La Cina terrorizza i turisti per imporre la sua autorità su Taiwan
A Kinmen, l'isola più vicina alla Repubblica popolare cinese, Taipei sempre più spesso è costretta a fare i conti con navi da pesca illegali cinesi. Lo "status quo” che tutti vogliono preservare è stato modificato definitivamente
Roma. Il mese scorso ventitré persone e undici membri dell’equipaggio erano su un traghetto turistico che faceva un tour delle isole Kinmen, controllate da Taiwan ma situate a soltanto 39 chilometri dalla città costiera cinese di Xiamen. Il traghetto è stato prima raggiunto da una imbarcazione della Guardia costiera cinese, poi sei militari sono saliti a bordo, hanno ispezionato per trenta minuti i documenti di navigazione e quelli personali dei passeggeri, poi hanno scortato il traghetto fino al porto di Shuitou, sull’isola di Kinmen, accusandolo di aver sconfinato nelle acque territoriali cinesi. In un reportage pubblicato dal media taiwanese United Daily News, un passeggero ha raccontato la paura di quella mezz’ora: “Credevamo che non ci avrebbero mai più permesso di tornare a Taiwan”. L’incidente, il primo di questo genere, è il segno di una escalation nelle intimidazioni cinesi che si concentrano soprattutto sulle isole taiwanesi più vicine alla costa della Repubblica popolare. La settimana precedente due pescatori cinesi sono morti annegati dopo che il loro motoscafo si è rovesciato durante un inseguimento da parte della Guardia costiera taiwanese, che li accusava di aver sconfinato nelle acque intorno a Kinmen: l’incidente aveva provocato le accuse da parte di Pechino, ma poi i due paesi avevano unito le forze per cercare i resti dei pescatori.
Sempre più spesso Taiwan è costretta a fare i conti con navi da pesca illegali cinesi e imbarcazioni della Guardia costiera cinese che stazionano in acque taiwanesi anche per “testare” tatticamente la reazione della controparte di Taipei. Secondo diversi analisti, la strategia di Pechino è quella di continuare con piccoli episodi simili, poco rilanciati dai media internazionali, avanzando ogni volta una pretesa in più – anche qualche centimetro di acque territoriali in più – rendendo poi più facile la resa di Taiwan. Secondo una fonte diplomatica taiwanese, che preferisce restare anonima, la Cina sfrutta i momenti di distrazione dell’occidente, tra l’Ucraina e il medio oriente, per testare Taiwan e spostare l’asticella impercettibilmente sempre più in là. E’ per questo che Taipei sta facendo di tutto per internazionalizzare la sua situazione, e vincere la guerra della narrazione prima che Pechino decida per un’invasione su larga scala o un accerchiamento politico ed economico.
Lunedì scorso Hsiao Bi-khim, la vicepresidente eletta di Taiwan, per la prima volta è entrata nel Parlamento europeo accolta dalla prima vicepresidente Othmar Karas. Un messaggio molto chiaro alla Cina, e una nuova normalità nei rapporti: una delegazione di parlamentari europei è poi partita per Taipei. La diplomazia fra Taiwan ed Europa si è rafforzata dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, con la consapevolezza che la Cina potrebbe essere la Russia del futuro: la prassi del business (l’anno scorso 29 accordi di collaborazioni firmati con paesi dell’Ue, e che riguardano diversi settori, dalla tecnologia all’agricoltura) è diventata anche una prassi diplomatica. Sebbene tutti i governi europei considerino fondamentale “il mantenimento dello status quo” nello Stretto, negli ultimi mesi le pressioni cinesi contro Taiwan si stanno intensificando, segno che questa apertura di Taiwan al resto del mondo democratico infastidisce più che mai Pechino. L’isola che la Repubblica popolare cinese rivendica come proprio territorio, anche se il Partito comunista cinese non l’ha mai governata, oggi comincia a temere però che al di là delle staffette delle delegazioni parlamentari a Taipei – da tutta Europa, anche dall’Italia: l’ultima guidata da Gian Marco Centinaio a giugno dello scorso anno, la prima dal 2016 – e delle dichiarazioni generiche sullo status quo, la Difesa di Taiwan sarà in capo soltanto a Taiwan stessa, America e forse Giappone.
Martedì prossimo, il comando di Difesa di Kinmen dell’esercito taiwanese inizierà delle esercitazioni militari a fuoco vivo sulle isole più vicine alla Repubblica popolare, quelle di Kinmen, Lieyu, Menghu e Houyu. Il portavoce dell’ufficio cinese delegato agli affari di Taiwan, Chen Binhua, ha detto che se queste esercitazioni siano davvero “di routine” o se costituiscano una provocazione “mirata” non importa, perché “sono ben consapevoli nel loro cuore” dei “problemi che causeranno”. La scorsa settimana il vicesegretario di stato americano, Kurt Campbell, che supervisiona gran parte della politica asiatica americana (è lui il vero autore del famoso “Pivot to Asia” dell’ex presidente Barack Obama) ha parlato al telefono con il viceministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu. Secondo il resoconto pubblicato dal dipartimento di stato, Campbell avrebbe sottolineato con il suo omologo cinese “l’importanza di mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, nel Mar cinese meridionale e nella penisola coreana”. Il giorno seguente, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha detto che il viceministro Ma avrebbe risposto con la formula di rito che può essere riassunta così: siete voi a creare tensioni, fatevi i fatti vostri, Taiwan, come Hong Kong, come il Mar cinese meridionale, è nostro territorio. Ieri infine, c’è stata una conversazione telefonica tra i presidenti, Joe Biden e Xi Jinping. Hanno discusso di commercio, ma anche dell’alleanza cinese con la Russia e delle attività cinesi contro Taiwan e nel Mar cinese meridionale.