dalla Sorbonne
"La nostra Europa può morire: dipende dalle nostre scelte". Il discorso di Macron
Secondo il presidente francese negli ultimi sette anni l’Ue non ha ottenuto tutto quello che auspicava “ma ci sono stati dei successi". Spunti per una nuova Europa
Parigi. Ha citato Paul Valéry e la sua riflessione al termine della Prima guerra mondiale, “le nostre civiltà sanno, adesso, di essere mortali”, per lanciare il messaggio più potente, un avvertimento agli europei in un momento in cui l’Ue è confrontata a un insieme di crisi e alla minaccia esistenziale rappresentata dalla guerra in Ucraina: “Dobbiamo essere lucidi sul fatto che la nostra Europa, oggi, è mortale. Può morire, e ciò dipende unicamente dalle nostre scelte. Ma queste scelte vanno prese ora”. Questa mattina, sullo sfondo del grande anfiteatro della Sorbona, lì dove nel settembre 2017 aveva pronunciato il suo primo, ambizioso discorso sull’Europa, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha tenuto un nuovo discorso, il “Sorbonne II”, incentrato sul tema dell’Europa come spazio di potenza.
“Ho voluto venire qui, nello stesso luogo, per riavvolgere il nastro delle nostre conquiste e parlare del nostro futuro: il nostro futuro europeo, che è per definizione il futuro della Francia”, ha dichiarato Macron nell’introduzione del suo discorso.
In questi sette anni, l’Ue non ha ottenuto tutto quello che auspicava, “bisogna essere lucidi”, ha sottolineato Macron, “ma ci sono stati dei successi, soprattutto in termini di unità e sovranità, che non erano scontati”. A partire dall’“unità finanziaria per superare la pandemia” legata al Covid-19. “Quando noi francesi abbiamo proposto una capacità di debito comune, la gente ha detto che era una meravigliosa idea francese, ma che non si sarebbe mai realizzata. Ebbene, prima siamo riusciti a costruire un accordo franco-tedesco, poi, come europei, siamo passati al livello successivo raccogliendo 800 miliardi di euro”, ha ricordato l’inquilino dell’Eliseo, prima di aggiungere: “Questo passo verso il debito comune è stato quello che il ministro delle Finanze tedesco Scholz, poi diventato cancelliere, ha giustamente definito un momento hamiltoniano”.
Il secondo passo decisivo dell’Ue è stato “l’unità strategica su questioni che fino a poco tempo fa erano di esclusiva competenza delle singole nazioni: la salute. Abbiamo prodotto vaccini in Europa, assicurato le forniture e le abbiamo distribuite in tutta Europa”, ha sottolineato il presidente francese. E ancora: “Chi avrebbe mai pensato che avremmo potuto liberarci della nostra dipendenza dagli idrocarburi russi, acquistare in comune e riformare rapidamente il nostro mercato dell’elettricità? E che dire della difesa? Chi avrebbe scommesso sull’unità europea fin dal primo giorno dell’aggressione russa in Ucraina e sul massiccio sostegno militare dell’Unione europea? Lo abbiamo fatto”.
Il terzo progresso citato da Macron è l’aver posto le “basi per un maggiore sovranità tecnologica e industriale”: l’iniziativa con la Germania per sostenere la filiera europea delle batterie, che sarà poi estesa all’idrogeno, all’elettronica e alla salute; il carro armato del futuro, il sistema di combattimento aereo del futuro, e, con gli olandesi, i sottomarini. “Un’autonomia strategica”, ha detto Macron, attraverso cui l’Europa “ha cominciato a uscire dalla sua ingenuità tecnologica e industriale”, “a correggere la sua politica commerciale”.
Il quarto passo fondamentale compiuto in questi anni è l’aver pensato e pianificato le grandi sfide che attendono l’Europa nel futuro, ha dichiarato Macron, citando in particolare il Green Deal. Il quinto è “l’aver cominciato a riaffermare in maniera chiara l’esistenza delle sue frontiere”, con il nuovo Patto sull’immigrazione e l’asilo adottato dal Parlamento europeo a inizio aprile. “Il sesto progresso l’aver iniziato a ripensare la nostra geografia nei limiti del nostro vicinato. Dopo l’aggressione russa, l’Europa sta pensando a se stessa come a un insieme coerente, affermando che l’Ucraina e la Moldavia fanno parte della nostra famiglia europea e sono destinate ad entrare nell’Unione quando sarà il momento, come i Balcani occidentali”.
