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Il senatore della terza via. Ritratto di John Fetterman, che spiazza tutti
C’è un democratico che sfida i suoi colleghi radicali su Israele e dialoga con i trumpiani. Se una parte dei democratici lo guarda con un misto di rabbia e orrore, buona parte dei repubblicani lo teme
Chi entra nell’ufficio di John Fetterman a Capitol Hill deve sforzarsi di lasciare fuori dalla porta stereotipi e pregiudizi. Altrimenti cercare di decifrare gli spazi in cui si muove il senatore della Pennsylvania può lasciare disorientati. In anticamera, per esempio, è esposta una bandiera che rende onore ai prigionieri di guerra americani. Chi la guarda penserà di essere nelle stanze di un esponente politico conservatore, visto che molti repubblicani ne hanno una. Salvo poi gettare lo sguardo sulla parete di fronte e notare un’altra bandiera, stavolta dedicata ai diritti lgbtq. “Sono sicuro – spiega Fetterman a chi gli fa visita – di essere il solo senatore che le ha entrambe: ma perché non proviamo a pensare che è appropriato sostenerle tutte e due?”.
Le cose si complicano quando l’occhio cade su foto e stemmi di organizzazioni sindacali amiche della sinistra democratica, vicino alle quali spuntano una bandiera di Israele e una bacheca con le immagini degli israeliani tenuti prigionieri da Hamas. Nell’ufficio di Fetterman le categorie che polarizzano il mondo esterno vanno in corto circuito. Fuori, nei corridoi occupati da senatori e deputati, ci si divide in conservatori e progressisti, repubblicani e democratici, Trump e Biden, Maga e woke: l’imperativo sembra essere quello di schierarsi con decisione e non parlare con il nemico. Tutto è ridotto a guerre culturali. Ma superata la soglia che porta nelle stanze di Fetterman, questo tipo di divisione viene sintetizzato come “dumb shit”: che in italiano, senza girarci troppo intorno, significa che il senatore della Pennsylvania ritiene “stupide stronzate” i dibattiti politici prevalenti negli Stati Uniti di oggi.
John Fetterman è il più insolito politico americano degli anni Venti di questo secolo. A guardarlo, si ha l’impressione di essere di fronte a qualcuno che vive a cavallo tra un pensiero radicale di sinistra e l’anarchia pura. Due metri e tre centimetri d’altezza per 140 chilogrammi, testa rasata, pizzo da motociclista del genere Hells Angels, Fetterman si muove in mezzo all’ordinata schiera di austeri senatori tutti in giacca e cravatta o in sobrio tailleur facendosi notare per l’immancabile felpa con il cappuccio, con le maniche tirate su per mostrare i tatuaggi su entrambe le braccia. La cravatta ha accettato di metterla solo nei momenti solenni, come il discorso del presidente sullo stato dell’Unione. Quando parla uno così, eletto da operai e minatori della Pennsylvania, ci si aspetterebbe di sentire argomenti “socialisti” alla Bernie Sanders. E invece Fetterman spiazza tutti, andando a dare interviste a Fox News in cui difende il diritto di Israele a esistere, chiede di non essere definito progressista e non ha paura di provare a capire le ragioni dei suoi concittadini che votano Trump, perché magari temono di perdere il lavoro o si preoccupano per i troppi immigrati in arrivo in America.
L’ala sinistra del suo partito, quella che aveva esultato quando nelle elezioni di midterm del 2022 era riuscito a vincere il difficilissimo seggio della Pennsylvania, ora non gli parla più per la sua posizione su Israele. Nonostante sia lo stesso senatore che si batte per il reddito minimo, il welfare per tutti, la riforma del sistema penale, il diritto all’aborto, persino la liberalizzazione della cannabis. Sui social lo hanno bollato con l’hashtag #GenocideJohn, solo perché non accetta di parlare di Gaza senza prima aver parlato dell’attacco di Hamas del 7 ottobre e cerca di capire le ragioni del governo israeliano. Nelle scorse settimane ha provato a infilarsi in una conference call dei membri repubblicani del Congresso con Benjamin Netanyahu, boicottata dai democratici, spiegando che voleva sentire la sua versione dei fatti. “Non sto dicendo che Netanyahu sia un leader ideale – ha spiegato il senatore al New York Times – allo stesso modo in cui non penso che Trump sia ideale. Ma questi sono i leader che abbiamo”. Una posizione realista che lo ha spinto spesso a cercare un dialogo con i repubblicani anche su temi che sembrano dividere i due partiti in modo insanabile, come il “muro” con il Messico e la gestione degli immigrati.
