Come funziona Tele Hamas
I terroristi hanno iniziato da tempo a reclutare giornalisti. Quello che al Jazeera non racconta del suo reporter arrestato e liberato da Israele
Il giornalista di al Jazeera Ismail al Ghoul è stato arrestato domenica all’ospedale al Shifa, a Gaza, quando l’esercito israeliano ha fatto irruzione nella struttura, per la seconda volta dall’inizio della guerra. Secondo Israele, al Shifa viene usato per coordinare degli attacchi, al suo interno operano ancora i terroristi, ma le incursioni avvengono sempre nel contesto di un ospedale funzionante, con medici e pazienti, quindi sono rischiose. Al Ghoul si trovava all’interno con i suoi collaboratori, è stato poi rilasciato lunedì. Al Jazeera si era affrettata a titolare sull’arresto del suo giornalista e aveva riferito della pressione da parte delle associazioni per la tutela dei giornalisti che ne chiedevano il rilascio. Le notizie escono con difficoltà dalla Striscia di Gaza, la mancanza di notizie è sintomo della mancanza di ogni cosa, cibo incluso. Ogni gesto è rischioso, ogni mestiere, anche quello del giornalista. Shuruq As’ad del Sindacato dei giornalisti palestinesi ha detto che i reporter uccisi sono più di cento e sono stati presi di mira per la loro professione. David Collier è un giornalista investigativo che vive in Gran Bretagna e dopo le affermazioni di associazioni e sindacati dei media, si è messo a indagare sulla morte e sugli arresti dei suoi colleghi nella Striscia di Gaza, ha scritto un rapporto molto lungo in cui ha concluso che le affermazioni secondo cui Israele prende di mira i giornalisti sono infondate e a volte sono diffusione intenzionale della propaganda di Hamas. Bisogna tornare ad al Ghoul per capire in cosa consiste questa “propaganda intenzionale” e coglierne anche il peso psicologico. Collier e il giornalista Eitan Fischberger hanno condotto delle indagini separate sul giornalista di al Jazeera, i cui profili su X e Facebook sono molto recenti e sono stati creati tra novembre dello scorso anno e febbraio. Anche su Instagram e TikTok la presenza di al Ghoul appare per la prima volta a novembre con foto che lo ritraggono tra le macerie di Gaza. Contrariamente ad altri giornalisti di al Jazeera, a un primo sguardo, non è possibile collegare al Ghoul ad attività precedenti, sembra nato, giornalisticamente, dopo il 7 ottobre. E’ stata la sua inesistenza su qualsiasi piattaforma a insospettire i due giornalisti che sono andati alla ricerca di sue tracce del passato. Hanno scoperto che il giornalista ha anche un account personale su Facebook, in cui ha pubblicato foto e frasi elogiative di Yahya Sinwar, il leader di Hamas che è ancora dentro alla Striscia di Gaza, l’organizzatore principale del 7 ottobre, e l’uomo che dice “sì” o “no” riguardo alle proposte per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi israeliani: dopo la fine della prima tregua a inizio dicembre, ha detto sempre di “no”. Gli elogi a Sinwar sono intervallati da vignette che promettono lanci di razzi verso Israele: era il 2021 e Hamas iniziò a colpire pesantemente lo stato ebraico durante il mese di Ramadan. Fischberger ha trovato poi un account ormai disabilitato, in cui durante la pandemia, il giornalista scriveva che “l’epidemia più grande è l’identità israeliana”, oppure suggeriva ai palestinesi della Cisgiordania con quali armi colpire gli israeliani durante gli attentati. Prima di passare ad al Jazeera subito dopo il 7 ottobre, al Ghoul ha lavorato per alcune testate gestite da Hamas e diventate degli organi di propaganda.
La guerra di Israele è umanamente costosa, i bombardamenti sulla Striscia, secondo il ministero della Sanità che è gestito da Hamas, hanno causato la morte di oltre trentamila persone e tra queste è difficile dividere i civili dai combattenti e questo è uno dei vantaggi di Hamas, che ha costruito un apparato vasto e capillare e mimetico.
Il 7 ottobre, al seguito dei terroristi, entrarono dei giornalisti. Furono i primi a raccontare e fotografare quello che stava accadendo nei kibbutzim del sud di Israele. Alcuni erano collaboratori di testate internazionali, le quali poi scoprirono che si erano affidate a dei collaboratori di Hamas per il racconto del massacro.