Il carattere americano

Il Super Tuesday del discontento e i suoi segnali, leggendo il saggio “Frontiera”

Paola Peduzzi

Sembra tutto già deciso, ma le primarie servono anche ad altro, a comporre l’immagine dell’America elettorale del 2024, a riconoscere gli infelici, gli scontenti, quelli che si prendono la briga di andare a votare contro delle vittorie già scritte

Oggi è il Super Tuesday, il martedì più affollato delle primarie americane, si vota in quindici stati e in un territorio, le Samoa americane, ma, come scrive senza  fronzoli il New York Times, un appuntamento solitamente eccitante quest’anno è invece “insolitamente non importante”. Nel campo democratico si ricandida l’attuale presidente, Joe Biden, e quindi non c’è una contesa.  Nel campo repubblicano Donald Trump sembra già vittorioso, e con oggi la sua unica rivale rimasta, Nikki Haley, potrebbe decidere di lasciare. E Trump è vittorioso anche per un altro motivo: i suoi processi non interromperanno più di tanto la sua campagna elettorale e la questione dell’eversione del 6 gennaio 2021, che è cruciale nel momento in cui si parla di una sua possibile rielezione (è cruciale per tutto in realtà), non sarà stabilita prima di novembre.

 

La Corte Suprema  vuole che siano gli americani a decidere se Trump può ancora guidare l’America, e ha chiuso il dibattito sul 14esimo emendamento e sul nome dell’ex presidente sulla scheda elettorale. Sembra tutto già deciso, ma le primarie servono anche ad altro, a comporre l’immagine dell’America elettorale del 2024, a riconoscere gli infelici, gli scontenti, quelli che si prendono la briga di andare a votare contro delle vittorie già scritte. Tra i repubblicani, abbiamo sezionato l’elettorato di Nikki Haley, che è quello repubblicano cosiddetto moderato o semplicemente anti Trump; fra i democratici, almeno in Michigan, abbiamo sezionato chi ha votato scheda bianca (gli “uncommitted”), cioè chi è andato comunque ai seggi ma soltanto per segnalare il proprio discontento nei confronti di Biden.

 

Quanti sono, cosa vogliono questi infelici? Soprattutto: sono così scontenti da non andare a votare poi per il  candidato del loro partito alle presidenziali? Considerando che la vittoria a novembre dipende da manciate di voti negli stati swing – anzi, in alcuni distretti swing: segniamoci il secondo distretto congressuale del Nebraska, il Nebraska-2, ne sentiremo parlare – la risposta a queste domande è tutto. In “Frontiera”, Francesco Costa ne pone una più complessa e decisiva: perché ci sono tanti scontenti? L’ultimo saggio del vicedirettore del Post, in uscita oggi per Mondadori Strade blu, è un viaggio dentro il carattere americano – “cos’hanno in testa gli americani?” –  e dentro le tante contraddizioni che talvolta gli stessi americani faticano a comprendere – figurarsi noi, da questa parte dell’Atlantico. E’ un viaggio che si compone strada facendo, che procede volutamente a zig-zag, scrive Costa, perché la realtà non è lineare, è frastagliata, va veloce ed è mediata: “Non sappiamo quello che accade, se non in minima parte: ci viene raccontato da qualcuno. Sempre”. 

 

L’America sta andando benissimo, i cantori del declino americano e della fine del secolo americano dovranno farsene una ragione. Costa dissemina un numero enorme di statistiche che mostrano come l’America non sia mai stata meglio di così, “non ci sono mai stati così tanti immigrati con un lavoro quanti ce ne sono oggi, così tante donne con un lavoro, così tante madri con un lavoro, così tante persone disabili con un lavoro. Il gender gap non è mai stato così basso, il reddito mediano non è mai stato così alto” e via così, di record in record, con anche “la distanza tra i più ricchi e i più poveri” che ha smesso di crescere già da anni. L’investimento pubblico colossale fatto dopo la pandemia e soprattutto dall’Amministrazione Biden ha contribuito a questa economia che “spinge con tutti i cilindri”: ci sono parecchi inciampi possibili, ma uno dei più grandi non ha a che fare con i conti, bensì con il “pregiudizio della negatività” che ha investito in particolare chi ci racconta l’America, l’élite dei media, di destra e di sinistra, che più che informazione tende a fare denuncia, alimentando incertezza, instabilità, rabbia, tantissima rabbia.

 

Sarebbe superficiale fermarsi qui – va tutto bene, ma ce la raccontano disastrosa – e infatti questo è soltanto uno dei primi  e tantissimi frammenti che Costa introduce per decifrare il carattere americano, mettendo le mani poi nella cultura identitaria del paese, in cui non esistono le classi sociali ma appunto le identità, e nella responsabilità della sinistra americana nell’avere portato all’eccesso l’identitarismo (no, non è un libro in cui si dice che il trumpismo ce lo siamo un po’ cercati: è precisissimo nel raccontare la deformazione che l’estremismo trumpiano ha inflitto sul sistema americano e su di noi); nella violenza straordinaria che caratterizza la società americana, che va ben oltre l’abnorme numero di armi in circolazione nel paese; nella straordinaria e incompresa, slogan a parte, necessità di immigrati che possano far marciare l’economia al ritmo che si è data; nel football, nella birra, negli Ufo, nelle battaglie per i diritti civili, nei film e naturalmente nel senso ancestrale di vivere sulla frontiera. 

 

Per trovare una sintesi bisogna arrivare all’ultima pagina, dove la domanda sull’infelicità trova una  risposta sfrontata che mette insieme il candore e la spietatezza americani, gli stessi che ritroviamo quando sentiamo i commentatori americani alle prese con questo ciclo elettorale mesto e furioso assieme, in un paese che vuole assaggiare il futuro in ogni attimo della sua vita e si ritrova a parlare soltanto del suo recente, irrisolto passato. La sintesi è una fotografia, e un incrocio. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi