A Bruxelles
Salvini usa pure il caso Pfizer-Von der Leyen per mettere in difficoltà Meloni
Con un tempismo non indifferente, la procura europea mette ombre sulla ricandidatura della numero uno della Commissione Ue. Per i leghisti è la giusta occasione per allargare la crepa nella maggioranza italiana
Bruxelles. La corsa di Von der Leyen verso la riconferma si fa sempre più complicata. Il ritorno di una vecchia indagine, quella sugli Sms segreti tra la presidente della Commissione Ue e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, si trasforma nell’ennesimo ostacolo a una campagna su cui molti iniziano a dubitare. Con tempismo ideale infatti, a meno di tre mesi dal voto, l’indiscrezione della procura europea riesuma un cavallo battaglia delle forse “anti Ursula” e a Bruxelles in molti si chiedono se ci sia una “manina” che vuole inguaiare la presidente della Commissione.
La Procura Europea (Eppo) ha fatto sapere lunedì mattina di aver preso il posto dei procuratori belgi nelle indagini sulle accuse di illecito penale in relazione alle trattative sui vaccini, scagliando una bomba di fango proprio su quello che la presidente della Commissione considera il più grande successo della sua amministrazione: la campagna vaccinale Ue. L’indagine però non è nuova, le autorità giudiziarie belghe l’avviarono infatti all’inizio del 2023 dopo una denuncia presentata dal lobbista Frédéric Baldan. Contemporaneamente il New York Times, che per primo aveva rivelato che lo scambio di Sms avvenne mentre i due discutevano i termini dell’accordo tra l’Ue e il colosso tedesco, avviò una causa parallela contro la Commissione dopo che questa si rifiutò di rivelare il contenuto dei messaggi nonostante la richiesta di accesso presentata dal giornale americano.
Sul carro dell’indagine salirono subito i governi di Budapest e Varsavia, i due arcinemici di allora della Commissione Ue, che tuonarono contro la mancanza di trasparenza della leader della Commissione. Accuse condivise anche dalla destra italiana di Lega e FdI firmatari di interrogazioni parlamentari e dichiarazioni di sfiducia alla Presidente della Commissione. Il team di Von der Leyen scelse però la strada del silenzio e le accuse col tempo si infransero sui muri dei “no comment” della Commissione Ue, che da un anno a questa parte si è sempre rifiutata di pubblicare i presunti sms o di commentare la vicenda. Ma dall’inizio delle indagini a oggi la geografia delle alleanze europee è leggermente cambiata, a Varsavia ora siede il governo Donald Tusk, stretto alleato di Von der Leyen che infatti sullo scandalo vaccini tace. Silenzi anche dagli eurodeputati di Fratelli d’Italia, che fino all’estate invece avevano più volte accusato la Commissione sulla questione vaccini. Da mesi infatti Giorgia Meloni ha scelto di non attaccare più la presidente della Commissione Ue, linea che però nelle scorse settimane, da quando la riconferma della tedesca non sembra più così certa, la premier porta avanti con sempre più fatica e che su un tema come i vaccini, su cui Meloni ha recentemente strizzato l’occhio a posizioni critiche, potrebbe anche accartocciarsi del tutto.
Dal fronte Lega intanto sono tornate a volare accuse su Von der Leyen: “Continua a tacere sulla questione e fare finta di nulla su una questione di trasparenza, valore su cui si dovrebbe basare tutto l’operato dell’Ue”, spiega la delegazione del Carroccio in una nota. Per i leghisti infatti l’occasione è ghiotta per allargare la crepa nella maggioranza italiana aperta dalle accuse di Marine Le Pen, alleata in Europa di Salvini, che aveva descritto la premier Meloni come ormai troppo vicina a Von der Leyen, etichetta che Meloni vuole subito scrollarsi di dosso.
Ma se per il fronte sovranista l’apertura dell’indagine è una conferma alle proprie parole anche per gli arcinemici di Ursula il tempismo è sospetto: “Qualcuno vuol far male a von der Leyen e visto che noi nelle istituzioni Ue non abbiamo incarichi non possiamo essere noi”, confessa al Foglio un esponente della famiglia sovranisti Ue. Dall’annuncio della sua intenzione a ricandidarsi infatti sulla presidente della Commissione è iniziato a piovere fuoco amico dalla sua maggioranza e da alcune capitali, Parigi in testa. “Von der Leyen si guardi dagli amici”, commentano dai sovranisti, “a non volerla più non siamo rimasti solo noi”.