Bandiere europee - foto via Getty Images

In Europa

L'Unione europea si prepara a passare alla "modalità economia di guerra"

David Carretta

Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo che si apre domani, chiederà ai ventisette uno sforzo maggiore per far fronte alla minaccia russa e al rischio di un ritorno di Donald Trump. La logica è una: "Whatever it takes"

Bruxelles. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, chiederà ai leader dell’Ue di passare alla “modalità economia di guerra” per rispondere alla minaccia rappresentata dalla Russia e al rischio di un ritorno di Donald Trump. Eurobond per acquistare equipaggiamento e rafforzare l’industria della Difesa, utilizzo del bilancio dell’Unione europea e dei proventi straordinari dei beni russi congelati per armare l’Ucraina: l’invito di Michel è di uscire dagli schemi tradizionali perché “la Russia non deve prevalere”, come dice la bozza di conclusioni del Consiglio europeo che si apre domani. Ma le divergenze tra Francia e Germania e i piccoli calcoli nazionali stanno paralizzando l’Ue. “Siamo bloccati”, ha ammesso il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis.
 

Il Consiglio europeo che si apre domani a Bruxelles idealmente doveva essere un Consiglio di guerra. Gli aiuti militari americani sono bloccati al Congresso. L’Ucraina è costretta ad arretrare per penuria di munizioni. Le promesse dell’Ue su proiettili di artiglieria e missili non sono state mantenute. Michel vorrebbe uscire dalla riunione dei capi di stato e di governo con tre messaggi: urgenza (agire subito), determinazione (per tutto il tempo necessario e facendo tutto quanto necessario) e intensità (aumentare gli sforzi come ha fatto la Repubblica ceca con l’iniziativa per comprare 800 mila munizioni in paesi extra Ue). I leader dei ventisette rivendicheranno due progressi concreti. I ministri degli Esteri hanno appena dato il via libera a un fondo speciale della European Peace Facility da 5 miliardi di euro per le forniture di armi all’Ucraina. Inoltre, una ventina di paesi ha aderito all’iniziativa della Repubblica ceca, che potrebbe aver trovato altre 500 mila munizioni fuori dall’Ue. Prima del Consiglio europeo sono attese due altre proposte. La Commissione chiederà agli stati membri di introdurre dazi alle importazioni di alcuni prodotti agricoli dalla Russia e dalla Bielorussia. L’Alto rappresentante, Josep Borrell, chiederà di usare i proventi straordinari dai beni congelati russi (circa 3 miliardi di euro) per destinarli al fondo per l’Ucraina della European Peace Facility e all’industria della Difesa ucraina.
 

In una logica di “whatever it takes”, almeno in teoria, non dovrebbero esserci obiezioni. Portare i dazi sui cereali russi al 50 per cento per azzerare la domanda nell’Ue andrebbe incontro alle richieste di Lettonia e Polonia, che vogliono calmare la rabbia dei loro agricoltori. La Russia non ha usato solo il grano ucraino come arma di ricatto e guerra, ma anche quello russo. Inondando alcuni mercati dell’Ue di cereali a basso costo Mosca ha spinto i prezzi per gli agricoltori europei al ribasso. Eppure è possibile che alcuni stati membri si mettano di traverso per difendere alcuni settori dell’agroalimentare o scongiurare il rischio di sanzioni di rappresaglia da parte della Russia contro i prodotti agricoli europei. Sull’uso dei proventi straordinari dei beni russi congelati non c’è ancora l’unanimità dei ventisette. Alcuni paesi ritengono rischioso confiscare i proventi. Altri non vogliono usarli per comprare armi, ma per la ricostruzione dell’Ucraina. “Speriamo che la proposta sopravviva”, ha spiegato una fonte dell’Ue.
 

Le due proposte su grano e beni congelati russi sono solo alcune delle cose che l’Ue potrebbe fare in più per l’Ucraina. L’iniziativa della Repubblica ceca sulle munizioni serve a compensare il fallimento dell’Ue sulla promessa di fornire un milione di proiettili di artiglieria all’Ucraina entro la fine di marzo. Eppure ci sono voluti due mesi a Praga per fare una colletta da un miliardo di euro. “Entrare nei dettagli di ciò che deve fare l’Unione europea è un po’ una perdita di tempo, perché dobbiamo ammettere che siamo bloccati”, ha detto lunedì Landsbergis. “Possiamo adottare nuove sanzioni che siano significative per la Russia? Non credo. Possiamo adottare un nuovo pacchetto di aiuti militari con la European Peace Facility che sia davvero d’aiuto per l’Ucraina? Non credo. E potrei andare avanti”. L’elenco include la lotta all’elusione delle sanzioni, che di fatto non c’è, perché  non si vogliono adottare misure contro paesi come Cina, Turchia ed Emirati Arabi Uniti. Anche sull’allargamento all’Ucraina è paralisi, visto che l’Ue non vuole fissare “una data per la conferenza intergovernativa per iniziare i negoziati di adesione”, ha spiegato il ministro lituano. Michel spera che i leader discutano almeno “cosa fare se la Russia sfonda il fronte, se arriva a Odessa o se attacca di nuovo Kyiv”, spiega al Foglio un diplomatico dell’Ue. Ma con Emmanuel Macron e Olaf Scholz divisi sulla strategia di guerra, rischia di non avere risposte.