Poi, il punto forse più importante del discorso, quando ha ricordato le crisi vissute dell’Europa in questi anni, crisi alla quali “abbiamo reagito rapidamente, uniti, fatto che ci permette oggi di stare assieme e di essere qui presenti”, prima di lanciare una domanda a tutti gli europei: “Pour autant, est-ce suffisant?”, ma è sufficiente? “La questione della pace e della guerra nel nostro continente e della nostra capacità di garantire o meno la nostra sicurezza si decidono oggi. Le grandi trasformazioni, transizione digitale, intelligenza artificiale, ambiente e decarbonizzazione, sono in gioco adesso. L’attacco alle democrazie liberali contro i nostri valori, e lo dico in questo luogo del sapere, che è la base stessa della civiltà europea, un certo rapporto con la libertà, con la giustizia e con la conoscenza, è ora in corso”, ha affermato Macron, manifestando l’urgenza di essere più ambiziosi come europei perché siamo arrivati a un “momento di svolta”.
Dinanzi all’accerchiamento da parte di potenze autoritarie, la Russia e l’Iran in primis, l’Europa deve fare di più in materia di difesa. “La Francia ha raddoppiato la sua spesa per la difesa. Ma su scala continentale, questo risveglio è ancora lento, troppo debole di fronte al riarmo generale del mondo”, ha dichiarato il capo dello stato francese. Di fronte alle concorrenze americana e cinese, “il modello economico europeo non è più sostenibile”, e minacciato è anche il nostro sistema di valori. “Per molto tempo abbiamo pensato che il nostro modello fosse irresistibile. La democrazia continua a essere attraente per molte persone in tutto il mondo, ma guardiamo le cose con lucidità: la nostra democrazia liberale è sempre più criticata, con argomenti falsi, con una sorta di inversione di valori, perché abbiamo lasciato che accadesse, perché siamo vulnerabili”, ha affermato Macron, parlando di “battaglia culturale”.
E ancora: “Sono queste tre osservazioni, geopolitica e securitaria, economica, e culturale e intellettuale, che mi portano a dire che, in fondo, la questione della nostra sovranità è ancora più importante oggi di ieri. L’Europa può morire, dobbiamo rispondere a queste tre sfide del tempo, a questa accelerazione della storia, alla sua drammatizzazione”. Il tema dell’“Europe puissance”, dell’Europa come spazio di potenza, è stato il fulcro del discorso di Macron. “L’Europa come spazio di potenza è un’Europa che si fa rispettare e garantisce la propria sicurezza. È un’Europa che accetta di avere dei confini e li protegge. È un’Europa che vede i rischi a cui è esposta e si prepara ad affrontarli. In un certo senso, dobbiamo uscire da uno stato di minorità strategica”, ha dichiarato l’inquilino dell’Eliseo, invocando la creazione di “un nuovo paradigma in materia di difesa, una difesa credibile del continente europeo”, e difendendo “una preferenza europea nell’acquisto di materiale militare”, oltre che il rafforzamento dell’industria europea.
Il presidente francese ha suggerito l’idea di rendere disponibile l’arma nucleare francese per la protezione dell’Ue: “La dissuasione nucleare è una dissuasione credibile e quindi un elemento essenziale per la difesa del continente europeo”. Non si tratta di creare un esercito europeo, quanto piuttosto “un’intimità strategica tra gli eserciti europei”. L’obiettivo che tutti gli stati europei devono porsi è quello di trasformare l’Europa nel “leader mondiale da qui al 2030 nei cinque settori più emergenti e più strategici”, ha riassunto Macron, citando l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica, lo spazio, l’energia e l’agricoltura. Oltre ai rischi esterni che gravano sull’Unione europea, Macron, nell’ultima parte del suo discorso dedicata alla “battaglia culturale”, ha ricordato cosa significa essere cittadini dell’Europa: “Essere europei non è semplicemente abitare una terra che va dal Baltico al Mediterraneo, dall’Atlantico al Mar Nero; è difendere una certa idea dell’uomo che pone l’individuo libero, razionale e illuminato al di sopra di tutto. È dirsi che, da Parigi a Varsavia e da Lisbona a Odessa, abbiamo un rapporto unico con la libertà e la giustizia. È questo umanesimo così fragile che ci distingue dagli altri e che dobbiamo difendere”.