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a bruxelles

Arriva il Deal sulla competitività, ma senza debito europeo non funziona

David Carretta

Al Consiglio europeo di aprile i leader discuteranno del New European Competitiveness deal, mentre sullo stesso tema si attende il rapporto su cui lavora l'ex premier italiano Mario Draghi. Lo scoglio più grande sono i soldi: ne servono tanti da investire su scala continentale

Bruxelles. Dal “New European Green deal” al “New European Competitiveness deal”. Questo è l’obiettivo che dovrebbero darsi i leader dell’Unione europea, secondo la bozza di conclusioni del Consiglio europeo del 17 e 18 aprile: le politiche pubbliche europee dovrebbero servire a “rafforzare la base economica, manifatturiera, industriale e tecnologica dell’Europa”. Insieme alla difesa e ai valori democratici, la competitività sarà anche  al cuore dell’agenda strategica che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sta negoziando e che i leader adotteranno in giugno, fissando le priorità per i prossimi cinque anni. Ed è un cuore molto italiano. Enrico Letta presenterà al Consiglio europeo il suo rapporto sul futuro del mercato interno. In attesa di un altro rapporto di un altro ex premier italiano: Mario Draghi dovrebbe consegnare i risultati del suo rapporto sul futuro della competitività europea entro fine giugno. “La questione competitività sarà molto in alto nell’agenda dell’Ue”, conferma al Foglio una fonte: i contributi di Letta e Draghi “forniranno input al lavoro delle istituzioni”. Il più temuto in alcune capitali è il rapporto di Draghi, perché metterà il dito su una questione politicamente tabù per i paesi come Germania e Paesi Bassi: il debito europeo. Come fare altrimenti per finanziare la competitività dell’Ue?

Letta e Draghi sono stati parchi di dettagli sui contenuti dei loro rapporti. Nessuna fuga di notizie. Grande riservatezza. Ma, almeno in un paio d’occasioni, Draghi ha fornito alcune indicazioni. Ha parlato di “massicce esigenze di investimento” per la doppia transizione climatica e digitale e le spese per la difesa. Ha sottolineato la necessità di rimanere competitivi per mantenere i sistemi di welfare e preservare i valori fondamentali dell’Ue. “Ci troviamo in un momento critico”, ha detto Draghi al Parlamento europeo, chiedendo riforme strutturali a livello dell’Ue e il ritrovamento della capacità di agire collettivamente per l’interesse collettivo. “Queste questioni comporteranno discussioni difficili che richiederanno alle nostre istituzioni e ai governi nazionali di fare scelte difficili”. Ma “sono queste decisioni che determineranno la capacità dell’Europa di tenere il passo con i suoi concorrenti globali negli anni a venire”, ha avvertito Draghi.

 

Ai governi nazionali le scelte difficili non piacciono. Dietro le frasi di Draghi c’è una visione che spinge l’Ue verso il federalismo economico e politico. L’attuale modello del mercato unico non regge più. Gli aiuti di stato vengono sempre più utilizzati per rispondere alle crisi contingenti, ma solo uno stato membro – la Germania – ha il margine di bilancio per farne un uso massiccio. Gli altri sono troppo piccoli o troppo indebitati. Servono soldi e tanti da investire su scala continentale, perché quella nazionale non è in grado di competere con Stati Uniti o Cina. “L’Ue deve trovare enormi quantità di denaro in un periodo di tempo relativamente limitato”, ha detto Draghi all’Ecofin di febbraio. Il passo logico successivo è quello che ha già indicato da primo ministro: debito europeo per finanziare i beni pubblici europei. 

La sua visione federalista ha già fatto suonare campanelli di allarme. Pieter Omtzigt, leader del Nuovo Contratto Sociale, che farà parte del prossimo governo nei Paesi Bassi, ha scritto a Ursula von der Leyen per dire che è “inaccettabile” che il rapporto Draghi sia presentato dopo le elezioni. “Ciò significa che un vero dibattito politico sarà evitato durante la campagna elettorale”, accusa Omtzigt, chiedendo alla presidente della Commissione e candidata del Ppe di escludere “l’ipotesi” di debito comune dell’Ue. Von der Leyen lo ha già fatto. La sua linea è che i 750 miliardi di debito di NextGeterationEu sono un caso unico. Ma ieri un altro italiano ha rotto gli indugi aprendo una frattura dentro la Commissione. Una ampia capacità fiscale centrale dell’Ue è “cruciale per fornire beni pubblici europei in settori come l’energia, l’innovazione e la difesa”, ha detto il commissario Paolo Gentiloni: “Il momento di iniziare la discussione è ora”.