negli stati uniti

La proposta bipartisan al Congresso contro il trumpismo ostile a Kyiv

Paola Peduzzi

Se non c'è l'accordo si rischiano le vite degli ucraini e si rischia uno shutdown parziale, ma all'ex presidente americano non importa

Joe Biden ha convocato i leader del Congresso e del Senato per discutere delle “solite cose”: sicurezza del confine americano, sicurezza dei confini dell’Ucraina  e, in questa settimana di scadenze, anche di come evitare lo shutdown, cioè la sospensione dei pagamenti  alla pubblica amministrazione se non c’è un accordo politico sull’allocazione delle risorse. Il presidente americano chiede dall’inizio dell’anno un incontro con Mike Johnson, lo speaker repubblicano del Congresso che ha finora declinato l’invito: preferisce parlare con Donald Trump. L’ostilità di Johnson nei confronti del dialogo con i democratici ha però un limite fisiologico. 

 

Questo limite è dato proprio dal negoziato sullo shutdown, che rappresenta un fallimento politico che pochi politici amano sobbarcarsi. Ma anche qui, per Johnson, si intrecciano le pressioni dell’ala trumpiana e libertaria e quelle dei repubblicani moderati, che per quanto si stiano tutti allineando dietro al loro futuro candidato alle presidenziali del 2024, cioè Trump, continuano ad avere chiaro in testa che lo scontro permanente, in un’assemblea come il Congresso, è un guaio che alla fine pagano tutti, non soltanto il partito avversario – soprattutto in un anno elettorale. Johnson, che è più un ideologo che un negoziatore e che soprattutto non è molto esperto (quando fu fatto il suo nome per sostituire l’allora speaker, sempre repubblicano, Kevin McCarthy, caduto per una congiura interna, molti dissero: e chi è?), sembra a molti in affanno, perché nel desiderio di accontentare tutto il partito si ritrova attaccato da tutti, che è anche la ragione per cui è crollato il suo predecessore. Il problema è a monte ed è Trump, che chiede su ogni questione, che siano le tasse, la riforma delle agenzie delle entrate o l’Ucraina, soltanto una cosa: non fate favori ai democratici e a Biden. Si rischiano le vite degli ucraini e si rischia uno shutdown parziale a partire da sabato, se non c’è l’accordo, ma all’ex presidente non importa. Però è un problema che i repubblicani conoscono da troppo tempo per essere ancora in qualche modo scusabili: lo avete voluto voi, o non siete riusciti a trovargli un’alternativa, ora non lamentatevi. E i democratici, in una campagna elettorale invero faticosa, stanno gestendo bene questa crisi, e mostrano di continuo i danni dell’ostruzionismo dei repubblicani.

 

Questa è la politica, poi ci sono i suoi effetti. E per quel che riguarda i fondi all’Ucraina, l’effetto è: muoiono più ucraini nel difendere il loro paese dalla spietatezza ingiustificata di Vladimir Putin. Per questo è nata una rara iniziativa bipartisan al Congresso per cercare di sbloccare i fondi a Kyiv, vitali e urgenti. Tre deputati – il repubblicano Brian Fitzpatrick, il repubblicano Don Bacon e il democratico Jared Golden – hanno presentato un progetto di legge che si chiama Defending Borders, Defending Democracies Act, che combina la sicurezza del confine sud degli Stati Uniti con le armi agli alleati. Tra le altre cose, prevede che i migranti in arrivo stiano in Messico intanto che le loro richieste d’asilo vengono valutate, che è la rivisitazione della politica “restate in Messico” di Trump. Questo elemento farà scappare dei democratici e dovrebbe – questo almeno è il calcolo alla base della proposta – accontentare dei repubblicani, che in cambio dovrebbero votare a favore della fornitura di armi all’Ucraina, a Israele e a Taiwan. I fondi per Kyiv sono più bassi rispetto all’attuale cifra in discussione e che è già stata approvata al Senato – 47 miliardi di dollari invece di 60 – escludendo i miliardi in prestiti per l’acquisto di materiale militare americano. E’ un testo di compromesso, insomma, che diminuisce l’impegno americano e che non dà al presidente i poteri per agire in emergenza.

 

Ma come scrive il Wall Street Journal “è comunque meglio di consegnare l’Ucraina alla sconfitta” e permette di arrivare a una votazione che, secondo le fonti del quotidiano newyorchese, sarebbe favorevole all’Ucraina (“due terzi”, scrive, sono a favore). Tutto il dibattito che ha accompagnato il negoziato è stato caratterizzato da due fattori: l’ottusità isolazionista contro il regime russo che rappresenta una minaccia globale e la testardaggine mortifera di una minoranza. Per questo la proposta serve anche a mettere Johnson di fronte alle sue responsabilità come leader del Congresso e non soltanto come megafono di Trump, ammesso che colga ancora la differenza.  

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi