L'Italia ha un sistema SAMP/T che serve moltissimo a Kyiv
Proteggere i cieli ucraini
L'appello del ministro degli Esteri ucraino Kuleba al G7. Le richieste di Stoltenberg. Ma la Difesa sostiene che dopo la Slovacchia la batteria italiana serve a proteggere il territorio nazionale: per il G7 stesso, e per il Giubileo. Il nodo di munizioni e missili
Ieri all’Hotel Quisisana di Capri, dove è in corso la riunione dei ministri degli Esteri del G7 che si chiuderà oggi, è arrivato pure il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. E ha incontrato il capo della diplomazia di Kyiv, Dmytro Kuleba, anche lui invitato alla riunione dei grandi della Terra di ieri pomeriggio, quella che aveva come agenda gli aiuti alla resistenza ucraina contro l’aggressione della Russia. Kuleba ha detto quello che ripete da mesi, ma che da sabato scorso – cioè da quando l’Iran ha lanciato l’attacco contro Israele, e i sistemi antimissile e droni e una coalizione internazionale l’hanno reso pressoché inoffensivo – è diventato una tragica realtà: abbiamo bisogno di una difesa aerea come quella israeliana per proteggerci dagli attacchi russi, ripete Kuleba.
Per difendere i cieli ucraini c’è bisogno degli unici due sistemi che attualmente intercettano e neutralizzano i missili balistici russi: i Patriot americani, certo, ma anche i SAMP/T, i sistemi missilistici terra-aria sviluppati dal consorzio italo-francese Eurosam.
Secondo fonti diplomatiche del Foglio, Kyiv sta chiedendo da tempo all’Italia una precisa batteria di SAMP/T: quella che fino a qualche settimana fa era dispiegata in Slovacchia, sul confine con l’Ucraina. Lo schieramento italiano era avvenuto all’inizio di aprile dello scorso anno secondo la missione difensiva della Nato chiamata Enhanced Vigilance Activity, e serviva a sostituire per un periodo di un anno i Patriot americani. Il presidente slovacco Robert Fico il 2 marzo scorso ha pubblicato un video in cui diceva che il SAMP/T stava per essere “ritirato dalla Slovacchia, perché ne hanno bisogno altrove”. Non è chiaro come la Nato intenda rafforzare la difesa aerea slovacca, ma quel che è certo è che l’accordo di dispiegamento del sistema italiano nel paese è finito.
E serve altrove. Secondo fonti del ministero della Difesa la batteria di SAMP/T, composta da quattro lanciatori e manovrata da almeno 150 soldati italiani, è necessaria per “la protezione del territorio nazionale” per i prossimi venti mesi: il SAMP/T deve essere dispiegato per dare copertura alla riunione dei capi di stato e di governo di giugno a Borgo Egnazia, in Puglia, “e poi per il Giubileo del prossimo anno”.
Ma qualcosa nelle prossime settimane potrebbe cambiare, e la diplomazia è al lavoro. L’impegno a fornire sistemi di difesa aerea all’Ucraina potrebbe essere inserito nella dichiarazione finale della ministeriale Esteri del G7 (ieri i deputati Lia Quartapelle (Pd) e Benedetto della Vedova (+Eu) hanno chiesto un’informativa al governo sul caso). E a Capri Stoltenberg ha parlato esplicitamente delle batterie italo-francesi: “Stiamo lavorando con i nostri alleati e chiediamo loro di fornire sistemi di difesa aerea come i SAMP/T franco-italiani”. Italia e Francia hanno già fornito un sistema SAMP/T all’Ucraina lo scorso anno, addestrando soldati ucraini a usarlo su territorio italiano e francese. Ma a gennaio il ministero della Difesa russo aveva annunciato di aver bombardato il SAMP/T e il suo deposito munizioni (la notizia non è mai stata confermata). Il sistema è considerato molto utile dagli ucraini, perché il radar intercetta fino a cento chilometri e i missili Aster entrano in azione a venticinque chilometri. Lo scorso anno, Roma e Parigi hanno autorizzato un ordine di 700 missili (2 miliardi di euro) al produttore MBDA, da destinare all’Ucraina, missili che però potrebbero arrivare non prima di un anno.
Perché oltre al dispiegamento dei sistemi di difesa aerea, il problema sono soprattutto i missili e le munizioni. Ieri a Capri Kuleba ha avuto un bilaterale anche con la ministra degli Esteri giapponese Kamikawa: la diplomazia ucraina si sta rivolgendo anche a partner geograficamente lontani per raggiungere soluzioni. Alla fine dello scorso anno, con una decisione storica, Tokyo aveva aggirato il divieto post-bellico di esportare armamenti, e aveva deciso di produrre ed esportare missili Patriot verso gli Stati Uniti.
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