l’Ucraina”, lo stanziamento da 50 miliardi di euro di sovvenzioni e prestiti per fornire sostegno alla ricostruzione e alla modernizzazione del paese. “Ora ci aspettiamo che sotto la presidenza italiana del G7 saranno fatti altri passi concreti”, dice Borovets, che è nata e cresciuta a Kharkiv, una delle città più martoriate dalla guerra ma anche uno dei simboli della resistenza. Sottolinea con un certo grado di ottimismo il “sentire comune” di tutti i paesi membri del G7, ed esprime gratitudine per quello che la piattaforma ha già fatto per Kyiv negli ultimi due anni. Quelli che hanno cambiato tutto.
“Molti dimenticano di menzionare che l’aggressione russa è iniziata dieci anni fa, e da due anni è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina”.
Nel frattempo il paese è cambiato, e non solo per i 14 milioni di persone che hanno trovato rifugio fuori dal paese – “4 milioni sono tornati in Ucraina ma almeno 10 milioni sono ancora all’estero” – ma anche perché “il danno che la guerra ha causato al nostro paese è enorme, si sta avvicinando ai 500 miliardi di dollari. Siamo dipendenti dagli aiuti dall’estero, finanziariamente e militarmente. Prima della guerra eravamo un paese non ricco, ma molto ben sviluppato”. A trasformarsi sono stati anche gli ucraini: “La psicologia delle persone è cambiata: abbiamo capito che è una guerra per la nostra esistenza, non c’è spazio di manovra, o vinci e resti nel tuo paese oppure resti ucciso, espulso, o costantemente terrorizzato come lo sono le persone nei territori occupati adesso: vengono uccise, spariscono, i nostri figli sono costantemente terrorizzati dalle deportazioni forzate dei russi, e se qualcuno resta in quei territori è costretto a non essere più ucraino”. Tutto è cambiato, “ma non abbiamo altra scelta che vincere e riconquistare i nostri territori, e questa strategia non muta col tempo”. Per la vittoria, che arriverà solo quando saranno riconquistati quei territori e “il ritorno all’integrità territoriale dei confini del 1999”. Solo questo può garantire una pace duratura, spiega Borovets, e se si cerca uno spazio temporale dice di sperare di costruirla per sua figlia, che ha cinque anni. Il problema restano le munizioni: quelle che la Corea del nord e l’Iran forniscono alla Russia (24 missili balistici nordcoreani sono già caduti nel territorio ucraino, secondo i dati del governo, in attacchi che hanno ucciso 14 persone e ferito più di 70 civili), e quelle che l’Ucraina, spiega la viceministra, sta “letteralmente cercando ovunque. Non solo noi, ma anche i nostri partner”.
Questi due anni hanno cambiato anche il resto del mondo: “Sarebbe un errore pensare che sia una cosa che riguarda solo l’Europa o l’alleanza euro-atlantica. Basta pensare alle forniture di cibo globali, alla sicurezza nucleare, riguarda tutto il mondo”. E’ questo il motivo della missione di Borovets a Delhi, invitata a parlare al Raisina Dialogue. “Stiamo portando questo messaggio ai nostri partner del Sud globale: la maggior parte di loro riconosce e sostiene il nostro diritto all’autodifesa, ma manca ancora qualche passo decisivo”. Considerando per esempio il ruolo globale dell’India, “la leadership che ha tra i paesi del Sud globale, potrebbe essere più coinvolta nella formula di pace ucraina”, dice Borovets, che menziona poi la questione fondamentale della sicurezza alimentare globale, e dell’Ucraina granaio d’Europa. Se il 17 luglio del 2023 la Russia non si fosse ritirata dall’Iniziativa del Mar Nero per il grano, Kyiv avrebbe potuto fornire almeno 57 milioni di tonnellate di prodotti agricoli, il 60 per cento dei quali è sempre stato destinato ai paesi dell’Africa e dell’Asia. Ora le esportazioni di grano si sono ridotte di quasi 3 milioni di tonnellate al mese: “Ma questo nostro ruolo non è cambiato, anche durante la guerra restiamo uno dei paesi garanti della sicurezza alimentare globale. I nostri contadini continuano a lavorare sotto le bombe con i giubbotti antiproiettile”.