Il discorso
In Russia non esiste più vita. Il discorso del dissidente Oleg Orlov
Il soffocamento della libertà è totale, dice in tribunale il co-presidente dell'associazione "Memorial". L’assurdità e la tirannia kafkiane, l’omicidio di Navalny, l’invasione dell’Ucraina sono anelli della stessa catena. E voi che eseguite gli ordini non sarete salvi
Traduciamo il discorso che Oleg Orlov, co-presidente dell'associazione "Memorial", ha tenuto oggi in conclusione del suo secondo processo penale in cui è accusato di aver "screditato le Forze armate russe". La pubblica accusa ha chiesto una condanna a due anni e 11 mesi di reclusione.
Il giorno in cui è iniziato questo processo, la Russia e il mondo sono stati scossi dalla terribile notizia della morte di Alexei Navalny. La notizia ha scosso anche me. Ho persino pensato di rinunciare del tutto a una dichiarazione conclusiva: che senso hanno le parole oggi se non abbiamo ancora superato questo choc? Ma poi ho pensato: questi sono tutti anelli della stessa catena – la morte, o meglio l’uccisione di Alexei, le rappresaglie giudiziarie contro altri critici del regime, me compreso, il soffocamento della libertà nel paese, l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze russe. Così, alla fine, ho deciso di parlare.
Non ho commesso alcun crimine. Sono sotto processo per un articolo che ho scritto per i media, in cui ho definito totalitario e fascista il regime politico che si è instaurato in Russia. L’ho scritto più di un anno fa. All’epoca, alcuni miei amici pensavano che stessi esagerando. Ma ora è palesemente chiaro. Non stavo affatto esagerando. Lo stato nel nostro paese controlla non solo la vita pubblica, politica ed economica. Cerca anche il controllo totale sulla cultura e sulle scienze e invade la vita privata. Lo stato è diventato onnipervasivo.
Sono passati solo poco più di quattro mesi dalla conclusione del mio primo processo, e in questo lasso di tempo sono successe molte cose che dimostrano quanto rapidamente il nostro paese stia sprofondando sempre più nell’oscurità. Ecco un elenco di vari sviluppi recenti di diversa portata e tragicità:
- In Russia sono stati vietati i libri di numerosi autori contemporanei.
- È stato vietato un “movimento Lgbt” inesistente, che in realtà significa una sfacciata interferenza dello stato nella vita privata dei cittadini.
- Ai futuri studenti che si iscrivono alla Scuola superiore di Economia è vietato citare “agenti stranieri”. Ora, prima che i candidati e gli studenti possano studiare qualsiasi argomento, devono studiare e memorizzare liste di agenti stranieri.
- Il noto sociologo e intellettuale pubblico di sinistra Boris Kagarlitsky è stato condannato a cinque anni di carcere per aver espresso alcune parole sugli eventi della guerra in Ucraina che si discostano dalla narrazione ufficiale.
- Parlando pubblicamente dell’inizio della Seconda guerra mondiale, colui che che i propagandisti chiamano “leader nazionale” ha detto quanto segue: “Dopo tutto, i polacchi hanno FORZATO Hitler – si sono lasciati trasportare e l’hanno FORZATO a iniziare la Seconda muerra Mondiale. Perché è iniziata la guerra con la Polonia? Perché la Polonia si è rivelata DISOBBEDIENTE. Hitler non aveva ALTRA SCELTA se non quella di iniziare con la Polonia per attuare i suoi piani”.
In quale altro modo si può descrivere un sistema politico in cui avviene questo? A mio avviso, non ci sono dubbi sulla risposta. Purtroppo, la conclusione del mio articolo era corretta. Non è solo la critica pubblica a essere vietata, ma qualsiasi pensiero indipendente. Anche le azioni apparentemente estranee alla politica o alla critica delle autorità possono essere punite. Non esiste un campo nel mondo dell’arte in cui sia possibile la libera espressione artistica, non esiste libertà accademica nelle discipline umanistiche, non esiste più vita la privata. Permettetemi di dire qualche parola sulla natura delle accuse contro di me e, in procedimenti giudiziari simili, contro molti altri che, come me, si esprimono contro la guerra.
Mi sono rifiutato di partecipare attivamente al processo in corso contro di me, il che fortunatamente mi ha dato la possibilità di rileggere “Il processo” di Franz Kafka durante le udienze. Il nostro stato di cose ha davvero qualcosa in comune con la situazione in cui finì il protagonista di Kafka: assurdità e tirannia travestite dall’adesione formale ad alcune procedure pseudo-legali. S iamo accusati di discredito, ma nessuno ci spiega come questo sia diverso dalla critica legittima. Siamo accusati di diffondere informazioni consapevolmente false, ma nessuno si preoccupa di dimostrare cosa ci sia di falso. Quando cerchiamo di dimostrare perché le informazioni sono in realtà accurate, questi sforzi diventano motivo di procedimento penale. Siamo accusati di non sostenere il sistema di credenze e la visione del mondo che le autorità hanno ritenuto corretta, eppure si suppone che la Russia non abbia un’ideologia di stato. Siamo condannati per aver dubitato che l’obiettivo di attaccare uno stato vicino sia quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Assurdo.
