la nuova legge
Perché il Citizenship Amendment Act non è il funerale dell'India laica e multiculturale
Secondo le opposizioni la legge che consente agli immigrati illegali – tranne i musulmani – di prendere la cittadinanza indiana vìola i princìpi di inclusività della Costituzione. Ormai a Nuova Delhi tutto viene letto in chiave "anti" o "pro" Islam
Si celebra per l'ennesima volta su alcuni giornali indiani e sulla maggioranza della stampa estera, il “funerale all'India laica e multiculturale”. La pietra dello scandalo è l'annuncio della futura entrata in vigore del Citizenship Amendment Act (Caa), approvato dal Parlamento l'11 dicembre 2019, che modifica l'attuale legge sulla cittadinanza che proibisce agli immigrati illegali di diventare cittadini indiani. Il Caa garantisce una specie di sanatoria, una corsia preferenziale, agli immigrati illegali arrivati in India a causa di persecuzioni a sfondo religioso subite nei paesi d'origine: le repubbliche islamiche di Bangladesh, Pakistan e Afghanistan. Secondo il Caa, gli immigrati illegali di religione parsi, cristiana, sikh, hindu o buddhista arrivati in India prima del dicembre 2014 possono richiedere la cittadinanza indiana se dimostrano di avere vissuto in India per sei anni invece dei canonici dodici necessari a chiunque per ottenerla. Dalla "corsia preferenziale" sono stati esclusi, dichiaratamente, i musulmani per i quali si applicano le norme in vigore.
Il provvedimento riguarda quindi soltanto gli immigrati illegali e soltanto coloro che si trovavano in India prima del dicembre 2014. Tutti gli altri appartenenti alle religioni di cui sopra potranno godere dello stesso privilegio in futuro soltanto se arriveranno in India con mezzi legali. Agli immigrati illegali, a qualunque religione appartengano, non verrà concesso alcun beneficio futuro. Secondo le opposizioni, la legge vìola i principi di laicità e di inclusività della Costituzione indiana e fa parte di un piano ben definito per emarginare i musulmani in India e consegnare la nazione nelle mani dei suprematisti hindu. Il governo ha chiarito che la legge non si applica in alcun modo ai cittadini indiani, che riguarda soltanto i rifugiati senza documenti che da anni vivono in India a e che fino a questo momento non potevano ottenere la cittadinanza e che è un modo per “aiutare coloro che hanno subito anni di persecuzioni in patria e non hanno alcun posto in cui andare tranne l'India”. Resta chiaro che nessuno impedisce agli ahmadi o agli sciiti, ai baloch o ai pashtun e i sindhi perseguitati in Pakistan, agli uiguiri perseguitati in Cina o ai rohingya di chiedere asilo seguendo i canali regolari: il Caa riguarda soltanto gli immigrati illegali che si trovano già in India, fatto che sfugge evidentemente ai più.
Perchè, in questo come in altri casi, ciò che importa non sono i fatti ma la narrativa. Centrata sulla vera o presunta agenda nefasta del governo Modi e sulla sua volontà di far diventare l'India una nazione hindu. Di convalidare cioè la cosiddetta "teoria dei due stati" (voluta dai musulmani) che ha portato alla creazione dello stato islamico del Pakistan. Pakistan che ha dichiarato, per inciso, di non essere affatto disponibile ad accogliere eventuali rifugiati di religione musulmana, provenienti dall'India o da altri stati limitrofi islamici o no e che ha anzi appena cacciato dal paese più di un milione di rifugiati afghani senza che nessuno battesse ciglio o gridasse allo scandalo.
Ma ormai, quando si parla dell'India, tutto viene letto, e quasi sempre a sproposito, in chiave "anti" o "pro" musulmano. Un provvedimento come quello che aboliva il cosiddetto triplo talaq, che permetteva ai musulmani di divorziare dalle mogli dicendo semplicemente "talaq" per tre volte rendendo di fatto le donne musulmane cittadine di serie B, avrebbe in teoria dovuto essere una battaglia della sinistra sostenuta da tutti i democratici. Invece, la sinistra è uscita dalla Camera sostenendo che il provvedimento violava i diritti dei musulmani. La prossima battaglia annunciata sarà quella sull'Uniform Civil Code. Tuttora difatti in India, a dispetto dei funerali per la presunta e defunta laicità del paese, ciascuna religione regola matrimoni e affini con un diverso codice di regole che valgono soltanto per gli appartenenti a quella religione e che di fatto creano cittadini (soprattutto cittadine) di serie A e di serie C. Avere regole comuni per ogni cittadino a prescindere da razza e religione dovrebbe essere considerato auspicabile in una repubblica laica. E invece, tempo fa, il Times UK, parlando di questo, titolava: "L'India vuole abolire la legge musulmana". Contribuendo così a leggere ogni singola legge o provvedimento in chiave pro hindu o anti musulmana, anche quando si tratta di provvedimenti che riguardano, o dovrebbero riguardare, semplicemente i cittadini come tali. Con buona pace dell'invocata laicità.