Se una parte dei democratici lo guarda con un misto di rabbia e orrore, buona parte dei repubblicani lo osserva con sospetto e soprattutto lo teme. Perché Fetterman è uno che manda in tilt la polarizzazione su cui prospera la politica attuale. Di Trump dice che non gli interessa niente dei suoi processi penali, così come non interessano agli elettori del suo stato, mentre invece ammette che “quando vedi tutti i cartelli che inneggiano a Trump in Pennsylvania, devi avere rispetto della sua forza”. Nello stesso tempo però, Fetterman dice che non gli interessa niente neanche dell’età di Biden e che farà di tutto per farlo vincere: “Chissenefrega di quanto anni ha, il presidente è lucido e assolutamente in grado di svolgere il suo lavoro e io farò qualsiasi cosa mi chiederà di fare per conquistare la Pennsylvania, perché so come si fa”. E trattandosi dello stato che potrebbe decidere le elezioni presidenziali a novembre, non è poco.
Fetterman, 55 anni, è una figura complessa e anche tragica. È figlio di una famiglia benestante e repubblicana della Pennsylvania e nella vita sembrava destinato a rilevare l’agenzia di assicurazioni del padre. Ma dopo una laurea in finanza e un master in business administration si è dedicato ad attività di volontariato che gli hanno fatto cambiare percorso. È andato ad Harvard a prendere un altro master, stavolta in public policy, e poi si è messo alla ricerca del posto più disperato e difficile d’America per provare a rendersi utile. E lo ha senz’altro trovato: Braddock, ex piccola città industriale alle porte di Pittsburgh, caduta in disgrazia insieme alle fabbriche della zona. Il luogo dove il magnate Andrew Carnegie nell’Ottocento aveva costruito la prima acciaieria di un impero industriale che ha contribuito a dar vita all’America moderna. Un posto che nel secondo dopoguerra aveva 18 mila abitanti, viveva di fonderie ed era popolato in gran parte da figli di immigrati dall’est Europa, tra cui molti russi e ucraini. Un luogo analogo a quello dove Michael Cimino ambientò “Il cacciatore”, con Robert De Niro e Meryl Streep, che raccontava la Pennsylvania occidentale delle acciaierie già in declino negli anni della guerra in Vietnam.
Quando Fetterman vi è arrivato nel 2001, per avviare un programma di recupero di ragazzi usciti dal sistema scolastico, Braddock era un posto semiabbandonato, con meno di tremila abitanti e un tasso di criminalità altissimo. Nel 2004 il futuro senatore si è trasferito in pianta stabile nella cittadina fantasma e nel 2006 ne è diventato sindaco, un incarico che ha mantenuto fino al 2019. Fetterman si è fatto le ossa a Braddock e ha modellato qui il suo approccio no bullshit alla politica, fregandosene delle distinzioni tra partiti, parlando e litigando con interlocutori di qualsiasi colore, cercando fondi per rilanciare la città e rompendo le scatole a ogni ripresa alle autorità della vicina Pittsburgh e a quelle dello stato. Ha lanciato programmi di recupero per tossicodipendenti, iniziative per attrarre piccole imprese, svendite di locali fatiscenti da ristrutturare. Ben presto si è fatto notare anche dai media nazionali, ma è riuscito solo in parte a rilanciare la disastrata Braddock. Basti pensare che Fetterman si è venduto come un successo il fatto di aver portato in città nel 2008 le riprese del film “The Road”, ispirato al celebre libro di Cormac McCarthy. Sicuramente un ottimo risultato economico per le finanze cittadine, ma non era particolarmente lusinghiero che Braddock fosse stata scelta come luogo ideale per girare scene di un mondo devastato e post-atomico. Le strade abbandonate della città, con negozi e ristoranti chiusi e fatiscenti, sono sembrate perfette per ambientarci il vagabondaggio terrorizzato di un padre e un figlio in un’America senza più legge e in mano a gang criminali.
