oscar e pacifismo
Da Hollywood all'Europa: la Shoah arruolata contro Israele
Il discorso di Jonathan Glazer, le spille rosse di Billie Eilish e Mark Ruffalo, la raccolta firme diArtists4Ceasefire: attori e registi si imbellettano di un pacifismo sordido, ma il rischio è cancellare il ricordo della Shoah per farne un’altra. La violenza di Berlino e Amsterdam
“Siamo qui come uomini che rifiutano che la propria ebraicità e l’Olocausto siano dirottati, che rifiutano una occupazione che ha portato alla guerra per tante persone innocenti, siano le vittime del 7 ottobre o dell’attacco in corso a Gaza, tutte le vittime, questa deumanizzazione, come possiamo resistere?”. Così il regista Jonathan Glazer, mentre riceveva l’Oscar come miglior film internazionale per “La Zona di Interesse”. Film che, a dire di un molesto attore italiano, “gli ebrei” avrebbero sottratto a “Il capitano” di Matteo Garrone. Anche se Gaza non è sotto occupazione dal 2005 e Hamas non sa che farsene della presa di distanza di Glazer dalla propria “ebraicità”, come dell’ebraicità di Judith Butler, la filosofa del gender che la settimana scorsa ha appena definito “resistenza armata” la strage nei kibbutz.
Scrive il regista di “Salafistes”, Francois Margolin, su Le Figaro a proposito del successo del film di Glazer: “I bobo (borghesi bohemien) sono troppo felici di avere un argomento di discussione alla loro prossima cena, dove potranno citare l'unica frase che conoscono dell'opera di Hannah Arendt: ‘La banalità del male’”. Il che è molto sorprendente perché il film è piuttosto austero, per non dire noioso. “Quale parte dell'inconscio dei suoi spettatori tocca? Probabilmente non il più chiaro o il più sano. Durante tutta la proiezione, non ho potuto fare a meno di pensare che questa divisione del mondo in due campi, separati da un muro, me ne ricordava un'altra. Più recente. Quella che separa Israele da Gaza. Ciò è diventato evidente sin dai massacri del 7 ottobre. Questo antisemitismo che si mascherava dietro il ‘mai più’ e la compassione per la Shoah. Poiché alcuni hanno sempre preferito gli ebrei morti agli ebrei vivi”.
La cantante Billie Eilish e l’attore Mark Ruffalo erano tra i partecipanti agli Academy domenica sera che indossavano le spille rosse per chiedere un cessate il fuoco nella guerra Israele-Hamas. Intanto Artists4Ceasefire, un gruppo di celebrità e membri dell’industria dell’intrattenimento che hanno firmato una lettera aperta in cui esortano Joe Biden a chiedere un cessate il fuoco, raccoglieva quattrocento firme, tra cui quelle di Bradley Cooper e America Ferrera, entrambi candidati all’Oscar quest’anno, oltre a quelle di Cate Blanchett e Jennifer Lopez. Nessuna spilletta invece per i 130 ostaggi israeliani. E anche Steven Spielberg, che ha consegnato il premio per la miglior regia a Christopher Nolan per “Oppenheimer”, non ha detto niente. L’unico gesto quello a Londra, che secondo lo zar della lotta all’estremismo Robin Simcox è “off limits” per gli ebrei: in Abbey Road, un piccolo gruppo di ebrei ha suonato lo shofar per gli ostaggi in mano a Hamas.
E mentre Glazer vinceva il suo Oscar e lo celebrava con un sermone contro Israele e gli artisti suoi colleghi si imbellettavano di un pacifismo sordido, il memoriale della Shoah di Berlino veniva vandalizzato e ad Amsterdam migliaia di manifestanti in nome di Gaza e della “pace” assediavano con mezzi poco pacifici il nuovo museo della Shoah e fischiavano il re d’Olanda Willem-Alexander e il presidente israeliano Isaac Herzog. Vorrebbero cancellare il ricordo della Shoah per farne un’altra, in questa nuova zona di interesse dove, per dirla come si usa oltre Tevere, “sono tutti irresponsabili”.