Il presidente americano Biden e quello messicano Obrador durante un vertice su immigrazione e traffico di Fentanyl (LaPresse) 

piccoli spiragli

Quel che sta facendo l'America contro l'epidemia di fentanyl

Marco Bardazzi

La collaborazione con la Cina prosegue, mentre con il Messico è crisi. L’allarme dei nitazeni in Europa

Non si trovano d’accordo su niente. Si tratti di diritti umani, scambi commerciali, sanzioni a Vladimir Putin o il futuro di Taiwan, tra Stati Uniti e Cina il confronto è sempre più difficile e spesso sembra destinato a sfociare in scontro aperto. Ma un piccolo spiraglio, uno spazio di dialogo potrebbe offrire spunti per una nuova cooperazione tra Washington e Pechino. Il nemico comune che sembra aver riaperto canali tra le due superpotenze è il fentanyl, la droga sintetica che da anni sta facendo una strage negli Stati Uniti. 

L’ultima volta che Joe Biden e Xi Jinping si sono parlati a quattr’occhi, lo scorso novembre a San Francisco, l’annuncio di una maggiore cooperazione nella lotta al narcotraffico era emerso come uno dei pochissimi terreni di accordo. Ma le parole vanno messe alla prova dei fatti, per capire se il fentanyl possa essere davvero l’equivalente di quello che il ping-pong era stato ai tempi dell’Amministrazione Nixon: uno strumento per tenere aperto il dialogo. Tre mesi dopo, arriva la conferma che effettivamente qualcosa si muove. “Ci sono notizie molto positive sulla cooperazione con la Cina, le autorità cinesi stanno collaborando con gli Stati Uniti per cercare di fermare il flusso dei precursori chimici che servono per preparare il fentanyl”, spiega Vanda Felbab-Brown, senior fellow alla Brookings Institution di Washington e tra i massimi esperti globali sul traffico di fentanyl. Il dipartimento di stato ha organizzato per lei un incontro con un gruppo di giornali internazionali, tra cui il Foglio, per fare il punto sull’epidemia d’uso di oppioidi che devasta l’America. 

La cooperazione della Cina è una delle poche buone notizie sul fronte di questa guerra che provoca fino a 300 morti al giorno in America. Delle 110 mila persone morte di overdose in America nel 2022, settantamila avevano assunto fentanyl. Ma la notizia positiva è che potevano essere molte di più: un gran numero di vite vengono ora salvate grazie alla scoperta degli effetti della buprenorfina per fermare quelli letali del fentanyl. I dati 2023, non ancora disponibili, dovrebbero registrare gli effetti del maggior uso dell’antidoto. 

Le buone notizie sull’abuso di oppioidi però si fermano qui. In Messico le cose vanno sempre peggio, i traffici illeciti verso gli Stati Uniyi aumentano, nuove droghe ancora peggiori del fentanyl sono già in circolazione e anche l’Europa – finora in gran parte risparmiata dall’epidemia – non deve abbassare la guardia. Il cambio di passo della Cina è la novità più significativa perché fino a poco tempo fa Pechino sosteneva che questo era un problema tutto americano, mentre adesso ammette che le sostanze di base sono al centro di un traffico che parte dal territorio cinese e arriva in Messico, dove i vari cartelli le trasformano in pasticche, cerotti o altri prodotti a base di fentanyl da spedire in America. “La Cina ora ha riconosciuto la propria responsabilità”, dice Felbab-Brown, “e ha cominciato ad agire. Ha mandato avvertimenti all’industria chimica e farmaceutica, dicendo che monitorerà il flusso dei precursori chimici. Sembra abbia fatto passi ulteriori nei confronti di alcune società. Ha chiuso siti web che promuovevano queste sostanze. Vedremo nel corso del 2024 se queste iniziative proseguiranno. Come si è arrivati alla svolta? In parte grazie alle iniziative diplomatiche americane. In parte perché penso che Stati Uniti e Cina abbiano capito che dopo anni di tensioni geopolitiche, era importante mettere un freno alla caduta libera delle relazioni tra i due paesi e la cooperazione nella lotta ai narcotici è quella che può dare più frutti”.  

Tutt’altra storia invece per quello che riguarda il Messico, che gli Stati Uniti accusano di essere inattivo, se non addirittura complice, quando si tratta di contrastare i cartelli Sinaloa e Jalisco che hanno in mano il traffico di fentanyl. “Il governo messicano nega che venga sintetizzato sul suo territorio”, afferma la studiosa della Brookings, “ed è qualcosa a cui io non credo e a cui non crede neppure il governo statunitense”. Lo dimostrano non solo le indagini delle autorità federali americane, ma anche lo studio delle autopsie condotte nel nord del Messico da organizzazioni non governative: negli obitori messicani, un terzo dei cadaveri presenta tracce di fentanyl nel sangue e nei tessuti. Anche per questo il clima tra America e Messico è pessimo, come dimostrano le fughe di notizie che nei giorni scorsi hanno fatto arrivare sul New York Times i documenti di vecchie inchieste federali, poi archiviate, nelle quali le autorità statunitensi indagavano su legami tra i cartelli della droga e persone vicine al presidente Andrés Manuel López Obrador (“sono cose completamente false”, ha commentato il presidente messicano).

 

Di fentanyl si sta parlando anche nella corsa alla Casa Bianca, con Donald Trump che accusa l’Amministrazione Biden di essere responsabile delle stragi di americani perché non blocca l’immigrazione clandestina dal Messico. Ma Felbab-Brown ha liquidato le accuse repubblicane scontro politico: la droga sintetica non la portano certo le famiglie che entrano illegalmente in America rischiando la vita nei deserti. “Il fentanyl arriva su camion e auto con targa americana guidati nella stragrande maggioranza dei casi da cittadini statunitensi. Il problema è che solo il due per cento di questi veicoli viene ispezionato”, perché le risorse necessarie per aumentare i controlli al confine sono bloccate dal Congresso, proprio per le resistenze dei repubblicani. 

L’Europa, nel frattempo, farà bene a non pensare che sia solo un problema del continente americano e ad attrezzarsi, “perché queste droghe moderne non sono guidate dalla domanda dei consumatori, ma dalle scelte di chi gestisce l’offerta”. E ci sono segnali di interesse dei cartelli messicani verso l’Europa, dove rischia di arrivare qualcosa di ancora più devastante del fentanyl: i nitazeni, una classe di oppiacei venti volte più potente di quella che sta devastando l’America e resistente alle principali modalità che oggi si usano per salvare una vita da un’overdose.

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