Pedro Sànchez - foto LaPresse

in spagna

Cosa si aspetta ora Sánchez, dopo che ha messo il cuore e le diffamazioni in mostra

Guido De Franceschi

Da luogo buio dell’Europa, la Spagna,è diventata un esempio di libertà, democrazia, inclusione, ha detto il premier annunciando che non si dimetterà

Ieri mattina Pedro Sánchez ha dichiarato di aver deciso di rimanere a capo del governo. Il premier socialista spagnolo ha chiuso così, con un “remain”, le sue personali cinque giornate, che si erano aperte mercoledì scorso con quell’inusitata lettera ai cittadini con la quale si era preso alcuni giorni per decidere se per lui valesse la pena di rimanere in carica dopo che un giudice aveva aperto un’indagine preliminare a carico di sua moglie Begoña Gómez su “imbeccata” dello screditassimo pseudosindacato Manos Limpias, che aveva inoltrato alla magistratura presunte notizie apparse su alcuni giornali online.

La lettera di Sánchez aveva tenuto con il fiato sospeso per cinque giorni i suoi annichiliti compagni di partito, gli alleati e gli oppositori. Intanto a Madrid, una città in cui la densità per chilometro quadrato di columnist e opinionisti tv e pari a quella degli abitanti di Hong Kong, si accumulavano commenti sui perché e i percome della vicenda.

Con il senno di poi sembra di capire che mercoledì – stremato dopo l’ennesimo attacco da parte di un conglomerato mediatico informale che su alcuni media digitali, sui social, nelle radio opera un martellamento di propaganda paratrumpiana infarcita di verità alternative (una propaganda che non ha mai risparmiato neppure la parte moderata del Partito popolare: i sovranisti populisti di Vox non sono nati sotto un fungo) – Sánchez abbia avuto un accesso di rabbia. Ma il colpo di testa da “uomo profondamente innamorato di sua moglie”, che voleva proteggere la sua famiglia dagli schizzi di fango, è stata mitigata dall’inconscio del politico navigato che gli ha suggerito la “trovata” della lettera. Nel suo breve discorso di ieri Sánchez ha ribadito che la scelta di fermarsi un attimo a pensare è nata da un problema personale. E ha spiegato che ha voluto fermarsi a pensare se sia giusto che una donna che lavora debba rischiare di essere messa ingiustamente sotto scacco a causa del ruolo del marito e se i suoi sentimenti debbano essere silenziati per un bene superiore.

Come se fosse uno dei protagonisti della divertentissima serie tv spagnola “Machos Alfa” (su Netflix), Sánchez ha interpretato il ruolo dell’uomo disposto a lasciare il suo posto pur di non essere costretto a reiterare un modello di mascolinità tossica portando nella sfera familiare i veleni provenienti da una sfera lavorativa in cui l’unico diktat è quello di andare sempre avanti, per non mostrarsi deboli.


Il premier nel suo breve discorso di ieri ha detto di essere consapevole di aver mostrato un sentimento che in ambito politico non è considerato ammissibile. E se n’è fatto vanto (ma sul País la politologa Máriam Martínez-Bascuñán ha subito chiosato: “Far ricorso all’emotività e uscirne indenni è un privilegio maschile”). Sánchez ha spiegato di aver deciso di rimanere in carica perché persuaso che ora tutti possano essere più consapevoli di quali debbano essere le differenze tra la libertà di parola e la diffamazione che ferisce non solo dei simboli ma anche degli esseri umani e colpisce le famiglie, che sono la base della società spagnola.

Sánchez ha dato a intendere di essere persuaso che le cose non saranno più come prima della sua lettera. Ha parlato della Spagna come di un modello per il futuro, ma si capiva benissimo che era lui a sentirsi un modello per i leader di domani che non vogliono arrendersi all’antica nozione secondo cui la politica è sangue e merda. La Spagna da luogo buio dell’Europa, ha detto Sánchez, è diventata un esempio di libertà, democrazia, inclusione. E ora deve mostrare a tutti come si difendono questi valori da chi porta la lotta politica anche là dove essa non dovrebbe entrare e cioè nei sentimenti.


Resta ora da vedere se, nel breve termine (in occasione delle elezioni catalane del 12 maggio e delle europee) e poi su un orizzonte più ampio, nell’elettorato prevarrà l’impressione che si sia trattato soltanto dell’esibizione narcisista di un premier tragediatore e inadeguato a cui hanno ceduto i nervi e che ha poi costruito tutta una sovrastruttura ideologica per non passare per un frignone oppure se sia stato un atto di coraggio a suo modo storico che potrà essere fondativo di un nuovo archetipo di politico sensibile più adatto allo Zeitgeist, avvenga questo “dall’alto” (il premier che incarna e promuove la necessità di diffondere nuovi modelli di comportamento professionale più sani e più moderni e che è tentato di aderire alla great resignation) o “dal basso” (secondo il più classico populismo contemporaneo sintetizzabile in un “Pedro, uno di noi”). 

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