la guerra in medio oriente
Israele si prepara all'attacco iraniano con il "pieno sostegno" degli Stati Uniti
Teheran minaccia anche gli americani, che hanno offerto un solido sostegno a Tel Aviv. La diplomazia al telefono e il tentativo di tenere strette le redini per evitare che il conflitto si allarghi
Il nostro impegno per la sicurezza di Israele è “ferreo”, ha detto il presidente Joe Biden a metà settimana; Israele può contare sul “pieno sostegno” degli Stati Uniti “contro gli attacchi iraniani che Teheran ha pubblicamente minacciato”, ha ribadito giovedì sera, il capo del Pentagono, Lloyd Austin. La reazione della Repubblica islamica d’Iran all’uccisione di un suo comandante a Damasco è considerata “imminente”, la diplomazia internazionale sta lavorando per contenerla, mentre il generale del Centcom Michael Kurilla è arrivato a Tel Aviv per sostenere e coordinare i preparativi – e ancora una volta l’Amministrazione Biden dimostra che la difesa di Israele è ben più solida e ben più importante di qualche conversazione acida con il premier Benjamin Netanyahu.
L’Iran ha per questo fatto sapere a Washington, tramite alcuni mediatori tra i paesi arabi, che se gli Stati Uniti sono in qualche modo coinvolti nella reazione di Israele all’attacco iraniano, le basi americane nella regione saranno un obiettivo. Barak Ravid di Axios, che sforna informazioni esclusive anche più volte al giorno, cita una fonte americana che gli ha detto: “Il messaggio iraniano è che attaccheranno le forze che attaccano loro, quindi voi non provate a fottere noi e noi non fottiamo voi”. Secondo queste fonti, l’Iran non crede al fatto che gli Stati Uniti non fossero coinvolti nello strike a Damasco e li considerano responsabili quanto Israele, ma non è chiaro qual è la definizione di Teheran di “coinvolgimento”: se gli americani aiutano Israele a intercettare gli eventuali missili iraniani è coinvolgimento? O devono partecipare alla controreazione? I funzionari americani propendono per la seconda, secondo quanto hanno detto a Ravid.
Decifrare i messaggi è complicato. Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, ha detto alla ministra tedesca Annalena Baerbock che l’Iran è determinato a reagire allo strike di Israele a Damasco contro i suoi comandanti, ma che lo farà in un modo “appropriato e limitato”: la conversazione è durata un’ora e mezza, è stato Biden a chiedere a Baerbock di fare questa telefonata (la stessa richiesta è pervenuta al ministro degli Esteri britannico, David Cameron), durante la quale la ministra ha avvertito Teheran delle conseguenze per l’Iran di un attacco contro Israele proveniente dal suolo iraniano. Allo stesso tempo però Baerbock, come tutti, non è in grado di dire che cosa gli iraniani intendano quando dicono che la reazione sarà “limitata”. Non soltanto perché è difficile stabilirlo, ma anche perché sugli account social legati alle Guardie della rivoluzione circolano moltissime notizie e simulazioni – come quella di un attacco all’aeroporto di Haifa – che al momento servono soltanto ad aumentare allarmismo e minacce ma che non sono state condivise dalla Guida suprema. Ali Khamenei ha annunciato una “punizione” a Israele definendola inevitabile, ma finora ha mostrato, al di là dei toni incendiari, di non voler allargare eccessivamente la guerra. I contatti con gli americani, come si sa, sono molto intensi e il messaggio che gli iraniani hanno lanciato – tramite gli intermediari, come l’Oman – è stato univoco e parla di una risposta “controllata” che non avvii un’escalation. Di nuovo: non è possibile definire né che cosa sia tale controllo – sembra che saranno coinvolte le milizie legate all’Iran – né soprattutto se Teheran stia cercando di fingersi cauta quando prepara un grande attacco. In ogni caso Israele, con il sostegno fattivo degli americani e del generale Kurilla, non ha intenzione di farsi trovare impreparato.
Il segretario di stato americano, Antony Blinken, ha esteso questa campagna di contenimento ai suoi colleghi in Cina, in Arabia Saudita e in Turchia: il messaggio è sempre lo stesso ed è di far comprendere a Teheran le conseguenze della sua reazione contro Israele. In questo caso Blinken l’ha recapitato a degli attori che possono fare qualche genere di pressione sull’Iran – e ha chiesto anche ai paesi europei di attivare i loro contatti per far sì che queste redini diplomatiche siano tirate il più possibile.