La conferenza internazionale
L'Unione europea tra le parole e i fatti in Ucraina
Emmanuel Macron riunisce gli alleati di Kyiv: "la Russia non deve e non può vincere questa guerra in Ucraina". La Svezia è (finalmente) nella Nato dopo la ratifica tardiva di Viktor Orbán
Bruxelles. L’Europa ha finalmente compreso che la vittoria dell’Ucraina nella guerra di aggressione condotta dalla Russia è la migliore strategia di deterrenza per prevenire un attacco russo contro un paese europeo? “L’analisi collettiva è che di qui a qualche anno la Russia attacchi” uno dei paesi europei, ha avvertito Emmanuel Macron, aprendo un vertice sull’Ucraina per cercare di ri-mobilitare gli alleati nel terzo anno di guerra. “Tenuto conto della mutazione della minaccia dal punto di vista militare e strategico, si impone un sussulto”. Primo, “la Russia non deve e non può vincere questa guerra in Ucraina”. La posta in gioco non è più solo l’Ucraina, la sua integrità o il diritto internazionale. “Stiamo assicurando la nostra sicurezza collettiva di oggi e domani”, ha detto Macron.
Il vertice convocato ieri da Emmanuel Macron sull’Ucraina, a cui hanno partecipato una ventina di capi di stato e di governo dell’Ue, ha l’obiettivo di dimostrare a Vladimir Putin la volontà di “unità e azione” degli alleati all’inizio del terzo anno di guerra, ha spiegato l’Eliseo alla vigilia. L’accumularsi di brutte notizie ha fatto passare in secondo piano il via libera definitivo all’ingresso della Svezia nella Nato a seguito della ratifica tardiva dell’Ungheria di Viktor Orbán. Il Congresso americano non è ancora riuscito ad approvare il pacchetto da 60 miliardi di dollari di aiuti. L’Unione europea non ha mantenuto le promesse sulle munizioni. La Russia è tornata all’offensiva. Ma “non siamo né doomy né gloomy”, ha detto una fonte dell’Eliseo: “Siamo determinati, motivati e impegnati per la vittoria dell’Ucraina”.
I leader occidentali raramente hanno fatto seguire i fatti alle parole. Il rischio del vertice di Macron sull’Ucraina è lo stesso. Lo ha ricordato la premier dell’Estonia, Kaja Kallas, evitando di fare grandi discorsi per concentrarsi sulla concretezza immediata. “Le armi promesse devono raggiungere il fronte”, ha detto Kallas. La promessa dell’Ue di fornire un milione di munizioni da artiglieria e missili entro marzo non sarà rispettata. La Germania continua a esitare sui missili di lunga gittata Taurus. La Francia ha promesso 78 Caesar, ma solo se ci sarà qualcuno che ne finanzierà l’acquisto di una sessantina. Parigi e Berlino sono impegnati in un braccio di ferro sulla riforma della European Peace Facility, lo strumento dell’Ue per finanziare le forniture di armi all’Ucraina. Macron insiste per la preferenza comunitaria (il “Buy european”). Il governo di Olaf Scholz insiste per avere uno sconto al suo contributo finanziario, perché è già il primo paese in termini di aiuti bilaterali. “Il nostro impegno di lungo periodo deve continuare. L’aiuto militare dell’Estonia all’Ucraina sarà lo 0,25 per cento del nostro pil nei prossimi quattro anni”, ha detto Kallas. Altri stati membri dell’Ue fanno molto meno. Macron ha promesso 3 miliardi di euro per l’Ucraina quest’anno, molto indietro rispetto agli 8 miliardi della Germania.
Eppure l’avvertimento di Macron sulla possibilità di un attacco diretto contro un paese europeo è inedito e impone un cambio di pensiero e azione strategici. “La Russia non deve e non può vincere questa guerra in Ucraina”, ha detto Macron, con al suo fianco il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e il presidente polacco, Andrzej Duda: “Stiamo assicurando la nostra sicurezza collettiva di oggi e domani”. Il presidente francese ha invocato “decisioni forti” a favore di Kyiv. Le prossime settimane diranno se sono promesse o fatti.