Sicurezza a rischio /1

I parlamentari italiani spiati dalla Cina e le interferenze che ancora non vediamo

Giulia Pompili

Nonostante le indagini di America, Regno Unito e Nuova Zelanda sullo spionaggio su larga scala del ministero della Sicurezza cinese, le interferenze di Pechino vengono sistematicamente minimizzate rispetto a quelle russe. Il governo che dice? Parlano Borghi (IV), Quartapelle (Pd) e Terzi (FdI)

Ieri sulle chat della Lega c’era chi minimizzava: era solo mailbombing, e comunque si tratta di un attacco di due anni fa, niente di serio. Eppure l’altro ieri le autorità americane e britanniche, alle quali si sono aggiunte poi quelle neozelandesi, hanno attribuito pubblicamente al ministero della Sicurezza di Pechino diverse operazioni di attacchi cyber avvenuti nel 2021 che hanno preso di mira non soltanto funzionari, giornalisti, aziende, attivisti pro-democrazia e il comitato elettorale inglese, ma pure  tutti i parlamentari che fanno parte dell’Ipac, l’alleanza interparlamentare sulla Cina.

Tra questi, ci sarebbero anche diversi parlamentari italiani, almeno sette. Il senatore Enrico Borghi e il deputato Roberto Giachetti, entrambi di Italia viva, hanno depositato alle due Camere un’interrogazione alla presidente del Consiglio, che ha sottoscritto anche la deputata del Partito democratico Lia Quartapelle, “per chiedere se sapevamo di questo hackeraggio”, dice al Foglio Borghi: “Si tratta di capire se questa notizia era stata trasferita ai nostri servizi d’intelligence e qual è la situazione adesso”. Due anni fa, in effetti, era arrivata da “una fonte estera” una prima informativa su un possibile monitoraggio e furto di dati da parte della Cina ai danni di parlamentari italiani, solo che dal punto di vista istituzionale e politico era stata dimenticata poco dopo.  Ma l’idea che esista uno stato straniero che profila dei parlamentari utilizzando cyberattacchi, “con buona pace di D’Alema che va a Pechino a celebrare la democrazia”, dice Borghi, non è per niente da minimizzare.

Per Quartapelle è importante rilevare che gli obiettivi siano tutti i parlamentari dell’Ipac, “vuol dire fare una lista di amici e non amici: è un segnale, quasi un avvertimento, e  per questo che serve una reazione da parte del governo esplicita che dica che non ignoriamo, non lasciamo correre sulle potenziali interferenze. Un tema su cui si discute ovunque pubblicamente, tranne che in Italia”. Oggettivamente, dice Borghi, “c’è un po’ di distrazione  sulla Cina, non so se sia una scelta voluta o frutto della confusione che si realizza a Palazzo Chigi soprattutto sui temi cyber e di cui abbiamo avuto già prova in due clamorose vicende”.


Borghi si riferisce prima all’incursione dei due comici russi al telefono con la presidente del Consiglio, e poi all’hackeraggio del suo profilo Instagram. “C’è il rischio di non comprendere che in realtà il tema della postura ostile nei confronti dell’occidente si articola su tre livelli: Russia, Cina e Iran”, dice Borghi. E se la Lega minimizza, però, la questione hackeraggi, dicendo che tecnicamente si trattava solo di un’intrusione che rilevava indirizzi Ip e localizzazione delle vittime, insomma attacchi dalle scarse potenzialità, dentro la maggioranza c’è chi pensa che la vicenda vada presa “in estrema considerazione”. Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri e senatore di Fratelli d’Italia, non si preoccupa molto delle intrusioni sui suoi computer e smartphone (“Quando ero a Washington, c’era il caso di Cambridge Analytica, e veniva fuori spesso il tema: ‘Non hai paura che ti ascoltino?’, io rispondevo sempre: ‘Ho la certezza che mi ascoltino’”), ma teme molto più la strategia dei paesi ostili di oggi, quella della raccolta dati, la pesca a strascico che il ministero della Sicurezza cinese fa su chiunque abbia un profilo di minimo interesse per Pechino.  Con quei dati  “i nostri antagonisti possono fare ben di peggio”.

America, Regno Unito e Nuova Zelanda nei giorni scorsi hanno rivelato un sistema di spionaggio molto sofisticato, che oltre all’intelligence e al furto di segreti industriali, politici e di sicurezza, si accompagna a misure intimidatorie e repressive nei confronti dei dissidenti e della diaspora cinese. “Tutto questo è inaccettabile e richiede una risposta compatta e precisa”, dice Terzi. Anche da parte del governo Meloni? “Sono fiducioso che venga trattata con grande serietà e chiara focalizzazione di quel che è la minaccia. Se esiste questa forte  preoccupazione  tra i nostri paesi alleati, vuol dire che bisogna mantenere una soglia di attenzione molto alta anche qui”. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.