Guerra ibrida
La Francia cerca alleati in Italia contro influenze e disinformazione
Parigi vorrebbe lavorare con noi, che siamo indietro anni luce. Si è già tenuta la prima riunione al ministero della Difesa. Le proposte di Dreosto (Lega) e Borghi (IV)
La Francia vuole provare a lavorare con il governo italiano sul tema della disinformazione, delle influenze straniere e della cosiddetta infowar che viene dalla Russia sul breve periodo, e dalla Cina sul lungo periodo. Già da due anni all’Eliseo si parla dell’influenza di paesi ostili come una delle minacce principali alla sicurezza nazionale, e nel 2021 il governo ha istituito l’agenzia Viginum, e poi la task force interministeriale sull’informazione, con Difesa, Esteri e Viginum. Fino a qualche tempo fa la strategia per combattere la disinformazione russo-cinese è stata quella di reagire alle fake news, ma già da tempo (soprattutto fuori dall’Europa) l’approccio è cambiato: dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia e la crisi in medio oriente è stata evidente la necessità di creare strutture agili capaci di “vincere la guerra prima della guerra”, spiegano fonti della Difesa francese al Foglio.
Vuol dire arrivare prima sulla battaglia della percezione dei conflitti, combattere la disinformazione facendo non solo de-bunking – cioè smentendo le notizie false della propaganda dei paesi ostili – ma anche pre-bunking, cioè costruendo una comunicazione strategica funzionale e veritiera non solo rispondendo passivamente agli attacchi, ma diventando proattivi. “Se lasci un vuoto – anche di informazioni – Russia e Cina lo riempiono”, spiega la fonte del Foglio. E quindi è necessaria un’attività di monitoraggio dei periodi “sensibili”, quando la disinformazione colpisce (per esempio, elezioni europee, americane, l’anniversario della guerra, la rielezione di Putin) e trovarsi pronti: quando in Mali le truppe Wagner stavano costruendo una fossa comune per accusare i francesi di crimini di guerra durante il loro ritiro, la Difesa francese trovò il modo di filmare quella costruzione, e offrire prove incontrovertibili della costruzione di una fake news.
Solo che per fare questo sistematicamente servono soldi, credibilità, e un ecosistema comune, dicono a Parigi. Proprio per questo ieri c’è stata la prima missione della Difesa francese a Roma per parlare con gli omologhi italiani di “terreni comuni”: se c’è consapevolezza fra i paesi europei sul fatto che per battere Mosca sul campo di battaglia è necessario un certo grado di cooperazione, lo stesso deve accadere nella guerra delle informazioni. Difficile, però, pensare che il governo francese trovi lo stesso grado di consapevolezza a Roma sulle sfide del futuro.
Il 5 marzo scorso Marco Dreosto, senatore della Lega, ha proposto una legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle ingerenze esterne nei processi democratici italiani, sul modello della commissione Inge al Parlamento europeo – un atto che ha trovato interesse nelle ambasciate occidentali a Roma, ma diversi osservatori hanno sollevato almeno due criticità: il fatto che a proporla fosse un senatore della Lega, il cui leader spesso rilancia la propaganda russa, e la reale agilità e immediatezza dei lavori delle commissioni parlamentari (la proposta di Dreosto non è stata ancora nemmeno calendarizzata). Per la Difesa francese il fatto di andare a parlare direttamente con i partner europei come l’Italia di disinformazione, scavalcando piattaforme più istituzionali come la Nato, il G7 o l’Eu, risponde alla necessità di trovare risposte comuni subito, non domani, ma adesso. Il senatore di Italia Viva Enrico Borghi presenta in questi giorni un disegno di legge per l’istituzione di una Agenzia per la disinformazione e la sicurezza cognitiva. Un’agenzia con una struttura molto più vicina al modello francese, già collaudato, e con una denominazione precisa, ma con un problema: dovrebbe lavorare a stretto contatto con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, quella lanciata nel 2021 e che però, secondo diversi esperti, ancora oggi ha una struttura un po’ confusa e non sarebbe sufficientemente attrezzata per lavorare in concreto al contrasto delle minacce cyber.