Il gigantesco sindaco in felpa e pantaloncini corti è diventato in quegli anni una celebrità della Pennsylvania. Braddock gli è rimasta addosso anche dopo l’elezione che lo ha portato a trascorrere gran parte del suo tempo a Washington. Non solo perché continua a viverci con la moglie Gisele, un’ex immigrata illegale brasiliana, e i loro tre figli, abitando in una vecchia concessionaria d’auto trasformata in casa. Fetterman porta con sé Braddock anche tatuata sulle braccia. Sull’avambraccio sinistro del senatore spicca il numero 15104, il codice postale della città. Sul destro invece ci sono nove date comprese tra il 2006 e il 2015. “Sono le date – ha spiegato – in cui qualcuno è morto in modo violento a Braddock mentre io ero sindaco. In sette casi su nove per colpa di armi da fuoco. La decisione di ricordare queste morti con tatuaggi è stata ispirata in parte dalla loro permanenza: dal fatto che queste persone, le loro storie e la mia città saranno con me per sempre. So che non è il modo in cui la maggior parte dei politici esprimerebbe il legame con le proprie comunità. Ma non mi importa quello che pensano gli altri. Mi è sembrato giusto”.
Ovviamente un personaggio come Fetterman suscita continue controversie. Il suo lavoro di sindaco a Braddock viene visto da alcuni come un esempio di servizio alle comunità più difficili, da altri come pura propaganda senza risultati sostanziali. Sicuramente gli ha dato la visibilità necessaria per una scalata politica. Nel 2018 Fetterman è stato eletto vicegovernatore della Pennsylvania e quando sono arrivate le decisive elezioni di metà mandato del 2022, i democratici di Joe Biden hanno puntato su di lui per cercare un colpaccio: conquistare il seggio senatoriale lasciato libero dal repubblicano Pat Toomey, che aveva rinunciato a ricandidarsi. L’impresa sembrava difficilissima, in una Pennsylvania che da anni è il più in bilico degli stati in bilico e minaccia sempre di spostarsi definitivamente verso i repubblicani.
Il partito di Trump ha schierato contro Fetterman il chirurgo Mehmet Oz, un popolare personaggio televisivo, ed era sicuro di mantenere il seggio, decisivo per il controllo del Senato. Sembrava fatta, per i repubblicani, quando nel maggio 2022 il candidato democratico ha vissuto un momento tragico. È finito in ospedale per un ictus e per qualche giorno si è temuto per la sua vita. Ma si è ripreso, è tornato a far campagna elettorale sia pure in uno stato abbastanza confusionale, ha resistito in un dibattito televisivo con Oz nel quale faceva fatica a rispondere. E alla fine, per lo stupore generale, ha vinto con un margine di 180 mila voti su cinque milioni di elettori. E’ stato l’unico seggio a cambiare colore in Senato nel voto di midterm e ha permesso a Biden di mantenere il controllo della camera alta del Congresso. I primi sei mesi di Fetterman a Capitol Hill nel 2023 sono stati un altro calvario. Il neo senatore è apparso spaesato, anche per le difficoltà di udito e di parola che gli sono rimaste dopo l’ictus. Poi è finito per sei settimane ricoverato al centro medico Walter Reed per quella che è stata diagnosticata come “depressione clinica” e in seguito ha raccontato di aver pensato anche al suicidio.
Ma dalla metà dell’anno scorso Fetterman è tornato in piena attività, con il consueto vigore e l’altrettanto consueta indipendenza di giudizio, fino ad arrivare ai tempi più recenti in cui la sua posizione filo Israele ha segnato una rottura netta con l’ala più radicale del suo partito. Ma anche sui temi più caldi del dibattito politico il senatore della Pennsylvania sta tracciando una strada alternativa allo scontro frontale. Sull’aborto, per esempio, sta provando a fare qualcosa di diverso dal resto dei democratici. “Qualcuno prima o poi deve sedersi con i repubblicani – ha spiegato – e dire loro: ‘Sull’aborto avete vinto, ammettiamolo. E allora perché non provare ad avere una discussione seria sul controllo delle nascite, sulla contraccezione?’. Significherebbe meno aborti e meno bambini non voluti”. I democratici adesso devono decidere che atteggiamento tenere con il senatore che potrebbe avere le chiavi per la vittoria di Biden in Pennsylvania, senza la quale non c’è per loro speranza di restare alla Casa Bianca. “Trump sarà molto competitivo in Pennsylvania – sostiene Fetterman – ma dovrà fare una performance che vada oltre i suoi limiti e sono convinto che c’è un livello di risultati nel mio stato oltre al quale Trump non può andare”.
L’ala radicale del partito che adesso lo odia, lo lascerà libero di agire e far campagna contro Trump? E i repubblicani, come proveranno a fermarlo? Lui, il senatore con la felpa e i tatuaggi, nelle ultime interviste l’ha buttata un po’ sul tragico: “Quello che ho capito negli ultimi due anni è che la destra e ora anche la sinistra mi vogliono entrambe morto. In tutti e due gli schieramenti c’è chi fa il tifo perché mi si stacchi un altro embolo”.