Piano piano Mattei

L'Italia si riprende il suo posto in Niger (e Macron s'offende)

Cecilia Sala

Prima missione diplomatica di alto profilo a Niamey dopo il golpe, per tenere al largo i putinisti. Il consenso di Bruxelles

Prima missione di alto profilo dell’Italia in Niger, che sembrava perso dopo il colpo di stato del 26 luglio con cui la giunta militare ha preso il potere. Il golpe era stato presentato come un trionfo russo: era un’esagerazione. La propaganda di Mosca aveva tutto l’interesse a cavalcare la versione di un proprio successo, e qualche bandiera russa in piazza mentre i nigerini bruciavano il tricolore francese e assediavano l’ambasciata di Parigi aveva ringalluzzito gli uomini del Cremlino, ma si trattava di una vittoria d’immagine più che di sostanza. Ora, mentre la Francia è stata costretta a smantellare le sue basi militari, il segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, e il generale Francesco Paolo Figliuolo vanno a Niamey per proporre l’Italia come nuovo capofila europeo in un paese irrinunciabile per l’Unione. 

Anche se il golpe di Niamey non era stato ordito a Mosca e le cause della svolta al vertice erano interne al Niger, il pericolo che adesso i russi si insinuino nel vuoto lasciato dal ritiro di Parigi è concreto. Il rischio da scongiurare è che il Niger diventi il terzo comodo di un’alleanza insidiosa tra Mali e Burkina Faso: due paesi insicuri perché infestati dai jihadisti, reduci da due colpi di stato militari recenti (nel 2021 e nel 2022) dopo i quali i nuovi governi illegittimi si sono avvicinati a passi rapidi alla Russia di Vladimir Putin. Una volta che i leader che avevano preso il potere con la forza si sono ritrovati dentro il palazzo presidenziale ma isolati sul piano internazionale, si sono rivolti alla Wagner (che ormai è passata sotto il controllo dell’intelligence militare russa, il Gru) e a Putin perché chiedono meno garanzie dei paesi occidentali. Oggi il Niger è ancora considerato “l’ultimo bastione” non ostile agli Stati Uniti e all’Europa – Francia esclusa – tra i suoi vicini. La missione italiana e la permanenza militare americana vogliono evitare uno slittamento.

Il Sahel è una striscia di paesi che taglia l’Africa da ovest a est appena sotto la catena di paesi  nordafricani. Tanto per far capire: la distanza tra il Niger e la Sicilia è la stessa che c’è tra Roma e Berlino. E il Sahel è un’area infestata da gruppi fondamentalisti islamici tra cui al Qaida e lo Stato islamico che non ci si può permettere di abbandonare per ragioni di sicurezza internazionale. In Mali e in Burkina Faso, in meno di dieci anni, le morti violente di civili e combattenti sono più che decuplicate passando da poche centinaia all’anno a oltre settemila nel 2022. Da quell’anno il Niger è diventato il perno di tutte le operazioni anti terrorismo degli occidentali nel Sahel.

La Francia, dopo aver fatto di tutto per ostacolare il golpe senza riuscire a evitarlo, ha tentato di sabotare il resto della presenza europea nel paese africano. Ma un mese fa, durante una riunione informale dei ministri degli esteri europei a Bruxelles, anche la Germania e il Belgio si sono schierati con Roma dicendo ai francesi: non ce ne andremo soltanto perché voi siete stati costretti a farlo, all’Europa serve più dialogo e più cooperazione con il Niger, non di meno. La ministra belga aveva chiosato: “Insomma cos’è che vorrebbe la Francia per il Sahel, che l’Europa scomparisse?”. La linea dell’Alto commissario per la politica estera, Joseph Borrell, è stata per mesi vicina a quella di Parigi: nessun dialogo con la giunta militare in Niger – finché la settimana scorsa Borrell si è convinto ed è passata la linea italiana. Giovedì Guariglia e Figliuolo erano già  a Niamey per incontrare Bakary Yaou Sangaré, che prima del golpe era l’ambasciatore nigerino alle Nazioni Unite e che la nuova giunta ha nominato ministro degli Esteri. “Riceviamo sempre con piacere le delegazioni di paesi europei, anche se si dice il contrario. Le nostre difficoltà sono con un paese soltanto (la Francia), e peraltro non con il suo popolo ma con il suo governo e la sua politica”, ha detto Sangaré dopo l’incontro con gli italiani. E ha chiesto all’Italia di farsi portavoce delle istanze nigerine a Bruxelles.  Per Roma la partnership con il Niger è irrinunciabile  per il contrasto al traffico di migranti verso la Libia, e una collaborazione rafforzata con il paese africano fa parte della costruzione di nuovo impegno italiano nel continente che sarebbe l’obiettivo del “Piano Mattei”. 

Sul piano militare, il generale Figliuolo è andato a trovare le truppe italiane che sono sul campo in Niger con la missione Misin e ha detto che le iniziative di collaborazione con le autorità nigerine riprenderanno a pieno in tempi rapidi (quelle di supporto ai civili non si sono mai fermate). E ha portato un messaggio del ministro Guido Crosetto: l’Italia è pronta  a riavviare i corsi per i paracadutisti e per le forze speciali,  anche  mettendo in uso  due elicotteri italiani già donati.  Il ministro degli Esteri del governo de facto, Sangaré, ha risposto con una rassicurazione che non sembrava  scontata fino a pochi mesi fa: “Noi non prevediamo di ospitare militari russi sul nostro territorio”. Non è una garanzia di lungo periodo,  è un’apertura che gli americani e gli italiani non vogliono sprecare. L’assistente del segretario di stato degli Stati Uniti Molly Phee e l’assistente del segretario alla Difesa Celeste Wallander, insieme al generale Michael Langley, ieri sono volati in  Niger.
 

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