le proteste

I trattori polacchi, dal confine con l'Ucraina a Varsavia

Micol Flammini

Sono stati i primi a protestare, oggi rovesciano il grano ucraino e bloccano le frontiere. Il primo ministro Tusk cerca un equilibrio per rispondere stabilendo il confine tra protesta e assalto

Lunedì gli agricoltori polacchi hanno rovesciato centosessanta tonnellate di grano che provenivano dall’Ucraina ed erano dirette a Danzica per essere destinate al mercato internazionale. Quel grano non avrebbe avuto un impatto diretto sul mercato polacco, né sugli affari degli agricoltori che sono stati i primi a protestare in Europa e che, con le loro grida durante la campagna elettorale in Polonia per il voto dell’ottobre scorso, hanno anche diffuso un sentimento di sospetto e antipatia nei confronti dei tanti rifugiati ucraini che sono scappati dalla guerra.  Su quelle grida parve gonfiarsi un partito di estrema destra, Konfederacja, venne inseguito dal PiS che iniziò ad annacquare il suo sostegno all’Ucraina, ma poi il voto dimostrò che i polacchi avevano le idee molto chiare riguardo alla loro alleanza con Kyiv. Sono settimane che gli agricoltori sono tornati a protestare contro il grano ucraino, si presentano al confine, bloccano i treni di merci e di persone, bloccano gli autobus, qualcuno si presenta con frasi che invitano Vladimir Putin a prendersi pure il grano ucraino e altri hanno avuto l’idea morbosa di simulare il suono delle sirene che precedono gli attacchi dei russi, mettendo in scena una manifestazione che poteva sembrare un assedio o  un avvertimento: neppure qui in Polonia sarete al sicuro. Gli ucraini hanno risposto portando al confine i macchinari agricoli, inclusi i trattori, distrutti dalla guerra russa per mostrare il vero prezzo del grano ucraino. 


I trattori polacchi si sono diretti verso Varsavia per protestare contro il governo e contro le politiche dell’Unione europea nonostante sia il governo sia l’Ue siano stati molto generosi nei loro confronti. Quando Donald Tusk ha formato la sua maggioranza ed è diventato primo ministro non ha cambiato le politiche del governo precedente a sostegno degli agricoltori e ha mantenuto una posizione protezionista anche quando la Commissione ha detto di voler prolungare la sospensione dei dazi sulle importazioni dall’Ucraina nonostante si tratti di una misura importante per rafforzare l’economia di Kyiv. Ma agli agricoltori non sono bastate le protezioni di Tusk, non sono bastate le garanzie della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e hanno deciso di fare di peggio: di piazzarsi al confine e minacciare Kyiv dando un’immagine internazionale della Polonia lontana dalla solidarietà, lontana dalle responsabilità internazionali che invece si è assunta già prima del 24 febbraio del 2022. Donald Tusk però ha deciso di stabilire un limite tra quello che è lecito e quello che non lo è e non è disposto né  a farsi ricattare dagli agricoltori – che ieri hanno giurato di bloccare tutta la Polonia – né a far distruggere l’impegno di Varsavia da una categoria che lui stesso ha contribuito a proteggere. Anche il rapporto con Kyiv rischia di essere compromesso e il governo ha stabilito di mettere un confine tra la protesta e l’assalto. Tusk è deciso a bloccare quelli che ha definito dei “provocatori”, ha stabilito un incontro con il governo polacco per risolvere i problemi legati alla vendita del grano e soprattutto ha previsto delle misure legali contro chi  rovescia tonnellate di grano creando un danno a un’economia aggredita dalla guerra di Putin: il grano ucraino che passa per le strade di Varsavia è circa il 5 per cento del totale. I manifestanti che hanno assaltato i carichi di cereali di Kyiv dovranno affrontare un processo. Per Tusk questa è la prima delle sfide: trovare un equilibrio tra la posizione internazionale, il sostegno di una categoria che conta molto, la necessità di non danneggiare Kyiv.
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)