“Italia sionista!”, urlano in Tunisia, dove Roma è meno amata
Il ministro Sangiuliano contestato dai filopalestinesi e costretto a lasciare la Fiera del libro. Ma è solo l'ultimo episodio di una serie di manifestazioni di risentimento anti italiano. Pesano il sostegno a Israele e i respingimenti dei migranti
Il sostegno del governo Meloni a Israele e le sue politiche migratorie più stringenti rischiano di alimentare in Tunisia un sentimento anti italiano finora inedito. Una disaffezione che lo scorso fine settimana, alla Fiera internazionale del libro a Tunisi, ha trovato l’ultima occasione per manifestarsi. “Italia fascista! Italia sionista!” gridava un gruppo di giovani filopalestinesi – il movimento si chiama Azione comune per la Palestina – davanti allo stand italiano. I contestatori si sono rivolti contro il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, in visita all’evento in compagnia dell’ambasciatore, Alessandro Prunas. Cori e bandiere palestinesi agitate a pochi metri dalla delegazione italiana, invitata come ospite d’onore al principale evento culturale del paese ma costretta ad abbandonare la kermesse protetta dagli uomini della sicurezza. Sebbene “Tunisia e Italia condividono una storia comune e una vicinanza non solo geografica ma che si estende a tutti gli ambiti dell’arte e della cultura”, come ha ricordato Prunas a margine dell’evento, qualcosa si sta incrinando, soprattutto negli strati più alti della società tunisina.
L’episodio della Fiera del libro si somma ad altri che nell’ultimo anno compongono uno scenario nuovo. Due settimane fa, per la visita della premier a Tunisi, un drappello di manifestanti si è presentato sotto l’ambasciata italiana per protestare contro gli accordi conclusi dal governo con il dittatore di Cartagine, Kais Saied. “Non ci sono migrazioni illegali, è la vostra politica a essere illegale”, recitavano alcuni cartelli mostrati da attivisti per i diritti umani. Altri esponevano le foto dei dispersi in mare di nazionalità tunisina. Proteste analoghe contro l’Italia c’erano state l’estate scorsa, all’inizio delle trattative fra Meloni, l’Ue e Tunisi per l’accordo sui migranti e anche tre anni fa, in seguito alla vicenda dello smaltimento illegale dei rifiuti dall’Italia alla Tunisia.
Ora il tema della guerra a Gaza – molto sentito in un paese dove lo stesso Saied non ha mai celato il suo sprezzante antisemitismo – tende a fondersi con quello dei migranti. I viaggi di Meloni a Tunisi, ben quattro negli ultimi dieci mesi, hanno assunto i connotati di un rito diplomatico che ha coinvolto praticamente ogni dicastero del governo. Dopo la sua visita di metà aprile, accompagnata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e da quello dell’Università Anna Maria Bernini, è stata la volta del viaggio a Tunisi del ministro della Difesa Guido Crosetto, poi del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e quindi del ministro della Cultura Sangiuliano e infine, lunedì, della commissione Esteri e Difesa del Senato guidata dalla presidente Stefania Craxi. Un interesse visto con sospetto dalle élite e da ciò che resta dell’opposizione, preoccupate dalla legittimazione offerta da Roma a Saied in vista delle elezioni, che dovrebbero tenersi in autunno ma che rischiano di essere ben poco democratiche.
Majdi Karbai, politico tunisino costretto all’esilio, ricorda che in tutti questi incontri diplomatici “non si è mai parlato di libertà civili e diritti umani” e parla al Foglio di questa nuova, diffidenza dei tunisini nei confronti dell’Italia: “Un problema che prima non esisteva, innescato dalla politica estera di questo governo. Ci sono centinaia di giovani che si sono visti rifiutare il visto per andare a studiare in Italia. E poi ci sono migliaia di tunisini morti in mare. Di recente si è aggiunto il caso delle torture al carcere Beccaria di Milano ai danni di minorenni tunisini, che ha suscitato indignazione”.
“In Africa non va fatta la carità ma vanno realizzati rapporti di cooperazione seri e strategici, non predatori”, ha detto Meloni. E così il governo italiano punta a garantire circa 12 mila permessi di soggiorno a lavoratori qualificati nei prossimi tre anni, spendendo una cifra in sé molto modesta – circa 100 milioni di euro – ma nell’ambito di uno strumento, il Piano Mattei, su cui Meloni ha investito molto mediaticamente. L’Italia vuole rivendicare una postura diversa da quella della Francia, macchiata da retaggi coloniali dispregiati in tutta l’Africa. Però, commenta Karbai, “né Berlino né Parigi si sono mai sognate di schierarsi così apertamente a sostegno di un dittatore come Saied, nemico delle libertà civili e dei diritti umani, come invece fa l’Italia”.