medio oriente

Hersh Goldberg-Polin è vivo, parla in un video di Hamas

Micol Flammini

Il ragazzo è stato rapito dai terroristi il 7 ottobre, non ha più una mano, accusa Benjamin Netanyahu e l'esercito. Il gruppo della Striscia sa cosa accade nello stato ebraico, usa gli ostaggi per fare pressione sulla piazza e sul governo. La propaganda, le parole della protesta e l'incontro del gabinetto di guerra per trovare un accordo

Hamas ha pubblicato un video di Hersh Goldberg-Polin, il ragazzo nato negli Stati Uniti, trasferitosi in Israele con la famiglia, e catturato il 7 ottobre al Nova festival. Il volto di Hersh è sulle magliette e sui cartelloni in giro per Israele, sua madre Rachel, tra le famiglie degli ostaggi, è un personaggio  noto, non ha mai smesso di protestare, parlare, chiedere un accordo. Neppure ieri si è fermata, assieme a suo marito ha chiesto a tutti i mediatori impegnati nei colloqui tra Israele e i terroristi di trovare un accordo. A Hersh, nel video pubblicato da Hamas, manca una mano: il 7 ottobre era stato ferito da una granata. Il filmato ha diversi tagli, i terroristi lo hanno montato, hanno aggiunto scene in bianco e nero, frasi che si ripetono per dare il senso di tensione e di abbandono mentre il ragazzo accusa  il premier Benjamin Netanyahu e dice che settanta ostaggi sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani.

 

 

Il ragazzo fa gli auguri per la Pasqua alla sua famiglia, e questo dettaglio fa capire che il video è stato girato di recente. Aggiunge che per lui sono trascorsi più di duecento giorni di prigionia. Il tono, come quello usato anche da altri ostaggi nei video di propaganda di Hamas, è di accusa nei confronti di Netanyahu,  racconta che il 7 ottobre era uscito per divertirsi e si era ritrovato invece con il corpo trafitto di schegge.  Sembra trattenere le lacrime, ma la sua voce è ferma, i suoi occhi guardano in camera. Ha i capelli rasati e sventola la mano che non ha più mentre ordina al governo di riportare a casa gli ostaggi. Utilizza le stesse parole della piazza, lo stesso motto: akhshav, che vuol dire adesso. Il ragazzo  dice che il governo dovrebbe vergognarsi perché ha rifiutato tutte le proposte per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi che sono state fatte finora. E’ stato Hamas a rifiutare sempre, non ha fatto altre proposte e secondo fonti di Axios il gabinetto di guerra di Israele si riunirà oggi per capire come ravvivare il negoziato. I  terroristi usano i video per fare pressione sulla società israeliana. Gli uomini di Hamas  sanno cosa accade in Israele e lo sfruttano. Sanno delle proteste dei tavoli di Pasqua in cui le sedie sono state lasciate vuote per gli ostaggi. Sanno che l’urlo akhshav è agguerrito e disperato e l’hanno fatto pronunciare a Hersh. Secondo un rapporto dell’intelligence israeliana, il capo di Hamas, Yahya Sinwar, in queste settimane ha visto i suoi uomini fuori da un tunnel,  segue l’attualità, sa cosa succede e pubblicare adesso il video di Hersh serve ad agitare la piazza, a spingere il governo ad accettare la forma di accordo che  aggrada ai terroristi, anche se per Israele vuol dire meno sicurezza, più ferite, il terrore di un nuovo 7 ottobre.


 Ieri i capi di Tsahal erano in Egitto per parlare dell’operazione a Rafah, l’ultima città con formazioni di terroristi ben organizzate ma in cui sono rifugiati un milione e mezzo di civili. Hamas vuole evitare questo nuovo attacco e usa due armi: la pressione dell’opinione pubblica internazionale pronta a condannare l’ingresso degli israeliani nella città e la pressione dei cittadini dello stato ebraico, che come Hersh, chiedono un accordo: akhshav, adesso. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)