L'Armata rotta

La missilistica americana è più forte delle contromisure di Mosca: un guaio per Putin

Camillo Bosco

Gli ucraini sono in grado di difendersi, ma hanno bisogno di armi. L’abbattimento confermato di un bombardiere supersonico Tupolev Tu-22M3 lo dimostra

Milano. Mercoledì scorso gli ucraini hanno colpito  la base aerea di Džankoj (si legge Giancói), nel settentrione della penisola di Crimea  occupata dai russi. Nonostante l’aerodromo si trovi a 140 chilometri dentro le linee russe, almeno sei missili a lungo raggio sono  riusciti a impattare nel suo perimetro. Sede del 39esimo Reggimento elicotteristico della Quarta forza aerea del Distretto militare meridionale delle Forze armate russe, da Džankoj sono spesso decollati gli elicotteri Kamov-52 “Alligator” che si sono rivelati molto efficaci nel respingere i corazzati della controffensiva ucraina dell’estate 2023. Colpivano i Leopard 2 e i Bradley da lontano, al di fuori del raggio dei lanciarazzi Stinger dell’esercito di Kyiv. Sopravvissuti al fronte, gli elicotteristi del Cremlino sono stati paradossalmente colpiti a terra.  

 

“What airdefense doing?” chiedeva qualche tempo fa su X un propagandista russo e la risposta è rimasta identica ad allora: ben poco, quantomeno contro i missili lanciati dagli Himars di fabbricazione americana. La base di Džankoj era infatti protetta da un sistema antiaereo russo S-400 Triumf, evoluzione del diffusissimo sistema S-300 e sviluppato nel 2007 – l’altro ieri, in termini militari. Mosca ha a disposizione soltanto l’S-500 Prometey come intercettore terrestre più recente del Triumf, ma è entrato in servizio appena nel 2021 e – secondo l’azienda statale Almaz-Antey responsabile dell’intera serie S – sembra focalizzato più per la difesa dai vettori d’attacco ipersonici. Oltre al dispiegamento difensivo relativo alla base stessa, l’intera Crimea è poi costellata da un gran numero di sistemi antiaerei che rende le operazioni militari nei suoi cieli tra le più difficili al mondo.

 

Nonostante quindi le fitte e avanzate difese e la grande distanza dal fronte, Džankoj  è stata colpita comunque. Anzi, la foto dei resti anneriti del Triumf a difesa delle piste di decollo è girata moltissimo online quale punto a favore della scienza militare statunitense rispetto a quella russa. L’attacco pare sia stato infatti condotto grazie ai missili a lungo raggio Atacms M39A1, prodotti dalla Ling-Temco-Vought (poi acquisita dalla Lockheed Martin) a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i Duemila. Washington ha persino una versione aggiornata al 2017 di questi ordigni, chiamata M57E1 e ancora più devastante, ma – a quanto pare – la configurazione di più di venti anni fa è perfettamente capace di penetrare le difese aeree russe.

 

Sebbene i propagandisti del Cremlino si siano sperticati nell’assicurare che persino i sistemi S-300 fossero in grado di intercettare i precisi missili sparati dagli Himars (quando ancora erano utilizzati gli M30A1 a corto raggio), non si è infatti mai avuta una prova definitiva di queste affermazioni. L’immagine che mostra i resti anneriti delle torri contenenti i missili intercettori e dei radar della divizion (batteria) di S-400 schierata a difesa di Džankoj arriva quindi come prova definitiva che, anche ammesso che queste intercettazioni siano avvenute, sono state isolate o occasionali. Uno smacco per Mosca che dimostra quanto sia la riluttanza occidentale nel fornire le armi giuste all’Ucraina l’unico vero ostacolo per l’ottenimento di una pace giusta in questa guerra, invece che qualche disfunzionalità degli apparati ucraini stessi.
Come ha notato la giornalista Mary Ilyushina del Washington Post è invece la Federazione russa ad approfittare delle nostre esitazioni, trovando nuovi modi per ottenere risultati militari. Ogni attacco riuscito contro le truppe russe cela al suo interno il pericolo che il nemico riesca ad adattarsi, combinando per esempio un sistema antiaereo Pantsir ai radar del prossimo S-400 che potrebbe schierare a Džankoj.

 

Anche l’abbattimento confermato ieri di un bombardiere supersonico Tupolev Tu-22M3 a opera di un vecchio sistema S-200 aggiornato dagli ucraini (anche se alcuni analisti sospettano l’impiego di un sistema Patriot) è una testimonianza di quanto Kyiv stia spendendo ogni sua risorsa per difendere la propria indipendenza. Tuttavia un Tu-22M3 fu abbattuto anche durante l’invasione russa della Georgia nel 2008, rendendo evidente che l’eroismo di chi si difende non sempre basta. Affinché scompaia per sempre l’idea di derzhava imperiale dalla testa di uomini come Putin, la libertà deve avere tante armi quanto i suoi nemici.

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