Nicolas Maduro - foto via Getty Images

In Venezuela

Edmundo González Urrutia è il candidato che sfiderà il regime di Maduro

Maurizio Stefanini

Il leader ed ex ambasciatore guiderà a Piattaforma unitaria democratica della opposizione venezuelana alle presidenziali del 28 luglio. Intervista a Corina Yoris, l'ex candidata dello stesso movimento nel 2022

Sarà dunque Edmundo González Urrutia, 74 anni, già ambasciatore in Algeria e in Argentina, il candidato della Piattaforma unitaria democratica della opposizione venezuelana alle presidenziali del 28 luglio. “È una situazione molto difficile, ma dobbiamo rimanere calmi”, ha detto al Foglio Corina Yoris, 80 anni, docente universitaria di filosofia, che il 22 marzo era stata designata come candidata unitaria. L’indicazione era arrivata da María Corina Machado: che aveva ottenuto il 92,35 per cento dei voti alle primarie della Piattaforma unitaria democratica dell’opposizione al regime di Nicolás Maduro, lo scorso 22 ottobre. Machado è stata però inabilitata a candidarsi, con un procedimento amministrativo senza alcuna condanna penale. Poi anche a Corina Yoris è stato impedito di candidarsi: malgrado su di lei non ci sia nessuna inabilitazione, e malgrado gli accordi di Barbados sottoscritti il 17 ottobre tra governo e opposizione con la mediazione norvegese.
 

“Non è che sia ben chiaro cosa sia successo. Dal primo giorno di registrazione, che era il 21 marzo, fino al 25 marzo a mezzanotte, momento di chiusura, le persone della Piattaforma autorizzate a entrare nel sistema non hanno potuto farlo. Non è che il mio nome sia stato rifiutato. Sono stati problemi relativi al computer, al sistema, alla piattaforma. Allora abbiamo cercato di andare al Consiglio nazionale elettorale per consegnare una lettera, ma la abbiamo potuta inviare solo per e-mail. Hanno invece fatto iscrivere il governatore di Zulia Manuel Rosales”. Che pure fa parte della Pud e che fu candidato per l’opposizione alle presidenziali del 2006. “È stata un’azione unilaterale, enza l’appoggio della Pud. È stata però aperta una proroga di 12 ore, con cui la Pud ha potuto infine iscrivere come candidato l’ambasciatore Edmundo González Urrutia,  per poter conservare il posto in lista”. Il 20 aprile, infine, è stato  deciso di correre tutti con González Urrutia. Anche Rosales si è ritirato a suo favore.
 

La cosa ha fatto arrabbiare perfino il presidente brasiliano Lula, che aveva definito il presidente venezuelano Maduro “vittima di narrazioni”. In conferenza stampa con Emmanuel Macron, Lula ha detto: “Avevo consigliato María Corina Machado di non lamentarsi e di fare come me quando non avevo potuto candidarmi perché in carcere e di scegliere un sostituto. Ma non hanno iscritto neanche il sostituto”. Il cileno Boris Boric ha addirittura richiamato l’ambasciatore, anche in seguito al sequestro e all’uccisione, in Cile, di un oppositore venezuelano. Il governo venezuelano ha risposto definendoli “sinistra codarda asservita agli Stati Uniti” e dicendo loro di mettersi le loro critiche “nel posto che sanno”.  Peraltro il 40 per cento dei venezuelani nei sondaggi dice che se Maduro viene confermato emigra: altri 9 milioni di persone, che si aggiungerebbero ai 7 che se ne sono già andati. Una pressione insostenibile per i vicini, anche se con governi di sinistra. “Sì. Anche i leader di sinistra in America latina si rendono ormai conto che se non si può realizzare il cambiamento politico che il paese richiede, l’esodo dei venezuelani aumenterà in modo esponenziale, e i paesi della regione ne risentono. Il governo venezuelano poi ha dato loro una risposta insolente. Nel linguaggio internazionale e diplomatico non si possono usare le parole che hanno usato”, dice Corina Yoris. Maduro ormai è accusato di far uccidere gli oppositori all’estero, e annuncia leggi sempre più liberticide. C’è pericolo di una involuzione autoritaria? “Sì. Gravissimo”.
 

Mentre i sondaggi danno a González Urrutia il 45,8 per cento delle intenzioni di voto contro il 21,6 di Maduro, Lula appoggia la richiesta del presidente colombiano, Gustavo Petro, di fare assieme alle elezioni un referendum per “garantire la sicurezza e i diritti politici del candidato che perde”. Ma intanto è il regime che ha mostrato in manette l’ex ministro del petrolio ed ex vicepresidente Tareck El Aissami.  Pure ricercato e in esilio è Rafael Ramírez, ministro del Petrolio e alla testa della Pdvsa. In pratica, il governo Maduro riconosce che negli ultimi 20 anni  l’intera risorsa petrolifera del Venezuela è stata gestita da ladri. “Adesso se ne rendono conto? È abbastanza evidente che questo scandalo è una cortina fumogena per sviare l’attenzione – dice Yoris – Eravamo il paese più ricco dell’America latina, adesso siamo il più povero. Da noi la gente emigrava, adesso scappa. I miei due nipoti li ho dovuti conoscere via internet”.