bruxelles
La fortezza del Patto sui migranti. Superato Dublino, cosa cambia adesso
Approvato il nuovo regolamento europeo sull'immigrazione. “Oggi è un giorno storico”, esulta von der Leyen. Ma la retorica è ben lontana dalla promessa di inizio mandato di tutelare la dignità di ciascun migrante, di salvare vite in mare e di offrire solidarietà ai paesi di primo ingresso sotto pressione
Bruxelles. Il Parlamento europeo oggi ha approvato il nuovo Patto su migrazione e asilo, che dovrebbe permettere di superare le regole di Dublino, introdurre più solidarietà e responsabilità, rafforzare il controllo delle frontiere e dotare l’Ue di una politica per le crisi come quella del 2015-16. Per la destra anti migranti è una vittoria culturale. L’Ue istituzionalizza l’“Europa fortezza”, generalizzando il sistema dei campi chiusi delle isole greche. I gruppi della “maggioranza Ursula” – popolari, socialisti e liberali – hanno votato il Patto in nome del pragmatismo di un’Ue che offre soluzioni alle preoccupazioni dei cittadini. I risultati del voto – 322 a favore, 266 contro sul regolamento più controverso del pacchetto – mostrano mancanza di entusiasmo. Una parte della sinistra – compresi gli italiani del Pd – ha rigettato il compromesso, pesantemente criticato dalle ong. I partiti della destra sovranista e dell’estrema destra europea – gli italiani della Lega, i francesi del Rassemblement national, i polacchi del PiS, gli ungheresi di Fidesz – hanno votato contro, denunciando fantasiose “politiche immigrazioniste europee”. L’eccezione è FdI, che ha votato in modo confuso: “Sì”, “no” e astensione a seconda del regolamento, anche se il governo Meloni aveva sostenuto tutto il pacchetto.
Per la Commissione di Ursula von der Leyen, l’approvazione di oggi rappresenta una vittoria. Presentato nell’ottobre del 2020, il nuovo Patto su migrazione e asilo ha vissuto un negoziato lungo e travagliato tra i governi e Parlamento europeo. “Oggi è un giorno storico”, ha detto von der Leyen: “La migrazione è una sfida europea che deve essere affrontata con una soluzione europea”. Ma la retorica è ben lontana dalla promessa di inizio mandato di von der Leyen di tutelare la dignità di ciascun migrante, di salvare vite in mare e di offrire solidarietà ai paesi di primo ingresso sotto pressione. “Siamo noi quelli che devono decidere chi entra nell’Ue e in quali circostanze”, ha detto von der Leyen.
Il Patto su migrazione e asilo – un pacchetto composto da diversi regolamenti – prevede procedure più rapide per valutare le richieste di asilo, controlli rafforzati su salute e sicurezza per i migranti in ingresso, rimpatri più efficaci e una solidarietà flessibile nei confronti dei paesi di primo ingresso. Ma le criticità del nuovo Patto sono almeno altrettante dei vantaggi. L’architrave del nuovo sistema sono le cosiddette “procedure di frontiera”, che di fatto replicano i campi sulle isole in Grecia: i migranti dovrebbero essere ospitati in centri chiusi e selezionati sulla base delle probabilità di ottenere la protezione internazionale. Quelli provenienti da paesi con un alto tasso di riconoscimento dovrebbero seguire le normali procedure di asilo. Gli altri verranno incanalati nelle cosiddette “procedure di rimpatrio”, cioè altri centri chiusi dove aspetteranno di essere imbarcati sull’aereo. Le loro eventuali domande di protezione internazionale dovranno essere analizzate, ma in modo sbrigativo, sulla base della presunzione che non saranno accolte. Alcuni esperti dubitano che il sistema possa funzionare: i campi chiusi si riempiranno rapidamente, ancor di più in caso di crisi, e sarà impossibile svuotarli in assenza di accordi di ritorno e rimpatrio con i paesi terzi. L’elenco delle critiche delle ong è lungo: trattamento riservato alle famiglie con minori, profilazione razziale nelle procedure di identificazione, deroghe al rispetto dei princìpi fondamentali nei casi di “strumentalizzazione delle migrazioni” da parte di paesi terzi. Secondo alcune ong, il nuovo Patto rischia di seppellire il diritto di asilo in Europa come è stato applicato dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi.
Anche i vantaggi per i paesi di primo ingresso, quelli messi sotto pressione dalle crisi che si sono susseguite nel corso dell’ultimo decennio, sono inferiori alle attese di chi aspirava a superare il regolamento di Dublino. Il club Med – Italia, Spagna, Malta, Cipro e Grecia – ha negoziato a lungo, ma ottenendo poco, per il rifiuto dei paesi dell’est dei ricollocamenti obbligatori. Il nuovo Patto su migrazione e asilo introduce una forma di solidarietà obbligatoria, ma volontaria. Gli stati membri potranno scegliere tra accogliere richiedenti asilo dai paesi di primo ingresso oppure versare dei contributi finanziari. In cambio, ai paesi di primo ingresso viene imposto un onere maggiore per evitare movimenti secondari: non solo dovranno trattenere i migranti in centri chiusi, ma saranno considerati responsabili dei richiedenti asilo che fuggono in altri paesi per un periodo più lungo di tempo rispetto a quanto previsto da Dublino. Solidarietà e responsabilità alla fine dipendono dalla buona volontà dei singoli governi. Difficilmente la Francia accetterà decine di migliaia di richiedenti asilo dall’Italia. Da quando è salito al potere, il governo Meloni ha smesso di accettare i migranti che si sono trasferiti in altri paesi. Nel 2023, su 15.479 trasferimenti di dublinanti chiesti dalla Germania, l’Italia ne ha accettati solo 11. Nel frattempo, il Ppe ha fatto un altro passo verso l’estrema destra, proponendo nel suo manifesto elettorale il “modello Ruanda” per deportare in paesi terzi i richiedenti asilo. Come se il nuovo Patto su migrazione e asilo non servisse a nulla. E forse è così.
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