In America

Il duello di Biden e Trump al confine con il Messico

Maurizio Stefanini

 L'ondata di migranti negli Stati Uniti è percepita degli elettori sempre più come incontrollata e così la campagna elettorale americana di trasforma in un "duello alla frontiera"

Lo hanno ribattezzato “duello alla frontiera” il viaggio parallelo di Biden e Trump al confine col Messico. Potrebbe essere il titolo di un Western, e in effetti il termine “frontiera” evoca un archetipo profondo nella cultura degli Stati Uniti: un paese nato da una colonizzazione che spingeva le frontiere sempre più a ovest, e per cui Kennedy fece una campagna elettorale spiegando che ormai bisognava puntare a una “Nuova Frontiera” non più sul terreno, ma di progresso ideale. Oltre sessanta anni dopo i presidenti hanno ripreso a cercare voti a proposito di frontiere: non più però da conquistare, ma da chiudere a un'ondata di migranti che viene sempre più percepita dagli elettori come incontrollata. Al punto che ormai la linea trumpiana è chiaramente sul “chi se ne frega dall’Ucraina, basta che non entrino stranieri”.

 

Il presidente Biden pensa invece  che Putin vada fermato, ma a sua volta deve mostrare che fa qualcosa contro chi entra illegalmente. Ieri dunque si è recato anche lui nella zona, anche se in punti diversi rispetto al rivale. Il presidente si è infatti recato a incontrare gli agenti delle pattuglie di frontiera e le forze dell'ordine a Brownsville. “Lo avevo programmato per giovedì, quello che non sapevo è che a quanto pare ci sarebbe andato il mio caro amico”, ha detto ai giornalisti. Il suo rivale Trump si è fatto accompagnare dal governatore texano Greg Abbott a Eagle Pass, circa 300 miglia a ovest.

 

Effettivamente, le 250.000 intercettazioni di migranti illegali di cui la U.S. Border Patrol ha dato conto  a dicembre ha stabilito un nuovo record, rispetto ai 224.000 del maggio 2022 e agli appena 16.000 dell’aprile 2020. Dal gennaio 2023, la pattuglia di frontiera statunitense ha intercettato migranti in situazione irregolare al confine con il Messico più di 2,7 milioni di volte, di cui più oltre 800.000 messicani  e oltre 285.000 guatemaltechi. Ma nel dicembre 2023 il 53 per cento di loro era di provenienza diversa rispetto a quel quartetto Messico-El Salvador-Guatemala-Honduras tradizionalmente prevalente. Il numero dei venezuelani, in particolare, è cresciuto dai 6.000 del dicembre 2022 ai 47.000 del dicembre 2023, diventando la seconda cittadinanza dietro ai 56.000 messicani. Ma pure il numero dei cinesi nello stesso intervallo è decollato: da 900 a 6.000. Otto americani su dieci dicono che il governo sta gestendo questa emergenza male, per il 45 per cento si tratta di una crisi, per il 32 per cento di un “problema maggiore”.

 

I repubblicani attribuiscono il flusso di immigrati alle politiche di Biden che favoriscono il diritto di richiedere asilo. Biden accusa Trump di aver fatto saltare un accordo bipartisan per inasprire le restrizioni sull’asilo e fissare limiti giornalieri ai valichi di frontiera. Trump ha già promesso, in caso di vittoria elettorale,  il più grande programma di deportazione mai realizzato negli Stati Uniti. “Nessun paese può sostenere ciò che sta accadendo al nostro paese”, ha detto l'ex presidente alla Conservative Political Action Conference (Cpac) a Washington all'inizio di questo mese, spiegando che gli immigrati stanno “uccidendo la nostra gente, stanno uccidendo il nostro paese”. L’anno scorso aveva detto che gli immigrati stavano “avvelenando il sangue” degli Stati Uniti.

 

L’Amministrazione Biden, comunque, non si limita alle visite. Proprio il giorno prima del “duello alla frontiera” il segretario di stato americano, Antony Blinken, ha ricevuto a Washington la segretaria per gli Affari esteri messicana Alicia Bárcena e il ministro degli Esteri guatemalteco Carlos Ramiro Martínez, concordando con loro di lavorare insieme sul tema. Nell'occasione, le delegazioni si sono impegnate a “migliorare la sicurezza e le infrastrutture alle frontiere” e a condividere informazioni sulla tratta e il contrabbando di esseri umani. Stati Uniti e Messico hanno accelerato il ritmo di questi incontri e  tenuto una serie di colloqui alla fine di dicembre a Città del Messico, dove Blinken ha incontrato il presidente messicano Andrés Manuel Lopez Obrador, poi a gennaio a Washington. Nel vertice a tre il Guatemala ha annunciato che ospiterà un vertice regionale sulla migrazione ad aprile, e si è pure  deciso a sostenere le popolazioni emarginate e a creare un gruppo di lavoro per migliorare la sicurezza delle frontiere. Se negli Stati Uniti e in Messico è anno di presidenziali, in Guatemala si è da poco insediato al potere il riformista Bernardo Arévalo: duramente ostacolato da settori della magistratura legati al governo precedente, e alla ricerca di risultati.

Di più su questi argomenti: