Starmer und Drung
Starmer annuncia l'impegno “totale” per la difesa dell'Ucraina e della Nato
Il leader del Labour britannico denuncia "l'invasione selvaggia" di Putin e il "suo disprezzo nei confronti dell'occidente" e dice: la deterrenza è essenziale. La nuova flotta di sottomarini nucleari, l'aumento della spesa della difesa, la collaborazione con l'Europa e la scommessa di giocare (finalmente) al centro
Ieri il premier britannico, Rishi Sunak, e il leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, hanno parlato – da due luoghi diversi – di difesa e di investimenti nell’esercito e nella deterrenza, ma è stato il secondo a essersi conquistato più attenzione, un po’ perché Starmer dice cose che a sinistra non si sentono spesso e un po’ perché è un anno elettorale, il Labour è molto avanti nei sondaggi e il governo conservatore risulta particolarmente acciaccato. A parte la competizione mediatica tra i due, il Regno Unito si conferma l’unico paese democratico in cui, quando si parla di difesa dall’aggressione della Russia e delle autocrazie, i candidati alle elezioni fanno a gara a chi è più falco.
Dal governo conservatore un po’ te l’aspetti. Quando era premier Boris Johnson, nel gennaio e febbraio del 2022, mentre Vladimir Putin preparava la sua aggressione all’Ucraina e molti pensavano che si trattasse di un bluff, il Regno Unito dava ascolto alla propria intelligence e a quella americana e iniziava a rifornire di missili Kyiv – non ha mai smesso di essere in prima linea nella difesa dell’Ucraina, della Nato e della coalizione “del nord” che è la più fattiva nelle forniture e nella determinazione a respingere la Russia nei suoi confini. Persino quella tragedia che è stata la brevissima premiership di Liz Truss non ha commesso sbavature in questo senso e anzi quando ancora era ministro degli Esteri nel governo Johnson, Truss era andata a Mosca, all’inizio di quel febbraio di guerra, a dire al ministro Sergei Lavrov di smetterla con la retorica da Guerra fredda, di dialogare seriamente e di non sentirsi vittima di un’aggressione della Nato inesistente – Truss fu maltrattata da Lavrov e poi anche dai commentatori britannici perché era inciampata in errori diplomatico-geografici e si era sentita dire dai russi che era “impreparata” e che la conversazione era stata “come un muto che parla con un sordo”, ma aveva detto quel che serviva a Lavrov e di lì a poco avremmo tutti realizzato quanto fosse malevolo e brutale il trattamento che il ministro le aveva riservato. Oggi il ministro degli Esteri David Cameron, che è anche ex premier, si è preso l’incarico infausto di provare a convincere i conservatori americani a continuare a sostenere l’Ucraina: questa settimana è stato anche in Florida da Donald Trump, dove probabilmente la sua missione è fallita, ma è la seconda volta che va in America a perorare la causa della difesa occidentale, e anche se riceve per lo più dileggi dai trumpiani non ha intenzione di desistere. Sunak, che è messo in ombra come spesso gli capita da questi pesi massimi, ieri ha annunciato un aumento dei fondi destinati ai veterani e ha ribadito l’urgenza di investire sull’esercito e sulla difesa collettiva.
Per il Labour la storia è un po’ più complicata. Ieri Starmer ha pubblicato un editoriale sul Daily Mail, tabloid conservatore che gli ha dedicato la prima pagina, in cui ha spiegato il significato della sua visita – la prima di un leader laburista in trent’anni – al cantiere di Barrow, in Cumbria, dove si costruiscono i sottomarini nucleari del Regno: “Il mio impegno per la deterrenza nucleare è totale”, scrive Starmer, ricordando come il paese sia sempre stato unito, e il Labour in prima fila, quando si sono combattute guerre contro la sicurezza e i valori occidentali. “L’invasione selvaggia” di Putin in Ucraina e “il suo disprezzo nei confronti dell’occidente” ci mostrano “perché una Nato forte e una deterrenza nucleare forte del Regno Unito sono entrambe essenziali”: per questo l’impegno è “incrollabile, assoluto, totale” e “questo Labour così trasformato che guido sa che la nostra sicurezza nazionale viene sempre prima”. Starmer vuole portare a termine la costruzione di quattro nuovi sottomarini nucleari (la data è il 2030, il costo previsto è di 31 miliardi di sterline), vuole investire in equipaggiamenti sempre più sofisticati e vuole farlo per un periodo lungo – “è un impegno generazionale per molti decenni” – perché così non si difende soltanto il territorio britannico e quello degli alleati della Nato, ma anche l’economia, cioè si costruisce un paese più forte. Il Tridente, che costa 3 miliardi di sterline l’anno, è il “caposaldo” della difesa del Regno e dell’ordine globale, ma vuole, proprio come i Tory, aumentare la spesa nella difesa fino al 2,5 per cento del pil (ora è al 2,2) e fare una revisione delle spese per la sicurezza in modo che le priorità siano chiare. In più, senza violare alcun accordo post Brexit, Starmer vuole trovare nuove forme di collaborazione sulla sicurezza con l’Unione europea.
La determinazione sfrontata del leader del Labour ha un costo politico. Come scrivono critici molti editorialisti di sinistra, Starmer vuole corteggiare e conquistare gli elettori conservatori ma, scrive per esempio Frances Ryan sul Guardian, “sembra disinteressato a tenersi quelli laburisti”. L’ala corbyniana – che è allo sbaraglio, anche se i Tory rinfacciano sempre a Starmer di aver lavorato con Jeremy Corbyn – dice che il partito dovrebbe ormai cambiare il nome, di laburismo e lavoro non interessa nulla a Starmer. Lui guarda e passa, s’è preso il rischio di giocare al centro, dice che per conquistare gli inglesi questa è la formula, ed è anche quella per garantire la difesa dell’occidente.