Sicurezza europea. Gli allarmi su Isis-K e le nuove misure rafforzate
La minaccia islamista in Europa non è mai scomparsa. Quella del ramo afghano dello Stato islamico è la principale. Ma non è la sola. La Francia in massima allerta, l’Italia monitora
In quasi tutti i paesi europei già prima dell’attentato a Mosca di venerdì scorso l’Isis Khorasan (Isis-K), il ramo afghano dello Stato islamico, veniva indicato come la principale minaccia islamista sul territorio europeo. L’attacco al Crocus City Hall però ha costretto le autorità europee a innalzare le misure di sicurezza antiterrorismo. Per la Germania si tratta soprattutto di difendere lo svolgimento degli Europei di calcio, che iniziano fra poco più di tre mesi, e per la Francia i Giochi olimpici estivi di Parigi, che si aprono il 26 luglio. Tutte le principali agenzie d’intelligence, mentre il mondo era nel caos fra pandemia, Ucraina e medio oriente, sottolineavano come la minaccia jihadista in Europa non fosse mai scomparsa, anzi.
Nel 2023 gli attentati direttamente riconducibili all’estremismo islamico sono stati sei – il doppio rispetto ai tre dell’anno precedente – di cui cinque nell’Unione europea e un caso nel Regno Unito. Gli attacchi sono stati meno offensivi, i morti sono stati sei e sedici i feriti. Questo, unito alle notizie internazionali e alla guerra alle porte dell’Europa, ha contribuito a rendere gli attentati terroristici meno coperti a livello mediatico. Adesso però il timore degli analisti e delle agenzie d’intelligence europee è che l’attacco in Russia ispiri sostenitori di Isis-K all’estero, e anche in Europa. Già da tempo era stata rilevata una campagna di propaganda internazionale che mostrava la volontà del gruppo afghano di proiettarsi anche fuori dai confini delle operazioni terroristiche compiute finora, che si sono concentrate soprattutto in Afghanistan, Pakistan, Iran e Asia centrale. Il terrorismo islamico in Europa ha quasi esclusivamente una “connotazione endogena”, il che significa che i potenziali jihadisti prima di colpire risiedono già nei paesi europei da attaccare.
La ministra federale dell’Interno tedesca, Nancy Faeser, ha detto ieri che la minaccia terroristica in Germania “rimane acuta”, e ha citato i dati di Europol, l’agenzia per la cooperazione alla sicurezza dell’Unione europea, secondo la quale la minaccia di Isis-K non è l’unica. Sin dal 7 ottobre del 2023, il giorno dell’attacco contro Israele di Hamas, i tentativi di attacchi jihadisti in Europa sarebbero stati almeno otto. Sempre secondo i report di Europol, Hamas sta già usando la guerra nella Striscia di Gaza per “acquisire visibilità, coltivare contatti e reclutare la prossima generazione di militanti e jihadisti nell’Ue”, come dimostrato anche dal bureau dell’antiterrorismo cyber che ha notato un’offensiva di reclutamento esponenziale da meno di sei mesi da parte di gruppi come quello delle Brigate Ezzedin al Qassam, il movimento per il Jihad islamico palestinese e gruppi legati agli houthi. Alcuni arresti ci sono già stati: a dicembre le autorità tedesche hanno fermato quattro persone legate a Hamas sospettate di aver pianificato attacchi contro siti ebraici, ma altri arresti ci sono stati anche in Belgio, in Danimarca e in Italia.
Ieri il primo ministro francese Gabriel Attal ha deciso di elevare il piano antiterrorismo Vigipirate su tutto il territorio nazionale al livello di “Attacco di emergenza”, quello più alto su una scala di tre. E’ un passaggio obbligato, che l’Eliseo decide anche in relazione a grandi eventi terroristici geograficamente vicini: il livello massimo di allerta era stato dichiarato anche il 13 ottobre dell’anno scorso, dopo che un ventenne ceceno aveva accoltellato a morte un insegnante nel liceo di Arras, nel nord della Francia. Lo status emergenziale antiterrorismo era stato revocato soltanto il 15 gennaio scorso. Anche l’Italia si è attivata, con una riunione di emergenza del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica che si è svolta ieri al Viminale. Secondo il ministro Matteo Piantedosi, dal 7 ottobre scorso a oggi sarebbero state espulse “per motivi di sicurezza” 47 persone. Dalla riunione è emersa la necessità, già riportata nell’ultimo rapporto del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, di monitorare internet e social network per individuare sistemi di reclutamento e minacce concrete contro il territorio nazionale.