in irlanda
Non sono più quello giusto. Le dimissioni del taoiseach irlandese Varadkar
Il premier della Repubblica d'Irlanda lascia a sorpresa, con un bel discorso: “Parte della leadership sta nel sapere quando è tempo di passare il testimone”. Cosa succede ora
Nell’annunciare la notizia totalmente inattesa delle sue dimissioni, a poche settimane dal voto europeo e a meno di un anno dalle elezioni generali, il taoiseach irlandese Lao Varadkar ha lasciato scivolare una piccola eredità di ottimismo ai giovani a cui, dall’alto dei suoi quarantacinque anni e 41 per cento di approvazione, può parlare con familiarità: “Nonostante le sfide, raccomando con tutto il mio cuore una carriera in politica a chiunque ci stia pensando”. Per il resto, in un sentito discorso davanti al palazzo del governo di Dublino, suo ufficio negli ultimi sette anni, con una pausa di due, Varadkar, con la voce rotta, ha spiegato le ragioni del suo addio, “personali e politiche, ma soprattutto politiche”, giunte dopo un bel po’ di introspezione: non sono più la persona giusta, “parte della leadership sta nel sapere quando è tempo di passare il testimone” e ci vuole qualcuno “in una posizione migliore” per permettere al Fine Gael di crescere e di continuare a governare.
Di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti per il St Patrick’s Day assieme al presidente Joe Biden e a due settimane dalle sonore sconfitte in due referendum costituzionali, ha deciso di chiudere un’epoca prima del declino, senza che questo voglia necessariamente dire andare a elezioni anticipate.
Oltre al suo Fine Gael, di centrodestra, la coalizione di governo comprende anche i centristi di Fianna Fail e i Verdi. Dall’opposizione, forte di sondaggi che lo danno forte ma non necessariamente vincente, lo Sinn Fein, ex braccio politico dell’Ira, chiede a gran voce che si voti subito, senza aspettare la scadenza naturale di marzo 2025. Michelle O’Neill, leader del partito in Irlanda del nord, ha detto che “non è il momento per risistemare le sdraio”. Lo stesso pensano i socialdemocratici. Per sostituire Varadkar entro il 6 aprile, in modo da essere pronti dopo la pausa di Pasqua, il nome che circola con più insistenza è quello di Simon Harris, 37 anni, il ministro dell’Istruzione e responsabile della Sanità durante la pandemia.
Con Varadkar si chiude un’epoca di grande lustro internazionale che ha visto un giovane medico di origine indiana, apertamente omosessuale, guidare un paese rampante ma dove la mentalità conservatrice fatica a dissolversi. I due referendum recenti riguardavano il tentativo di includere le “relazioni durevoli” nella definizione di famiglia: il 67,7 per cento ha detto no. L’altro quesito riguardava la modifica del linguaggio sui “doveri domestici” di una madre: il 73 per cento ha detto no. Varadkar, ottimo comunicatore, si è fatto apprezzare durante la stagione della Brexit che ha messo così tanto in crisi l’equilibrio irlandese, ma non ha avuto lo stesso vigore in patria: un terzo dei deputati del suo partito ha detto che non si ricandiderà e in patria molti lo vedono come fuori sintonia con l’elettorato, incapace di mobilitarlo come aveva fatto ai tempi dello storico referendum sull’aborto, poco efficace su immigrazione e povertà. Rimarrà al Dáil, non ha piani B. Qualcuno sarà triste, qualcuno sarà felice, “è il bello della democrazia”.