Attacchi indiscriminati e il significato di "Net Making"

I missili su Chernihiv e le mappe dei rifugi che il padiglione ucraino dissemina per Venezia

Paola Peduzzi

Tre missili Iskander sulla città ucraina: Putin fiuta il sangue nelle debolezze e nei ritardi occidentali e intensifica le sue operazioni su tutto il paese. Alla Biennale, il padiglione ucraino prova con manifesti e volantini a farci capire cosa significa vivere con la possibilità di essere colpiti da una missile in qualsiasi momento

Il padiglione ucraino alla Biennale di Venezia ha deciso di disseminare la città di cartelli rossi e bianchi e di volantini rossi con la mappa dei rifugi dalle bombe presenti in città. Sono appesi sui muri o appoggiati sui sedili dei vaporetti o sui tavolini dei bar, vogliono urlare a tutti cosa vuol dire vivere ogni giorno con la possibilità – che Vladimir Putin cerca di accrescere ogni giorno, intensificando gli attacchi – che un missile, una bomba, una scheggia ti colpisca mentre accompagni i figli a scuola, vai a lavorare, fai la spesa, guardi una mostra.

Ieri a Chernihiv c’è stata l’ennesima, non necessaria e tragica conferma: tre missili russi Iskander hanno colpito una palazzina di otto piani, danneggiandone altre quattro, un centro per studenti e un ospedale, che era appena stato ricostruito. In un video si vede una donna che grida: “Perché ci bombardano?”, che è la stessa domanda che si vede nel documentario premio Oscar “20 giorni a Mariupol”.
E’ una domanda che si ripete da 26 mesi senza una risposta accettabile perché l’aggressione russa è senza giustificazione e indiscriminata. Ci sono almeno 14 morti e 60 feriti, si scava sotto le macerie, ci si guarda attorno attoniti: perché?, come il primo giorno.

Putin fiuta il sangue nelle divisioni e nei ritardi dell’Europa e dell’America e quindi attacca in modo più brutale, dilania l’Ucraina più indifesa, a dimostrazione – l’ennesima, non necessaria – che la crudele strategia occidentale di “gestione dell’escalation” diventa una ragione in più per l’escalation russa. Senza il sostegno degli alleati, l’Ucraina non può difendersi, mentre Putin può continuare ad attaccare, e lo fa, lanciando missili su tutte le città ucraine, approfittando delle contorsioni cui si sono abbandonati i repubblicani americani e alle promesse non mantenute dei paesi europei. Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, ha ripetuto ieri quel che dice da giorni e giorni: l’attacco a Chernihiv “non sarebbe accaduto se l’Ucraina avesse ricevuto un numero sufficiente di sistemi di difesa aerea e se la determinazione del mondo a contrastare il terrorismo russo fosse stata sufficiente. La determinazione è importante. Il sostegno è importante. La determinazione dell’Ucraina è sufficiente. I nostri partner devono essere altrettanto determinati e, di conseguenza, dare un sostegno sufficiente”. In un’intervista alla Pbs, Zelensky ha spiegato che cosa ha mostrato il sostegno che gli alleati di Israele gli hanno dato contro l’attacco missilistico imponente dell’Iran: l’unità conta, gli alleati non devono rimanere da soli a difendersi, altrimenti rischiano di soccombere. “Abbiamo finito i missili”, ha ribadito il presidente ucraino, con gli occhi più tristi di sempre, perché lo sa lui e lo sappiamo tutti che cosa significa per gli ucraini, militari e civili, non avere gli strumenti per difendersi.

Il tempo e le contorsioni politico-strategiche degli alleati hanno fatto dimenticare che cosa vuol dire vivere dentro una guerra tutti i giorni, anche nel momento in cui questa guerra si fa crudele e i paragoni con il recente passato diventano drammatici: nuovi picchi di violenza, nuovi picchi di danni, un’unica spiegazione, la determinazione occidentale più fragile. Le mappe e i volantini che il padiglione ucraino alla Biennale dissemina per Venezia servono a non distrarsi, a non assuefarsi a uno stillicidio ingiustificato quotidiano: pensate se ora, mentre passeggiate per i canali di Venezia, partisse l’allarme bomba, dove andreste? La possibilità è remota ma non assente, e anzi cresce quando la Russia vede che il sostegno all’Ucraina s’indebolisce. Le mappe con i rifugi sono un’idea dell’agenzia creativa Bickerstaff 101, ma tutto il padiglione è dedicato al “Net Making”, cioè a dimostrare con l’arte quanto l’unità, la resistenza e le azioni fatte insieme siano determinanti durante un conflitto. C’è un progetto sui rifugiati ucraini in Europa e ci sono dei video che raccontano com’era la vita in Ucraina prima dell’invasione su grande scala di Putin, com’è adesso e i crimini che i russi hanno commesso durante.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi