Israele colpisce in Siria e uccide un generale iraniano
Durante l'attacco vicino all'ambasciata di Teheran a Damasco sono morti cinque pasdaran, tra loro c'era anche Mohammad Reza Zahedi che ha segnato la storia della guerra contro lo stato ebraico dal Libano. L'esercito israeliano cambia strategia
A Damasco è stato colpito un edificio vicino all’ambasciata iraniana, mentre al suo interno si teneva un incontro tra i membri delle Guardie della rivoluzione. L’edificio era la sede di queste riunioni assidue in cui sono spesso stati progettati attacchi contro Israele, e ieri al suo interno c’erano figure importanti, come Mohammad Reza Zahedi, che è stato a capo delle forze al Quds in Siria e in Libano, principale responsabile dei rapporti con Hezbollah in Libano e con le milizie filoiraniane in Siria. Nell’edificio c’era parte della struttura portante della guerra dell’Iran contro Israele. La Siria e l’Iran hanno subito accusato lo stato ebraico, che non ha smentito e non avrebbe ragioni per non essere interessato a un attacco tanto duro che ha portato all’eliminazione di una figura centrale e la cui importanza era anche superiore a quella di Razi Mousavi, il generale pasdaran ucciso a dicembre dello scorso anno, uomo fidato di Qassem Suleimani che di questa catena di comando è stato l’ispirazione. Zahedi era un pilastro delle forze al Quds, sanzionato dagli Stati Uniti, ha protetto il dittatore siriano Bashar el Assad, ha armato i gruppi che minacciano Israele, ha gestito le informazioni di intelligence fra Teheran e le sue milizie che per numero e arsenali ormai sono dei veri eserciti. La Siria e l’Iran, subito dopo l’attacco, hanno promesso una risposta dura contro l’“entità sionista”, e gli attacchi dal Libano contro Israele hanno cominciato a farsi intensi contro quel confine che da mesi è più pericoloso del sud a ridosso della Striscia di Gaza perché Hezbollah è ben armato, è organizzato, ha costretto lo stato ebraico a evacuare le città senza poter dare una prospettiva di ritorno ai suoi cittadini.
Dopo l’attacco a Damasco, girava una foto che ritraeva Zahedi e Suleimani molto più giovani e in compagnia di un altro generale iraniano, Ahmad Kazemi, di un comandante di Hezbollah, Imad Mughniyeh, e del capo attuale dei miliziani del libano Hassan Nasrallah: sono tutti morti tranne l’ultimo, che vive in un bunker. Israele ha intensificato la sua politica di risposta contro l’Iran ed è la seconda volta in quattro giorni che colpisce in Siria. Gli attacchi si sono fatti più forti, frequenti e tutto è considerato un obiettivo. Nelle ultime settimane, gli israeliani avevano fatto capire che non avevano più intenzione di considerare gli attacchi dei gruppi armati che lo circondano come indipendenti dalla volontà iraniana: se Hezbollah colpisce è perché Teheran vuole; se un drone parte dall’Iraq contro la città israeliana di Eilat e danneggia una base navale, come accaduto domenica notte, è perché l’Iran lo ordina e Gerusalemme non vuole più ignorarlo.
Venerdì, dopo l’attacco ad Aleppo che aveva colpito un quartier generale di Hezbollah, il ministro della Difesa Gallant aveva detto che Tsahal è pronto a espandere la sua campagna “dovunque”. Gli Stati Uniti lo sanno e probabilmente è anche di questo che ha parlato Gallant durante il suo viaggio a Washington la scorsa settimana. La guerra sta cambiando e cambiano anche le trattative con Hamas: secondo Axios, Israele è pronto ad ammorbidire le sue condizioni sul ritorno dei civili palestinesi a nord della Striscia di Gaza.