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L'arma delle sanzioni

Tajani dice che il G7 è stato un successo, ma ha vinto la cautela sull'Iran

Giulia Pompili

America e Regno Unito duri contro Teheran, ma l’anello debole al vertice è l’Europa. Il problema sono le sanzioni: "Ogni paese decide con regole diverse”, ha detto il ministro degli Esteri

Durante la conferenza stampa finale della riunione dei ministri degli Esteri del G7 a Capri, il presidente di turno, Antonio Tajani, oggi ha detto che se l’attacco di Israele contro l’Iran – in risposta ai missili e droni lanciati sabato scorso da Teheran contro lo stato ebraico –  è stato contenuto, è stato anche per il frutto del lavoro politico del G7 che “serve a far migliorare il clima: voglio essere ottimista. L’obiettivo politico del G7 è la de-escalation”. Del resto la riunione della diplomazia dei grandi della Terra si è conclusa in modo piuttosto anomalo, con diversi cambi di programma e il segretario di stato americano, Antony Blinken, per tutta la notte di ieri impegnato con gli sviluppi della crisi e la risposta israeliana su Isfahan. Alla fine ci sono stati tre diversi comunicati finali. Uno dedicato alla situazione in medio oriente, uno al sostegno all’Ucraina, e l’ultimo sulle “sfide globali”.

 

Come anticipato dai media internazionali, per la prima volta nel comunicato sul medio oriente si fa specifica menzione alle sanzioni contro l’Iran: riguardo al sostegno di Teheran a Hamas e agli houthi, si legge nel documento, “riterremo il governo iraniano responsabile delle sue azioni malevole e destabilizzanti e siamo pronti ad adottare ulteriori sanzioni o a prendere altre misure, ora e in risposta a ulteriori iniziative destabilizzanti”. I sette paesi firmatari mettono in guardia inoltre l’Iran sul trasferimento alla Russia di missili balistici e tecnologie per fabbricare armamenti. Ma la cautela generale nell’ipotesi di imporre nuove sanzioni, al centro del dibattito degli ultimi giorni, è stata esplicitata anche da Tajani: “Ogni paese decide con regole diverse”, e ha aggiunto che per la risposta europea bisognerà aspettare il Consiglio degli esteri di lunedì prossimo. 

Sembra quindi fallito il tentativo di America e Regno Unito di un annuncio più forte contro l’Iran che venisse dalla coalizione di Capri. Già quasi ventiquattro ore prima della fine della riunione del G7, Washington e Londra avevano reso noto l’elenco di individui ed entità iraniani aggiunti alla lista dei centinaia già sotto sanzioni economiche.  L’Ufficio per il controllo dei beni esteri del dipartimento del Tesoro americano l’altro ieri ha detto di aver sanzionato sedici individui, tutti di nazionalità iraniana, e due aziende iraniane che producono i motori dei droni usati nell’attacco del 13 aprile scorso contro Israele. Nell’elenco ci sono anche cinque aziende coinvolte nella produzione dell’acciaio e tre aziende legate alla casa automobilistica più importante dell’Iran, la Bahman Group, che è già sotto sanzioni da molti anni: l’azienda è accusata di sostenere materialmente l’esercito iraniano e di aiutare le Guardie della rivoluzione islamica a eludere le restrizioni economiche. Gli analisti le chiamano le “nuove vecchie sanzioni”, quelle che erano più prevedibili e non si sa se avranno un’efficacia concreta sugli armamenti iraniani. Oggi però il Congresso americano ha inserito le sanzioni sulle esportazioni del petrolio iraniano nel pacchetto di aiuti per Ucraina, Israele e Taiwan. Reuters scriveva che se approvate da entrambi i rami del Congresso e poi firmate dal presidente Joe Biden, le misure “potrebbero avere un impatto sulle esportazioni di petrolio dell’Iran”, che continua a crescere grazie alla domanda della Cina. Non è chiaro che tipo di sanzioni ulteriori verranno applicate, perché l’export di greggio iraniano è già molto sanzionato: secondo indiscrezioni potrebbe trattarsi di misure contro porti e raffinerie che lavorano il petrolio iraniano – dunque non solo iraniani. Capitol Hill ha inoltre intenzione di fare lobby sull’Unione europea affinché definisca presto come  “organizzazione terroristica” le Guardie rivoluzionarie iraniane, adeguandosi alle politiche americane. Lunedì prossimo al Consiglio degli esteri europeo si parlerà anche di questo, ma è difficile che l’Ue prenda una posizione altrettanto dura contro Teheran e contro i suoi alleati più vicini, come la Cina.
 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.