Alla fine del romanzo, il protagonista di Kafka non ha idea di cosa sia accusato, eppure viene condannato e giustiziato. In Russia, siamo formalmente informati delle accuse, ma è impossibile comprenderle all’interno di un qualsiasi quadro giuridico. Tuttavia, a differenza del protagonista di Kafka, conosciamo il vero motivo per cui siamo detenuti, processati, arrestati, condannati e uccisi. Siamo puniti per aver osato criticare le autorità. Nella Russia di oggi, ciò è assolutamente proibito. I parlamentari, gli investigatori, i procuratori e i giudici non lo riconoscono apertamente. Lo nascondono sotto formulazioni assurde e illogiche di nuove cosiddette leggi, accuse e sentenze. Ma questa è la realtà.
In questo momento, Alexey Gorinov, Alexandra Skochilenko, Igor Baryshnikov, Vladimir Kara-Murza e molti altri vengono lentamente uccisi nelle colonie penali e nelle prigioni. Vengono uccisi per aver protestato contro lo spargimento di sangue in Ucraina, per aver voluto che la Russia diventasse uno stato democratico e prospero che non costituisse una minaccia per il mondo circostante. Negli ultimi giorni sono state sequestrate, sanzionate e persino imprigionate persone semplicemente per essere venute a commemorare le vittime della repressione politica per onorare la memoria di Alexei Navalny, che è stato ucciso. Era una persona straordinaria, coraggiosa e onesta che, in condizioni rese incredibilmente dureappositamente per lui, non ha perso l’ottimismo e la fiducia nel futuro del nostro paese. Qualunque siano state le circostanze specifiche della sua morte, si è trattato di un omicidio.
Anche dopo la sua morte, le autorità sono in guerra contro Navalny, distruggendo i memoriali a lui dedicati. Lo temono anche da morto, e a ragione. Coloro che lo stanno facendo sperano che ciò demoralizzi quella parte della società russa che continua a sentirsi responsabile per il proprio paese. Le loro speranze sono mal riposte. Navalny ci ha esortato a “non arrenderci”. Lo ricordiamo. Quello che posso aggiungere è questo: non perdetevi d’animo, non perdete l’ottimismo. Perché la verità è dalla nostra parte. Coloro che hanno trascinato il nostro paese nel baratro in cui si trova ora rappresentano il vecchio ordine, decrepito e superato. Non hanno una visione per il futuro, ma solo false narrazioni del passato, illusioni di “grandezza imperiale”. Stanno spingendo la Russia all’indietro, verso la distopia descritta da Vladimir Sorokin nel suo romanzo “La giornata di un Opricnik”. Ma viviamo nel Ventunesimo secolo, il presente e il futuro sono con noi e la nostra vittoria è inevitabile.
Per concludere, e forse con sorpresa di molti, ho qualche parola da dire a coloro che stanno lavorando per portare avanti la macchina della repressione. Ai funzionari governativi, alle forze dell’ordine, ai giudici, ai pubblici ministeri. In realtà, voi sapete esattamente cosa sta succedendo. E non siete tutti convinti che la repressione politica sia necessaria. A volte vi pentite di ciò che siete costretti a fare, ma dite a voi stessi: “Che altro posso fare? Sto solo eseguendo gli ordini. La legge è la legge”.
Una parola a lei, Vostro onore, e all’accusa. Non avete paura anche per voi stessi? Probabilmente anche voi amate il nostro paese, non avete paura di assistere a ciò che sta diventando? Non avete paura che non solo voi e i vostri figli ma, Dio non voglia, anche i vostri nipoti dovranno vivere in questa assurdità, in questa distopia? Non vi sembra ovvio che prima o poi la macchina della repressione possa travolgere coloro che l’hanno lanciata e portata avanti? È quello che è successo molte volte nel corso della storia.
Ripeterò quello che ho detto al processo precedente. Certo, la legge è la legge. Ma se ricordo bene, nel 1935 in Germania furono adottate le cosiddette Leggi di Norimberga. E poi, dopo la vittoria del 1945, coloro che le applicarono furono processati. Non sono del tutto sicuro che i creatori e gli esecutori delle leggi antigiuridiche e anticostituzionali della Russia saranno essi stessi ritenuti responsabili. Ma saranno inevitabilmente puniti. I loro figli o nipoti si vergogneranno di parlare di dove lavoravano e cosa facevano i loro padri, madri, nonni e nonne. Lo stesso accadrà a coloro che, eseguendo gli ordini, stanno commettendo crimini in Ucraina. A mio avviso, questa è la punizione peggiore. Ed è inevitabile. La punizione è chiaramente inevitabile anche per me, perché nelle circostanze attuali, un’assoluzione da questa accusa è impossibile. Ora vedremo quale sarà il verdetto. Ma non ho nulla da rimpiangere o di cui pentirmi.