la storia

La fuga ungherese di Bolsonaro

Priscilla Ruggiero

Indagato dalla polizia, l'ex presidente brasiliano ha cercato rifugio da Viktor Orbán il mese scorso. I video del soggiorno nell'ambasciata di Budapest diffusi dal New York Times 

Cosa ci faceva l’ex presidente brasiliano Bolsonaro nell’ambasciata ungherese a Brasilia dal 12 al 14 febbraio scorsi? Lunedì il New York Times ha pubblicato alcuni filmati esclusivi che mostrano  l’arrivo di un’auto nera con a bordo Jair Bolsonaro  ai cancelli dell’ambasciata di Budapest nella settimana del Carnevale brasiliano: soltanto quattro   giorni prima  la polizia federale gli aveva confiscato il passaporto e aveva arrestato una coppia di suoi ex collaboratori con l’accusa di aver pianificato il tentativo di colpo di stato dell’8 gennaio 2022. L’ex presidente è rimasto nascosto due notti nella residenza dell’ambasciata, i video mostrano il personale ungherese che si aggira per i corridoi  portando lenzuola, cuscini e una caffettiera   mentre  l’ambasciatore Miklós Halmai   coordina personalmente il soggiorno di Bolsonaro. Secondo un funzionario dell’ambasciata, i diplomatici ungheresi avrebbero persino  chiesto allo staff brasiliano, in vacanza per il Carnevale,  di restare a casa per il resto della settimana. 

 

Dai video sui social è nato l’hashtag  “Bolsonaro fujão”, Bolsonaro in fuga,   l’opposizione ha subito accusato l’ex presidente  di aver tentato di evitare l’arresto rifugiandosi in un’ambasciata straniera  e secondo il quotidiano americano, che è entrato in possesso dei filmati, la permanenza presso l’ambasciata ungherese “suggerisce che l’ex presidente stesse cercando di sfruttare la sua amicizia con un altro leader di estrema destra, il primo ministro ungherese Viktor Orbán, nel tentativo di eludere il sistema giudiziario brasiliano mentre affronta indagini penali in patria”. La polizia brasiliana ha avviato un’indagine sulla base di quei video e ha chiesto a Bolsonaro spiegazioni. L’ex presidente ha subito dato conferma   al sito brasiliano Metrópoles: “Non negherò di essere stato nell’ambasciata…  non dirò dove altro sono stato. Ho una cerchia di amicizie con alcuni capi di stato in tutto il mondo. Sono preoccupati. Parlo con loro di questioni nell’interesse del nostro paese. Punto. Il resto sono speculazioni”. 

 

L’amico e capo di stato “preoccupato” per le sorti dell’ex presidente è Viktor Orbán, la loro amicizia non è nuova e   quattro giorni prima di offrirgli ospitalità nella sua ambasciata, quando   la polizia aveva sequestrato il passaporto dell’ex presidente, perquisito le abitazioni dei suoi ex ministri e arrestato alcuni suoi ex collaboratori, il premier ungherese aveva manifestato la sua solidarietà  pubblicando una foto Bolsonaro sui social insieme al messaggio: “Un patriota onesto. Continua a combattere, signor presidente!”. Non è un caso che Orbán lo chiami “presidente”, come non è un caso che quest’asse tra leader di estrema destra in paesi democratici includa anche Donald Trump, che ha incitato i  suoi sostenitori nell’assalto al 6 gennaio del  2021 così come sostenitori di Bolsonaro  hanno preso d’assalto  gli edifici governativi di Brasilia lo scorso anno. All’inizio di questo mese, la Corte suprema del Brasile  ha pubblicato alcuni  documenti che dimostrano che, dopo aver perso le elezioni del 2022, Bolsonaro ha presentato agli alti funzionari militari un piano per ribaltare i risultati.  Ma per  Orbán, Trump e Bolsonaro restano  due alleati fondamentali.   Nel loro ultimo incontro in Argentina, in occasione dell’insediamento di  Javier Milei,   Orbán aveva definito Bolsonaro un “eroe”, Bolsonaro invece lo aveva chiamato   “fratello”   nel 2022, nella prima visita a Budapest   di un presidente brasiliano,  una visita secondo molti inopportuna perché arrivata subito dopo quella a Mosca, pochi giorni prima della guerra in Ucraina. 

 

Bolsonaro in fuga non è una novità perché già lo scorso anno, alla vigilia dell’assalto dei suoi sostenitori alle istituzioni di  Brasilia, si era rifugiato in Florida, negli Stati Uniti, era intervenuto a un evento di trumpiani, poi era  tornato in patria dicendo che non avrebbe guidato “nessuna opposizione”. Ma ora teme l’arresto per quell’8 gennaio e lui stesso ha detto ai giornalisti durante il suo soggiorno in Florida di essere ossessionato da quanto accaduto all’ex presidente della Bolivia, Jeanine Añez, condannata a dieci anni di carcere per aver pianificato un colpo di stato nel 2019. Nemmeno l’ospitalità di Orbán è una novità: nel 2018 aveva concesso asilo a Nikola Gruevski, ex primo ministro macedone  accusato di corruzione e condannato a due anni di carcere.      Il 12 febbraio in un video Bolsonaro ha detto: “Voglio difendermi da tutte queste accuse”. Poche ore dopo era all’ambasciata ungherese   a chiedere aiuto al “fratello” Orbán.

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