europa ore 7
Chi guida il sostegno Ue sull'Ucraina e perché la paura di Scholz avvantaggia Putin
Il presidente ceco Pavel e quello francese Macron cercano munizioni e risorse per Kyiv. Ma senza Berlino il successo della coalizione dei volenterosi è a rischio
Questo è un estratto di Europa ore 7, la newsletter settimanale di David Carretta. Per riceverla gratis ogni lunedì ci si iscrive qui.
La capacità dell'Unione europea di tenere testa alla Russia nella guerra in Ucraina potrebbe dipendere dalla concretezza di un ex generale e dalla capacità di visione di un ex banchiere. Il primo è Petr Pavel, presidente della Repubblica ceca, che è riuscito al contempo a umiliare e risollevare le sorti dell'Ue, annunciando a febbraio di aver trovato 800 mila proiettili di artiglieria per l'Ucraina a corto di munizioni. Il secondo è Emmanuel Macron, presidente della Francia, che oggi appare come il leader europeo più determinato a infliggere una sconfitta strategica a Vladimir Putin per preservare la sicurezza dell'Europa. Il primo, con la collaborazione del governo di Petr Fiala, ha messo in piedi una coalizione di volenterosi che sta contribuendo finanziariamente alla colletta necessaria a comprare le munizioni fuori dall'Ue. Il secondo, aprendo una frattura con Germania e Italia, sta costruendo una coalizione di volenterosi politici con i paesi nordici, baltici e dell'est (compresa la Repubblica ceca) che potrebbe costituire il nucleo del sostegno di lungo periodo all'Ucraina. Le coalizioni dei volenterosi basteranno a compensare le carenze dell'Ue? Saranno sufficienti a riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti? Resisteranno al possibile terremoto delle elezioni di giugno? La risposta si trova a Berlino.
Quando alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Pavel ha detto di aver trovato 800 mila proiettili di artiglieria per l'Ucraina fuori dai paesi dell'Ue è stato un momento di vera umiliazione per l'Ue. Un anno fa i ventisette avevano annunciato in pompa magna un piano per fornire un milione di munizioni entro la fine di marzo 2024, auto congratulandosi per quello che i leader dell'Ue avevano definito “un momento storico” per i progetti di difesa comune. Un anno dopo, alla scadenza, i paesi europei sono riusciti a mantenere metà della promessa, adducendo ogni tipo di scuse: non c'è capacità di produzione sufficiente nell'Ue; c'è capacità, ma un terzo delle commesse sulle munizioni finisce nei paesi del Golfo; gli accordi quadro per gli acquisti congiunti sono stati conclusi, ma i contratti non vengono firmati dagli stati membri; non c'è da preoccuparsi perché alla fine dell'anno saranno consegnati 1,2 milioni di proiettili di artiglieria, più dell'obiettivo iniziale. “Umiliazione per l'Europa” è l'espressione usata dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, all'ultimo Consiglio europeo. Per nascondere il fallimento, nelle conclusioni adottate dai leader è entrato il piano di Pavel che “consentirà di onorare rapidamente l'impegno dell'Ue di fornire all'Ucraina un milione di munizioni di artiglieria”.
Il difetto del piano dell'Ue per un milione di munizioni era all'origine. Su insistenza della Francia, gli acquisti congiunti di munizioni dovevano essere effettuati in Europa. L'errore è stato di dare priorità al rafforzamento dell'industria della difesa dell'Ue, invece di guardare all'urgenza della situazione sul campo di battaglia. Qui è entrato in gioco il generale Pavel, con la sua efficienza di soldato e i suoi contatti di presidente del Comitato militare della Nato. Il generale estone, Neeme Väli, ha raccontato come Pavel abbia utilizzato il suo background militare per trovare le munizioni fuori dall'Ue. Nel frattempo gli 800 mila proiettili calibro 122 e 155 mm trovati dalla Repubblica ceca sono diventati potenzialmente 1,5 milioni. “Possiamo fare molto di più del numero inizialmente annunciato”, ha detto il ministro degli Esteri ceco, Jan Lipavský.
