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Uccidere le città

Putin bombarda le centrali elettriche per costringere gli ucraini a fuggire. Verso l'Ue

David Carretta

Continua la campagna contro le infrastrutture energetiche ucraine. Con la primavera non è più il freddo a fare paura ma la paralisi totale delle città. Il costo per l’Unione europea di accogliere i profughi è più alto della difesa aerea

Bruxelles. Che sia una strategia intenzionale o un effetto collaterale, la campagna missilistica della Russia di Vladimir Putin contro le infrastrutture energetiche dell’Ucraina rischia di avere un impatto devastante non solo per il paese, ma per tutta l’Unione europea. L’esito degli attacchi è quello di “uccidere le città”. Più aumentano i danni, più aumentano le probabilità che milioni di rifugiati lascino i grandi centri urbani ucraini, cercando protezione nei paesi dell’Ue. Una nuova crisi dei rifugiati dai costi politici e finanziari enormi è in preparazione.
    
Nella notte tra mercoledì e giovedì 40 missili e 40 droni russi si sono abbattuti sulle città di tutta l’Ucraina. Continua l’operazione per radere al suolo Karkhiv, la seconda città del paese, con bombardamenti indiscriminati e vittime quotidiane. Ma, come accade da diverse settimane, i bersagli preferiti di missili e droni russi sono diventati le centrali elettriche, le sottostazioni, gli impianti di stoccaggio e distribuzione di gas. Zaporizhzhia, Odessa e Leopoli: nessun grande centro urbano è risparmiato, secondo l’operatore Ukrenergo. Nemmeno la capitale, Kyiv, la città meglio protetta dalle difese aeree fornite dagli occidentali, è più al riparo. Ieri la centrale termica di Trypillia, la più grande del paese, è stata completamente distrutta nell’attacco, provocando la perdita totale di produzione di elettricità della società Centerenergo. Dopo la chiusura dell’impianto nucleare di Chernobyl, l’impianto di Trypilska era diventa la principale fonte di energia per la regione di Kyiv

    

Con la primavera non è più il freddo a fare paura. Ma la paralisi totale delle città. L’elettricità serve per tutto, a partire da qualcosa di basilare: le fognature e la distribuzione di acqua potabile. Poi ci sono i semafori, le metropolitane, i frigoriferi delle case o dei supermercati, le pompe di benzina e le antenne delle telecomunicazioni. In questo modo “le città vengono uccise”, aveva spiegato al Foglio Oleksandr Kharchenko, direttore dell’Energy Industry Research Center e consigliere del ministero dell’Energia, durante un incontro a Kyiv a fine novembre. L’Ucraina si è preparata con squadre che riescono a ripristinare l’elettricità in quattro, sei o otto ore. Ma sono toppe di fronte alle caratteristiche del sistema energetico ucraino, che lo rendono strutturalmente vulnerabile. “E’ stato costruito ai tempi sovietici. Ed è stato costruito per coprire le necessità di grandi impianti industriali, non per soddisfare le necessità delle città”, spiegava Kharchenko. Lui, come altri responsabili politici ucraini incontrati dal Foglio, aveva evocato lo scenario di una crisi dei rifugiati in Europa provocata intenzionalmente dalla Russia con la distruzione delle infrastrutture energetiche. Tenendo conto dei profughi interni, “oggi il 65 per cento degli ucraini vive in grandi città e agglomerazioni. E dentro queste città non abbiamo capacità di produzione di elettricità”. Rendere le città invivibili, provocare malattie, sconvolgere la vita di milioni di persone, è il modo più rapido per svuotarle.

  

Colpire le infrastrutture energetiche non realizza alcun obiettivo strategico sul piano militare. Nemmeno la produzione di armi viene seriamente toccata, dato che le industrie si sono dotate di generatori. Per contro, si tratta di un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità. La Corte penale internazionale ha già emesso due mandati d’arresto per questi due reati contro il generale Sergei Kobylash e l’ammiraglio Viktor Sokolov per le loro responsabilità nella campagna di bombardamenti indiscriminati conto le infrastrutture civili condotta dalla Russia dal 10 ottobre 2022 al 9 marzo 2023, in particolare gli attacchi sistematici diretti contro le infrastrutture elettriche (centrali, sottostazioni e dighe). 

    

Esperto di energia, a novembre Kharchenko aveva spiegato quel che serviva all’Ucraina. Niente coperte o lampadine led o generatori: per proteggere le città e le infrastrutture critiche nell’inverno 2023-24 è necessaria “solo la difesa aerea”. Nonostante i ripetuti appelli del presidente Volodymyr Zelensky, i sistemi Patriot non sono arrivati. Peggio. I missili iniziano a scarseggiare e la difesa aerea ucraina non riesce più a tenere il passo delle ondate successive di attacchi. Così, lo scenario temuto per l’inverno si sta realizzando in primavera. Per l’Ucraina, un nuovo esodo di rifugiati dopo quello seguito all’invasione del 24 febbraio 2022 sarebbe un disastro sul piano economico (crollo della forza lavoro, della produzione e dei consumi) e militare (ancor meno uomini da reclutare per l’esercito). Per l’Ue significherebbe ritrovarsi con milioni di rifugiati in più – alcune stime parlano di 10 milioni – concentrati in alcuni paesi – Polonia e Germania – che dicono già di essere al limite. Il costo finanziario sarebbe incomparabile rispetto alle batterie di Patriot. Il costo politico si misurerebbe in voti per l’estrema destra e l’estrema sinistra filoputiniane pronte a sfruttare lo scontento dell’opinione pubblica causato da milioni di ucraini in fuga dalla distruzione di Putin.