contro la propaganda
No, la Russia non ha già vinto
Dall’inizio del 2023 Mosca ha conquistato lo 0,2 per cento del territorio ucraino che controlla. Ad Avdiivka lo sfondamento annunciato non c’è stato e i russi non sono in vantaggio numerico
Dall’inizio del 2023 a oggi, in un anno e due mesi, la Russia ha conquistato lo 0,2 per cento del territorio ucraino che controlla. La notizia secondo cui in questa fase Mosca starebbe vincendo la guerra sul campo è fortemente esagerata. Dopo i primi giorni di invasione totale in cui l’esercito del Cremlino aveva potuto dilagare sfruttando l’effetto sorpresa e anche l’aiuto indispensabile delle talpe di Vladimir Putin nelle istituzioni ucraine (per esempio quelle nei servizi segreti civili che avevano abbandonato la città di Kherson e avevano avvertito i russi su quali fossero i percorsi minati da cui tenersi alla larga), i soldati di Mosca non sono stati capaci di nessuna conquista paragonabile per dimensioni a quella delle due controffensive ucraine riuscite, la prima a settembre del 2022 nel nord-est e la seconda a novembre del 2022 nel sud.
A gennaio del 2023 Kyiv aveva liberato più della metà di tutti i territori conquistati da Mosca nel 2022. Da allora la Russia ha fermato questa tendenza, ma nonostante molti tentativi di offensiva non l’ha ancora invertita. I cori festosi e le ballate nazionaliste mescolati agli inni di guerra cantati sul palco della Piazza Rossa a Mosca, dove si festeggiava sia la vittoria di Putin alle presidenziali sia i dieci anni dall’annessione della Crimea e i progressi dell’aggressione in Ucraina, erano pieni di esagerazioni. Erano la proiezione di un regime che vuole – e sa – raccontarsi imbattibile dentro e fuori i confini a prescindere dagli eventi sul campo. Le conquiste russe di Bakhmut a maggio del 2023 e di Avdiivka il 17 febbraio del 2024 sono rilevanti quanto quelle della controffensiva ucraina d’estate che non ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissata: non molto. Lungo la linea del fronte c’è uno stallo, non c’è uno sfondamento e non ci sono conquiste decisive che pure alcuni russi – per esempio quelli che ballavano sul palco della Piazza Rossa indossando toppe con la “Z” dell’invasione – e soprattutto molti ammiratori stranieri di Putin già festeggiano.
La propaganda marchiata con la Z usa spesso l’argomento della disponibilità russa a sacrificare i propri uomini per la patria e per la vittoria che gli avversari di Mosca non hanno. Se è vero che Putin può deportare migliaia di maschi dalla repubblica del Daghestan abitata dalla minoranza musulmana e spedirli al fronte, cosa che Volodymyr Zelensky non vuole e non può fare con gli stessi metodi, è anche vero che gli ucraini che si sono arruolati come volontari all’inizio dell’invasione totale sono stati molte decine di migliaia e che, secondo gli ultimi calcoli del think tank Institute for Advanced Strategic and Political Studies, entrambi gli eserciti hanno circa cinquecentomila uomini al fronte. La sostanziale parità ha reso l’ultima controffensiva ucraina più difficile delle precedenti, ma non rende scontata o semplice un’offensiva russa.
I blogger militari amici del Cremlino avevano previsto uno sfondamento in Donbas dopo la conquista di Avdiivka che non c’è stato. Ad Avdiivka, per conquistare trentacinque chilometri quadrati, i russi hanno sostenuto sedicimila perdite tra morti e feriti negli assalti ripetuti per mesi prima di quello decisivo, e non è un rapporto tra perdite e conquiste che il Cremlino può permettersi di sostenere su vasta scala. I paragoni con i tempi dell’Armata rossa non funzionano perché all’epoca l’esercito sovietico poteva contare su circa trentacinque milioni di uomini tra soldati professionisti e riservisti, oggi Putin può contare su un po’ più un milione di uomini tra soldati professionisti e riservisti. Oggi il dieci per cento degli ucraini lavora per le Forze armate e il tre per cento di quelli che lavorano per le Forze armate è in prima linea: gli ucraini sono quaranta milioni e con una mobilitazione forzata totale Kyiv potrebbe portare dieci milioni di uomini al fronte e Mosca circa venticinque milioni. Ma non ha senso ragionare sulle cifre potenziali – dove il vantaggio russo è spaventoso e chiaro – e quelle reali negli ultimi due anni hanno raccontato una storia diversa.
L’unico indiscutibile vantaggio di Mosca è la propria economia convertita a macchina bellica, la capacità di produrre e ottenere da alleati come la Corea del nord il triplo delle munizioni che gli americani e gli europei donano al suo avversario, cioè alla sua vittima. Un dato che dipende dai ritardi e dai ripensamenti degli alleati di Kyiv e non dagli ucraini.
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