L'intervista
“Così Hamas sta vincendo la guerra umanitaria”, parla Matti Friedman
I terroristi "hanno compreso la psiche occidentale. Sanno perfettamente cosa stanno facendo. Non gli interessa Gaza", dice il saggista e giornalista israelo-canadese
“Gli osservatori occidentali non capiscono che Hamas non ha alcun interesse a proteggere il proprio popolo, come farebbe l’Italia. Con Hamas, un gruppo religioso radicale islamico, abbiamo persone pronte a sacrificare più persone possibili, per cui un disastro umanitario è cosa buona e giusta per loro”. Così al Foglio Matti Friedman, intellettuale e giornalista canadese che vive a Gerusalemme, scrive su testate dal New York Times all’Atlantic, autore di libri di successo (dal “Codice di Aleppo” all’ultimo per Giuntina, “Spie di nessun paese. Le vite segrete alle origini di Israele”) e che nel 2014 rivelò la sua esperienza come giornalista dell’Associated Press che fece scalpore perché raccontava la trasformazione e la manipolazione della narrazione su Israele.
Giovedì scorso, con i morti nella calca per il cibo, Hamas ha cercato di innescare una bomba nell’opinione pubblica nella speranza di fermare le operazioni anti terrorismo di Israele nella Striscia di Gaza. “Ogni disastro umanitario pone pressioni solo su Israele per fermare la guerra e consentire a Hamas di uscire vittorioso” ci dice Friedman. “Per questo hanno costruito centinaia di tunnel sotto Gaza. Il loro bollettino delle vittime a Gaza non farà altro che far arrabbiare ancora di più la comunità internazionale e questa rabbia non sarà rivolta a Hamas, che ha iniziato la guerra il 7 ottobre, ma contro Israele. La narrazione umanitaria è un’arma di Hamas”. Secondo Friedman, Hamas legge la mentalità occidentale e tenta di portarla a sé. “Sono molto intelligenti nel capire come funziona la psiche occidentale. Quando lavoravo all’Associated Press, i miei colleghi pensavano che quelli di Hamas fossero dei primitivi. Ma sono molto abili nel manipolare giornalisti che non parlano arabo o ebraico. Hamas sa cosa sta facendo, perfettamente. A ogni ciclo di violenza, Hamas ha visto che la comunità internazionale ha diretto la sua rabbia non contro Hamas, che inizia le guerre, ma contro Israele che si difende. Hamas vede che ogni guerra logora un po’ di più la posizione israeliana nel mondo e che il mondo costringerà Israele a fermarsi e che Hamas sarà ancora là. Così è stato nel 2009, nel 2024, nel 2021 e temo anche stavolta. Hamas sa come funziona la stampa internazionale: dopo due settimane dal 7 ottobre, la storia era ancora una volta la violazione di Israele del diritto internazionale. Lo vediamo con la conta dei morti: la stampa internazionale riferisce ‘secondo fonti di Gaza’, come se a Gaza non ci fosse Hamas. Hamas sa come lavorano Amnesty, Human Rights Watch e le agenzie dell’Onu, che possono essere arruolate nella loro guerra”.
Resta il mistero di come molte correnti della cultura occidentale si siano schierate dopo il 7 ottobre dietro gli stendardi di “Palestina libera dal fiume al mare”. “Non è uno strano fenomeno che islamisti fanatici che non hanno niente in comune con liberal occidentali, in termini di donne, gay, laicità, si siano alleati?”, chiede Friedman. Lo stesso vale per l’ondata di odio antiebraico in tutte le nostre capitali. “Volevano scatenare questa ondata di antisemitismo nel mondo. Sapevano che l’antisemitismo si sarebbe scatenato dopo il 7 ottobre. Hamas aveva una comprensione molto chiara dell’odio antiebraico che c’è non solo nel mondo islamico, ma anche in Europa e in occidente”. La loro è una lunga guerra, conclude Friedman. “Non cercano vittorie concrete, alla occidentale. Pensano che la guerra contro Israele alla fine annichilirà la presenza degli ‘infedeli’ in questa parte di mondo. E gli osservatori laici in occidente non hanno mai davvero capito questa visione. La naïveté occidentale è una delle loro armi”.