L'editoriale dell'elefantino
Psyco Cremlino: Putin e Patrushev sul lettino dello psicoanalista
“Il disturbo paranoide di personalità” diagnosticato da “uno bravo”. La patologia psichica dello zar sembra spiegare molto dell’orizzonte geopolitico
La questione va approfondita. Quale questione? Quella di Putin e del suo fido Patrushev. Cioè? Bè, diciamo che oltre un certo limite la linea di separazione tra percezione ordinaria e controllata della realtà e azione politico-diplomatica delirante, esercizio sistematico della violenza verso gli altri, conduzione opaca o dark della cosa affidata al tuo controllo, oltre un certo limite, si diceva, non solo la storia, non solo la geografia, non solo la conta delle variabili appunto politiche, anche la psichiatria può aiutare. Più che Limes, Psiches.
Bisognerà parlarne con uno bravo, come si dice. Intanto però, in attesa di un vero consulto, basta anche una scheda dal sito internet “uno bravo”. A leggere la informativa divulgativa, niente di così serioso, riguardante “il disturbo paranoide di personalità”, anche nelle sue varianti di “disturbo istrionico della personalità” e di “disturbo narcisistico”, impressiona la perfetta sovrapponibilità della descrizione tipologica, che non è certo una diagnosi personale, alla condotta dei due capi russi summenzionati, due tipi che hanno intrapreso una guerra di aggressione rivolta all’Europa e all’occidente, hanno legittimato stragi di coscritti e mercenari in quantità, hanno militarizzato l’economia, hanno fondato sulla gestione della sicurezza contro il terrorismo islamista il loro potere moscovita, poi hanno archiviato come maldicenza un avviso della Cia su un imminente attentato a un concerto, infine hanno cominciato a dire che il mandante dell’Isis tagiko e afghano è ucraino, anzi addirittura Nato, Usa e Regno Unito addestratori secondo l’Fsb ex Kgb, e che seguirà una vendetta, sì, tremenda vendetta, mentre volano i missili ipersonici in direzione delle grandi città nemiche e campeggiano le torture agli attentatori in tribunale come scalpo per l’opinione interna giustamente terrorizzata.
Ce n’è abbastanza per procedere a una rapida lettura dei caratteri del disturbo. Siamo protagonisti della grande politica, siamo presidenti eletti al 90 per cento, siamo gente di successo e di risorse, siamo un’investitura carnale del potere, siamo imperatori o zar, tutto quello che volete, e abbiamo diritto di considerare l’89 la più grande tragedia geopolitica del mondo dopo il 1945, per carità, ma siamo anche uomini, abbiamo tutti una personalità, i suoi recessi costruiti sul trauma dell’infanzia, la povertà, i topi da cacciare, la carriera come spie professionali, l’orgoglio di avercela fatta, il lifting che parla da solo, l’isolamento bestiale, e un quarto di secolo di potere praticamente illimitato tra una guerra e l’altra, tra un avvelenamento e un agguato a chi non è d’accordo. Insomma Putin e Patrushev sono anche esseri umani e come tali possono essere esaminati con l’aiuto della psichiatria. Senza esagerare, perché altrimenti li mettiamo nel manicomio criminale ideale come loro facevano con i dissidenti in quello reale, e non è giusto vilipendere un capo di stato per quanto avversario del nostro minimo comune denominatore democratico e liberale, con tutte le sue ambiguità, ma anche senza trascurare l’elemento evidentemente patologico del suo e loro recente e meno recente comportamento.
Dunque. Dice quello bravo che i criteri diagnostici del disturbo paranoide di personalità DM5 sono “i pensieri pervasivi di diffidenza e sospetto verso gli altri in assenza di reali minacce, che portano a interpretare gli eventi e i comportamenti delle persone in modo ostile, umiliante e malevolo”. Anche l’istrione o il narcisista “può avere contemporaneamente una diagnosi di personalità paranoide” (e qui il pensiero corre al parallelo con l’amico americano di Putin, Donald Trump, e con la sua campagna di fiancheggiamento). Non si deve ricorrere a stereotipi: tutti abbiamo letto “Il mago del Cremlino”, superbo ritratto di una pazzia machiavellica ben sviluppata e sapientemente controllata dal titolare, e dunque va ricordato con “uno bravo” che “nel disturbo paranoide di personalità le allucinazioni, a differenza della schizofrenia, sono assenti”. Come riconoscere il disturbo, magari portandosi avanti col lavoro ai primi segni di manie deliranti come la vendetta per l’attentato attribuito all’Ucraina, agli americani e agli inglesi che avevano avvertito del suo imminente avvento? Il paranoico “sospetta, senza un reale motivo, di essere sfruttato, danneggiato o ingannato e dubita della lealtà di amici e colleghi”. Rilutta “a confidarsi con altri a causa di un timore ingiustificato che le informazioni possano essere utilizzate contro di lui”. “Porta costantemente rancore”, “percepisce attacchi al proprio ruolo o reputazione non evidenti agli altri ed è pronto a reagire con rabbia e a contrattaccare”.
Più ci si inoltra nella descrizione della patologia, più ci si sente a casa in senso geopolitico, sembra di stare in un talk-show con quel bel tomo che vuole bombardare Londra e incenerirla e lo dice in prime time, sembra di vedere Putin alle prese con il capo mercenario che marcia su Mosca per poi arrendersi ed esplodere in volo, sembra di stare alla Duma o al Cremlino, nel dipartimento di informazioni delle Marie Zacharove o intorno a quei lugubri tavoli bianchi e altre scenografie dell’inferno della psiche. Poi si arriva all’eziologia multifattoriale: il disturbo dipende da una combinazione di fattori sociali, genetici e psicologici. Bè, chiaro, lo si sapeva, ma non è che questi fattori per Putin e Patrushev sono automaticamente sospesi. Saranno il nuovo zar e il suo boiardo, meritano rispetto e forse anche venerazione, ma questi Ivan sono psichiatricamente terribili, quando si comportano a quel modo.