le strategie del Dragone
Il bluff di Pechino sull'economia forte
Xi Jinping ospita i grandi leader del business americano. Ha bisogno di loro, ma a quali condizioni?
“L’economia cinese è sana e sostenibile”, ha detto ieri il leader cinese Xi Jinping ai suoi ospiti americani nella Grande sala del Popolo di Pechino, dove lo attendevano una ventina di rappresentanti del business americano, arrivati nella capitale per il China Development Forum, seguito da una cena “speciale”, un secondo tempo dell’incontro di Xi con il business americano dell’anno scorso, durante la sua visita a San Francisco.
Oltre a Stephen Orlins, presidente del Comitato nazionale per le relazioni tra America e Cina e a Craig Allen, presidente del Business Council Usa-Cina – da sempre due delle organizzazioni lobbistiche più importanti quando si parla di business tra Washington e Pechino – erano presenti i capi di colossi americani come Stephen Schwarzman, presidente e ad di Blackstone, Cristiano Amon, ad di Qualcomm, e poi Mark Carney di Bloomberg, Evan Greenberg della compagnia assicurativa Chubb e Raj Subramaniam di FedEx. Xi Jinping ha ribadito che lo scorso anno il tasso di crescita della Cina è stato uno dei più rapidi delle principali economie, che le riforme e l’apertura del paese non si fermeranno e che sebbene lo sviluppo cinese non sia “al suo picco” adesso, tra sfide e difficoltà, comunque non si fermerà. E’ il buon auspicio della leadership cinese, che sta cercando di attirare gli investimenti stranieri necessari per raggiungere il target di crescita al 5 per cento, e ha bisogno di quelli americani per dire – come hanno fatto ieri i media di stato: guardate, le persone vogliono fare affari con la Cina, è la vostra leadership che ce lo vieta. Ma da almeno quattro anni la Cina non è più al centro dei pensieri del business occidentale, e il processo di de-risking e di delocalizzazione è ormai iniziato per delle ragioni che riguardano la politica autoritaria (e quasi mai reciproca) di Xi: prima la politica Zero Covid con forti limitazioni anche nella produzione industriale, e poi la repressione imposta sulle imprese private e la paura dell’arbitrario utilizzo delle leggi sulla sicurezza nazionale.
Secondo il Wall Street Journal, gli investimenti stranieri in Cina sono diminuiti dell’8 per cento nel 2023 rispetto all’anno precedente, e il calo è aumentato nei primi due mesi di quest’anno, arrivando a -19,9 per cento. L’Amministrazione Biden sta mantenendo un approccio molto duro contro la Cina per quanto riguarda sicurezza e difesa dei diritti umani, ma vuole continuare a parlare, in modo diplomatico, con Pechino: è anche questa la funzione dei leader del business americano, tenere aperto un canale di comunicazione con la consapevolezza, però, che il mondo è cambiato, l’èra post Guerra fredda è finita, siamo in quello che il New York Times chiama “il nuovo nuovo mondo”. Xi però deve esaltare la diplomazia commerciale, perché quando usa quella più politica si mostra per quello che è, un leader di un paese che ha ambizioni globali. Ieri il suo secondo ospite era il primo ministro olandese Mark Rutte, che da tempo ha limitato l’esportazione di semiconduttori alla Cina per ragioni di sicurezza. “Nessuna forza può fermare il ritmo dello sviluppo e del progresso scientifico e tecnologico della Cina”, avrebbe detto Xi. Una dichiarazione che è suonata come una minaccia.