Myawaddy (LaPresse)

in birmania

La guerra civile in Myanmar potrebbe essere a una svolta. La battaglia di Myawaddy

Massimo Morello

Si tratta di una delle più umilianti sconfitte per il regime di Min Aung Hlaing. La città è ormai controllata al 90 per cento dalla resistenza

Bangkok. Il ponte sul fiume Moei, tra la città thailandese di Mae Sot e quella birmana di Myawaddy, più che unire, divide. Segna una separazione. Per passare da una riva all’altra spesso si passa sotto il ponte, guadando il fiume. In quel punto, soprattutto in questo periodo, sul finire della stagione secca – una stagione che quest’anno è rovente – è poco più di un rigagnolo. Ad attraversare il fiume tra i rifiuti erano i migranti clandestini che cercavano lavoro nelle fabbriche del sudore thai, oppure gli attivisti che fuggivano dalla polizia segreta e dai soldati di Tatmadaw, le Forze armate birmane. 

In questi giorni, tra sabato e lunedì, chi ha attraversato quel confine sono gli ufficiali di Tatmadaw e i funzionari dello State Administration Council (Sac), l’organizzazione politica costituita dal generale Min Aung Hlaing che domina la Birmania dal primo febbraio 2021. Sono stati costretti alla fuga dall’ultimo e decisivo attacco dell’Esercito di liberazione nazionale Karen (Knla), le milizie del gruppo etnico che da decenni si oppone  al governo centrale e che ha ripreso la lotta con ancor più forza dopo che il colpo di stato del 2021 aveva fatto saltare un tentativo di accordi. Con loro c’erano anche gli uomini della Forza di Difesa Popolare (Pdf), il braccio armato del Governo di Unità Nazionale (Nug), il governo ombra costituito da rappresentanti della National League for Democracy di Aung San Suu Kyi. 

Dopo aver opposto una resistenza che non sembra troppo decisa, probabilmente terrorizzati dai guerriglieri della famigerata Cobra Column, gli uomini della giunta e le loro famiglie si sono messi in fuga carichi di bagagli, documenti compromettenti, gioielli, denaro. Si è anche parlato, come sempre accade in questi casi, di un “sensitive cargo” che comprendeva i depositi delle banche di Myawaddy. La loro destinazione era l’aeroporto di Mae Sot dove c’era ad attenderli un ATR 72-600 della Myanmar Airways. Il primo di questi charter ha atteso invano i passeggeri ed è ripartito vuoto. Nella notte di domenica, a quanto sembra, l’evacuazione è iniziata a piccoli gruppi, con la benedizione delle autorità thailandesi che non vedevano l’ora liberarsi di quegli scomodi ospiti. A Myawaddy, ormai controllata al 90 per cento dalla resistenza, restano qualche centinaio di soldati di Tatmadaw asserragliati nella stazioni di polizia e nei posti di controllo sul ponte.  

 

Secondo Nikkei Asia, giornale giapponese considerato una delle più autorevoli fonti d’informazione riguardo l’Asia, questa è “la più umiliante sconfitta per il regime di Min Aung Hlaing”. Il che fa temere che questi potrebbe decidere di “salvare la faccia”, secondo l’uso tra i popoli del sud-est asiatico, bombardando Myawaddy. Per quanto umiliante, inoltre, questa sconfitta non significa che la giunta militare abbia perduto. E’ certo che nel futuro della Birmania ci saranno i governi etnici e le loro milizie. E’ ancora da stabilire con chi si accorderanno e a deciderlo non saranno i birmani. Luoghi come Myawaddy e tutti gli altri conquistati dalle milizie etniche lungo i confini sono strategici in quanto snodi della Via della Seta cinese.

Intanto, almeno secondo una fonte del Foglio che preferisce non cedere a facili entusiasmi, “la situazione è ancora fluida”. Tanto più che attorno a Myawaddy sono sorte alcune delle più grandi Scam City, quei complessi di casinò, centrali di gioco online  e truffe informatiche che ormai costituiscono l’economia occulta del sud-est asiatico.  E’ improbabile che i sindacati criminali che le controllano decidano di ritirarsi anche loro. Insomma, bisognerà aspettare e attraversare quel ponte sul fiume Moei.
 

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