l'editoriale del direttore
I due estremismi da denunciare al G7
Biden, von der Leyen e Sunak. Tre formidabili discorsi di tre grandi alleati di Meloni ricordano alla premier italiana perché i populismi vanno condannati anche quando appartengono alla propria storia
Libertà, già, ma in che senso? La settimana che si chiude è stata dominata da tre formidabili discorsi di tre importanti leader internazionali alleati solidi di Giorgia Meloni che hanno scelto con sfumature diverse di spiegare cosa vuol dire oggi difendere la nostra libertà. L’ultimo discorso, quello di giovedì sera, lo ha pronunciato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante il discorso sullo Stato dell’Unione. Biden ha detto che “era dai tempi del presidente Lincoln e della guerra civile che la libertà e la democrazia non erano mai state sotto attacco qui in patria come lo sono oggi” e ha aggiunto che “ciò che rende raro il nostro momento è che la libertà e la democrazia sono sotto attacco, sia in patria sia all’estero, nello stesso momento”.
Il giorno prima, Ursula von der Leyen, lanciando la sua nuova candidatura alla presidenza della Commissione europea, è andata ancora più a fondo, centrando un punto ulteriore: “La nostra Europa pacifica e unita non è mai stata così minacciata dagli estremisti e dai populisti, di estrema destra o estrema sinistra”. Il filo conduttore dei discorsi è, naturalmente, la difesa della democrazia, la difesa della libertà, la battaglia contro i populisti.
Ma il discorso più potente pronunciato sul tema questa settimana è forse quello meno conosciuto ed è quello improvvisato all’inizio della settimana, il 3 marzo, da un alleato di Giorgia Meloni: il premier britannico Rishi Sunak, parlando di fronte al numero dieci di Downing Street all’indomani della vittoria alle suppletive di Rochdale, a due passi da Manchester, di un antisemita ed estremista di sinistra di nome George Galloway, ha esortato la nazione a “restare unita per combattere i veleni dell’estremismo politico”. Ha detto che il suo governo svelerà un “nuovo, robusto quadro” sull’estremismo alla fine di questo mese. E ha usato parole forti per affermare lo stesso principio su cui hanno puntato anche Biden e von der Leyen: per difendere fino in fondo la libertà, oggi, occorre essere senza sconti contro il populismo di sinistra e anche contro quello di destra. “Gli estremisti islamici e l’estrema destra – ha detto Sunak – si alimentano e si rafforzano a vicenda. Sono ugualmente disperati nel fingere che la loro violenza sia in qualche modo giustificata, quando in realtà questi gruppi sono due facce della stessa medaglia estremista. Nessuno dei due gruppi accetta che il cambiamento nel nostro paese possa avvenire solo attraverso il processo democratico. Entrambi detestano il paese pluralista e moderno che siamo”. E ancora: “Non è sufficiente vivere fianco a fianco, dobbiamo vivere insieme uniti da valori condivisi e da un impegno comune per questo paese. E voglio parlare direttamente a coloro che scelgono di continuare a protestare: non lasciate che gli estremisti dirottino le vostre marce”.
Tre storie diverse, tre volti diversi, tre leader diversi che con una sincronia niente male sono lì a indicare una strada non negoziabile: per difendere la democrazia dai nemici della libertà occorre impegnarsi, occorre farsi in quattro e occorre denunciare gli estremisti anche quando questi possono apparire come costole vicine ai propri partiti di riferimento. L’estremismo o lo si combatte tutto o si accetta di combatterlo solo a metà. E di fronte a queste parole Giorgia Meloni avrebbe una carta facile per non sfigurare di fronte ai suoi tre alleati: trasformare il G7 a guida italiana in una sessione utile, come direbbe Sunak, “a combattere i veleni dell’estremismo politico”. A sinistra ma anche a destra. Difendere la libertà, per un leader, significa partire anche da qui. Viva Sunak. Viva Ursula. Viva Biden.
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