Le prime consegne potrebbero avvenire nel corso di questo mese di aprile per poi espandersi nel corso dell'anno. Ma ancora una volta l'Ue è assente o irrilevante. Nonostante molteplici rassicurazioni dell'Alto rappresentante, Josep Borrell, le regole attuali non permettono di usare la European Peace Facility. Solo una quindicina di stati membri dell'Ue hanno aderito alla colletta. La Germania ha atteso il 21 marzo per annunciare uno stanziamento da 300 milioni, poco più del Belgio e dei Paesi Bassi. L'Italia e la Spagna sono assenti dall'elenco ufficiale dei contributori. La Francia ha aderito, ma senza specificare l'ammontare del suo contributo.
Per Macron, aderire a un piano che prevede di comprare munizioni fuori dall'Ue è già rompere un tabù. Un altro è stato violato quando la Francia ha dato il via libera alla possibilità di acquistare armi e munizioni fuori dall'Ue con la riforma della Europea Peace Facility, anche se solo dopo una verifica che non si può fare altrimenti. Dall'inizio dell'anno il presidente francese ha cambiato radicalmente la retorica sulla guerra in Ucraina. La conferenza organizzata a fine febbraio all'Eliseo era già di per sé una coalizione di volenterosi. La sua decisione di non escludere l'invio di soldati sul terreno ha provocato le ire di Berlino e Roma, ma è stata apprezzata dai paesi nordici, baltici e alcuni dell'est. I tabù si rompono nelle due direzioni: Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Repubblica ceca, che non avevano mai sostenuto i piani per la difesa europea perché concorrenti con la Nato e l'ombrello di protezione americano, oggi sostengono le iniziative di Macron per l'autonomia strategica dell'Ue.
Macron è spesso (e giustamente) accusato di non trasformare le parole in fatti. Era stato lui il primo a parlare di economia di guerra nel giugno del 2022. La Francia ha annunciato la fornitura all'Ucraina di 78 cannoni Caesar, ma è disposta a comprarne solo 12 (gli altri devono trovare finanziatori esterni). Macron è di fronte a un problema insormontabile: lo stato delle finanze pubbliche francesi non gli consente di mettere in pratica ciò che predica in termini di sostegno all'Ucraina. L'Ue potrebbe compensare i problemi finanziari, lanciando uno strumento di debito comune. La premier estone, Kaja Kallas, ha proposto Eurobond per l'Ucraina e l'industria della difesa per 100 miliardi di euro. La Francia e diversi altri stati membri hanno sostenuto il piano Kallas, che potrebbe prendere la forma di debito comune sostenuto dalle garanzie degli stati membri (il modello è lo strumento Sure adottato durante la pandemia). Ma all'ultimo Consiglio europeo la Germania e i Paesi Bassi si sono opposti.
Alla fine si ricade sempre lì. Anche la potenza militare e geopolitica dipende dai soldi. E l'unica potenza finanziaria nell'Ue oggi è la Germania (gli altri paesi con un debito basso sono troppo piccoli). Il governo di Olaf Scholz è il primo in Europa e il secondo al mondo per aiuti militari all'Ucraina. Ma la qualità e il tempismo contano tanto quanto la quantità di soldi. E il cancelliere Scholz continua a farsi guidare dalla paura. Paura di un conflitto diretto con la Russia. Paura di un'escalation nucleare. Paura di restare senza gli Stati Uniti a fornire una copertura politica e militare agli europei. Paura delle elezioni quando i partiti di estrema destra ed estrema sinistra potrebbero capitalizzare la stanchezza della guerra. La “Zeitenwende” della paura di Scholz non c'è ancora stata. E la paura di Scholz è diventata il grande vantaggio strategico di Putin in Ucraina.